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22/05/2023 06:00:00

Il fango, la pioggia, il dolore

 Il fango, la pioggia, il dolore. Sotto un cielo che sembra un sudario. A coprire la salma di questo nostro Paese straziato.

Il primo passo da compiere sarebbe non chiamarla più: EMERGENZA. Per mettere le cose nel giusto piano: stiamo attraversando la più grande sfida della storia, per l’uomo. Non puoi chiamare emergenza qualcosa che ormai è endemico nel nostro Paese. Ieri la Romagna, ieri l’altro le Marche, la Calabria, la Sicilia. Le scene che vediamo in queste ore - le strade sommerse, i ponti che crollano, le persone sui tetti, i corpi che annegano nei campi - le abbiamo già viste. Le rivedremo. Viviamo in un Paese che, per colpa nostra, è fragilissimo.

E bisogna avere chiaro che ad uccidere non è il maltempo. Ad uccidere è il cemento. Quello che la politica ha voluto tutti i costi, che uccide la bellezza, e rende i terreni impermeabili. Ed è la voglia di cemento che in questi anni, oltre a devastare il paesaggio, ha impedito l’approvazione di leggi contro il consumo del suolo. Quello che si poteva fare non si è fatto. Non si fa.

Nello Musumeci adesso, da Ministro della Protezione Civile, fa il grande saggio, e rilascia interviste e conferenze stampa con lo stesso corredo di frasi ad hoc dei suoi predecessori e degli altri che verranno dopo di lui: “Si costruisce per consenso politico, è uno scandalo”, oppure “politica di consumo del suolo cinica e perversa”, e ancora “difendere i territori fragili”. Ma lui è stato cinque anni presidente della Regione Siciliana, e non me lo ricordo tutto questo impegno a difesa del territorio, anzi: ammiccamenti continui della maggioranza agli abusivi, tentativi di sanatorie, nessuna seria inversione di marcia sul fronte della sostenibilità. 

Siamo di fronte ad una tragedia annunciata. Più scaldiamo l’atmosfera, più sfruttiamo il suolo, più questi eventi estremi sono destinati a ripetersi.

E ad uccidere non è il maltempo. E’ la consapevole ignoranza di tanti, che continuano a fare finta di niente. A pensare sempre al proprio piccolo profitto, a non curarsi di quanto avviene intorno a noi. Ma non lo capiamo che questa è l’apocalisse? Non sto esagerando. E’ la fine del mondo, solo che avviene a rate, a puntate, se preferite, come una serie tv. Ma è esattamente quello che stiamo vivendo, e non c’è bisogno di fare spoiler per anticipare il finale.

Non basta riempire le pagine dei giornali e i talk show in tv con i politici che promettono aiuti, le persone che piangono perché hanno perso tutto, i vip commossi a favore di telecamera.
Ancora una volta, dobbiamo fare tutti piccoli e grandi sacrifici per fermare il surriscaldamento globale. Siamo tutti colpevoli. Ridurre il consumo di carne (più in generale, ridurre i consumi), evitare l’utilizzo dell’auto quando possibile, sono piccoli gesti che hanno un grande impatto. Ad esempio mettere i doppi vetri alle finestre. In Italia abbiamo avuto, sulla carta, una grande opportunità per incoraggiare ad una svolta green, ed era il superbonus. Si è trasformato in una sorta di patrimoniale al contrario, una misura che ha scandalosamente arricchito i grandi proprietari immobiliari, e ha inguaiato gli altri.

Di fronte, purtroppo, abbiamo un governo oscurantista, che punisce i giovani - gli unici consapevoli di ciò che sta accadendo - per le loro proteste, che ostacola la messa in efficienza energetica degli edifici come l’addio al diesel, che ammicca agli abusivi, ai signori delle lottizzazioni. Sappiamo bene dove ci porterà tutto questo: altra pioggia in arrivo, altro fango, altro dolore.

Giacomo Di Girolamo