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11/06/2023 06:00:00

La bella stagione è iniziata: semplifichiamo la complessità 

 La bella stagione è iniziata, i lavori di mesi per i Festival di Letterature per le fiere le rassegne prendono forma e corpo. E’ un lavoro fatto di rapporti umani prima di ogni cosa di riunioni di caffè (forse troppi) e poi la lettura che è la cosa più bella insieme a lavorare in un gruppo per far sì che una idea venga tradotta poi in comunicazione in grafiche nel coinvolgimento della propria comunità e tanto di più.

In questi giorni tra streaming e dal vivo sto assistendo all’avvio della fatica di molti amici, le loro confidenze di questi mesi i dubbi le perplessità e finalmente leggo i programmi ascolto le conferenze stampa, e allora oggi si chiude Una marina di libri a Palermo e conosco Gaetano Savatteri e la competenza e la passione che infonde in questa che è una realtà che travalica i confini dell’isola.

Ero a Casa delle Letterature a Roma per il lancio della XXII edizione di Letterature_festival internazionale di Roma e nel Chiostro tra gli aranci ti perdi nelle pagine della cartella stampa piene di suggestioni autori autrici e tanto di più, e con la formula della lettura di un inedito (idea fortunatissima che connotò l’esordio di Letterature fin dalla prima edizione) scritto ad hoc per il Festival e nel contesto unico dello Stadio del Palatino si avvera lo stupore che un luogo denso di storia come questo può restituire.

Stupore è il tema della VI edizione del Festival della Treccani a Roma: ieri l’altro e ieri ho preso posto nelle ultime sedie con il desiderio di ascoltare, di essere pubblico e apprendere: la piazza è il cortile di Palazzo Braschi, un palazzo del ‘600 incastonato tra Corso Vittorio Emanuele e quel gioco bizzarro che è Piazza Navona. Entro dal portone principale e fuori asse dal portone opposto come teoria visiva c’è lo Stupore ovvero la Fontana dei quattro Fiumi di Gianlorenzo Bernini. E poi Geppi Patota che rende omaggio al suo Maestro il Professor Luca Serianni e non prendo appunti - rischierei di perdere una parola una pausa un passaggio tra lui giovane studente un ricordo di De Mauro e Serianni. Voliamo a fine pomeriggio con Valerio Magrelli dove con la sua poesia ci lascia increduli tutti e gli applausi sono a scena aperta.

Attorno un pubblico di turisti che transitano per il cortile, chi si siede per terra chi si interroga su cosa facciano tante tantissime persone in silenzio e attente ad ascoltare, con la coda dell’occhio osservo questi movimenti curiosi.

Accennava Massimo Bray_direttore dell’Istituto della Enciclopedia Italiana_ con il suo saluto, queste cose strane che sono i Festival negli anni cresciuti anche a supporto del mondo dell’editoria, sono opportunità enormi da vivere in luoghi dove spesso la bellezza la fa da padrona. Le rassegne hanno la capacità, a volte, di far vivere il mondo del libro oltre la fissità della forma fisica, e abbiamo tutti noi che partecipiamo la possibilità di crescere e vivere questi spazi in una dimensione sospesa che l’autore ci dona in quell’attimo. Bray sostiene che spesso questi contenitori hanno fortuna nei piccoli centri, ed è una verità (vedi i grandi Festival di fotografia per fare un esempio), ma la differenza io credo la facciano non solo i contenuti ma come tu riesca a intercettare tramite un tema, una suggestione e porgerla e prestando attenzione massima a come tu organizzazione ti poni nei contesti dove lavori e offri tutto ciò.

Scrivi per mesi, investi e poi semini un qualcosa che magari prenderà forma poi, perché non esiste una formula standard non esiste un format: un Festival è più o meno qualcosa di sartoriale, una idea può essere felice a Ragusa e non essere colta a Sarzana, ed è la forza vera.

Un filo rosso che percorre molti di questi progetti di comunità - mi piace definirli così - è la presenza della RAI; sia essa Rai Cultura, Rai per il Sociale, Radio Rai 3, e con la presenza della più grande azienda culturale italiana si riesce a dar voce a quanto spesso con fatica si fa sui territori. Il riconoscimento di un attore istituzionale come questo, non solo qualifica e riconosce un lavoro fatto e con le sue azioni siano dirette radio e/o tv che includono nei palinsesti ( con la possibilità di recuperare il tutto sui diversi canali tematici), amplifica e abbatte ogni distanza sogno vero di chi progetta per mesi arrivando ad un pubblico sempre più vasto.

Partecipiamo a queste feste della cultura, dove la socialità assume la forma dell’ascolto dell’incontro del confronto e ne usciremo tutti ricchi dentro: siamo noi terreno da coltivare non dimentichiamolo mai e le parole e i libri ci supportano in questa crescita costante.

Noi che ci lavoriamo in questo ambito abbiamo un obbligo vero, semplificare laddove è possibile la complessità del contemporaneo, diversamente non avremo compreso appieno il nostro ruolo.

giuseppe prode



La Rubrica di Giuseppe Prode | 2024-07-14 06:00:00
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