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05/06/2023 22:00:00

Trapani-Ragusa, 300 chilometri in 13 ore e mezza con il treno più lento che c’è

 Nell’attesa del treno più lento d’Italia, il baretto sul piazzale della stazione di Trapani (fasciata da eterni ponteggi) promette pasti veloci: sarà l’unica cosa celere che ci toccherà in sorte nelle prossime 13 ore e mezza. Il viaggio da un estremo all’altro della Sicilia, fino a Ragusa e Modica, riserverà un carico di contraddizioni, alcuni luoghi comuni da sfatare, quattro cambi, attese di ore, almeno 50 passaggi a livello e 48 stazioni, per lo più deserte.

DIECI ANNI E I LAVORI DEVONO ANCORA INIZIARE – “Benvenuti nel Terzo Mondo e mezzo”, dice Pietro Rizzo e si fa una risata. Pietro, impiegato del Cnr a Mazara del Vallo, meriterebbe una medaglia. Da 39 anni, all’alba, sale sul Regionale 21858 e si arma di una dose di fatalismo formato gigante. Sono le 6.50, siamo appena partiti e impiegheremo 4 ore per arrivare a Palermo: la prima tappa. Fino al 2013 di ore ne bastavano la metà. “Poi un giorno di febbraio la linea franò. Dissero: ‘Calma, solo qualche mese’. Sono passati dieci anni e i lavori devono ancora iniziare”, ricorda Pietro. Da allora il treno arranca sulla vecchia linea borbonica, prendendola larga, anzi larghissima: 18 fermate fino a Piraineto, non luogo “costruito in trincea”, sorta di Fort Apache ferroviario. Paceco, Marausa, Mozia-Birgi dove il convoglio si ferma a 4 minuti di auto dall’aeroporto di Trapani senza che sia mai stato possibile collegarli: sullo sfondo le Egadi si stagliano in un azzurro limpidissimo, poi Marsala la città dei Mille, Mazara e via verso Castelvetrano, il feudo mafioso dei Messina Denaro, distese di vigneti e ulivi. Ci fu un tempo in cui il convoglio si affollava di contadini, oggi in metà delle stazioni non sale e non scende nessuno.

CARTOLINE DAL PASSATO – Eppure, da un mese a questa parte le cose vanno anche meglio: le 668, littorine con quarant’anni di onorato servizio alle spalle ed effluvi di nafta sparsi a profusione, hanno lasciato (quasi del tutto) il posto ai più recenti Minuetto. “Miracolo! Sono arrivati “nuovi” treni” titolava il giornale on line Tp24. Che poi “nuovi” si fa per dire. Racimolati in giro per l’Italia ed entrati in attività nel 2004. “Usato sicuro” ironizza Pietro, eppure grasso che cola per Francesca e Luana, portavoce di un gruppetto di pendolari felici di approdare a Mazara del Vallo quasi in orario: “Le corse continuano a saltare, ma i treni sono più silenziosi e i ritardi si sono ridotti. Abbiamo pure le prese per l’elettricità”. Qui il treno si svuota e saluta anche Pietro. A quella dopo scendono in quattro, salgono in due: Nisar, pakistano, 43 anni, manovale sbarcato a Lampedusa e Melodie, ventenne di Amsterdam che di cognome fa Kaagman, è stata a trovare un’amica, ha l’espressione di chi va all’avventura. Potenza dell’Erasmus.

RITMO SLOW – “Non chiedetemi perché, ma il ritardo non c’è più”, irrompe Giuseppe, in servizio da sei mesi ma già abbastanza scafato da instradare la pattuglia di reduci verso il salto al volo sul 21716. Un altro minuto e addio alla coincidenza. Da Piraineto si viaggia lungo la costa su un efficiente Jazz (il nomignolo affibbiatogli da Trenitalia): potrebbe andare a 150 all’ora, ma qui è una specie di metropolitana. Fa 30 chilometri in un’ora, con 12 stazioni che cominciano tutte per Palermo: una ogni 3 minuti. La cosa scatena il dibattito tra Maurizio Colossale, pensionato di Partinico, e Paola Tararan, trevigiana che gira l’Isola in bici. “Nella mia vita ho sentito troppe chiacchiere. A Salvini dico: ma quale Ponte, voglio più treni!”, tuona il siciliano, rintuzzato dalla veneta: “Non aspettate che facciano gli altri”. Brevi cenni sulla questione meridionale.

FLOTTA MODERNA, TARIFFE AUMENTATE – A Palermo Centrale ci aspetta un altro mondo: c’è persino un Blues a trazione ibrida nuovo di pacca, peccato che su metà delle linee siciliane si viaggi ancora a diesel e che su 1.490 km di rete solo 223 siano a doppio binario. “Fino al 2021 la flotta regionale aveva un’età media di 20 anni, oggi è tra le più moderne d’Italia”, ci dirà Giovanni Russo dell’Associazione ferrovie siciliane a cui ci rivolgeremo per svelare l’arcano dei treni purosangue costretti alle stanghe di percorsi novecenteschi. “Mancano però corse e collegamenti tra città, mentre le tariffe sono aumentate del 30% in quattro anni. Paghiamo mezzo secolo di ritardo”. Anche per questo a Palermo ci tocca attendere un’eternità, in tempo per mischiarci a frotte di turisti, vagare per la Vucciria e fare ritorno in stazione. Si riparte. Sulla tratta più lenta d’Italia ora ci fanno compagnia la famiglia Kapoor, indiani di Londra in gita con tanto di orgogliosa t-shirt collettiva “Family holiday 2023” e Vincenzo che ha 21 anni e torna a casa dalla lezione al Conservatorio.

NON BISOGNA AVERE FRETTA – Il treno si inerpica verso Caltanissetta Xirbi, snodo cruciale e desolato. Campi di grano e plotoni di pale eoliche. “A volte si ferma mezz’ora nel nulla, sempre nello stesso posto”, avverte Vincenzo. “Ma siamo fortunati, lo abbiamo appena superato”.
A Xirbi si arriva alle 15 con il sole ancora alto. Da una parte chi come noi è diretto ad Agrigento o Ragusa (ma non prima di un altro cambio), dall’altra chi prosegue con autobus sostitutivi verso Catania. Si lavora all’ammodernamento della linea, primi gemiti di un piano miliardario che richiederà ancora anni. “Intanto, quei bus viaggiano vuoti: impiegano 4 ore e il biglietto costa 33 euro, dieci in più della compagnia privata concorrente”, ci dirà Giosuè Malaponti del Comitato pendolari siciliani.
Con una beffa dietro l’angolo: “La nuova rete non contempla l’alta velocità, nascerà già vecchia”.

«CHI VA PIANO VA SANO E VA LONTANO» – Previsioni che si scontrano con l’allegria di Luigi Alongi, il capotreno tornato in Sicilia dopo vent’anni al Nord. Smista i viaggiatori con solerzia e regala pillole di saggezza: “Da Trapani a Ragusa? Chi va piano va sano e va lontano”. “Perché?”, è la domanda ricorrente che nessuno si sognerebbe di porre a chi andasse da Como a Brescia o da Reggio Emilia a Forlì. Dubbio che ci cattura in attesa dell’ultima frazione del viaggio, ma che non sfiora Antoine e Ludovic, trentenni che in treno arrivano da Lione “per scelta e sensibilità ambientale”, dicono. Contenti di queste ore di insostenibile lentezza e del proprio grand tour.

LE FOTO DEI GIAPPONESI – “Dovreste vedere giapponesi e cinesi, fotografano tutto, non credono ai loro occhi. Tipo treno del Far West”, conferma Salvatore Giambra, ex carabiniere nella stagione dura della mafia: ha 67 anni e una nostalgia dentro che lo riporta a Palermo ogni settimana. Da Caltanissetta si riparte in 18 e con 122 posti a sedere spazio ne abbiamo. Scorrono la Canicattì dei mandorli e dell’uva, Licata col suo porto decaduto, Gela caposaldo dell’obbrobio edilizio. A Vittoria, serre di primizie in processione, salgono braccianti nordafricani e sfranti: da qui dista pochi chilometri la casa sul mare meta dei fan di Montalbano. Poi, il treno come un maratoneta in debito d’ossigeno entra a Ragusa in tempo per la cena. Sono passati 13 ore e 10 minuti, ne serviranno altri venti per Modica. Attilio Bolzoni, inviato da Repubblica, nel 2007 compì lo stesso viaggio in 10 ore e 44 minuti.
“Avremmo potuto raggiungere prima Mosca o Dakar e anche Dubai”, scrisse.

Di Massimo Arcidiacono OGGI.IT