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16/04/2023 06:00:00

Cosa nostra e il vuoto di potere dopo l'arresto di Matteo Messina Denaro 

  Traffico di stupefacenti, ma anche le estorsioni con l’imposizione di forniture di beni, servizi e manodopera a prezzi maggiorati e poi il gioco e le scommesse online, sono questi i principali interessi di Cosa nostra in Sicilia secondo la relazione semestrale (da gennaio a giugno 2022) della Dia sulla criminalità organizzata presentata dal ministro dell’Interno Piantedosi in parlamento.

Da gennaio a giugno del 2022 sono stati sequestrati bei per oltre 10 milioni di euro che salgono a più di 30 milioni invece confiscati. Sono trentuno le interdittive antimafia per la lotta alle infiltrazioni negli appalti pubblici e negli enti locali. Un affare quello della droga, viene gestito da Cosa nostra in cooperazione con altre organizzazioni criminali, come ad esempio con le Ndrine calabresi, soprattutto, per la cocaina.

Cosa nostra accusa un vuoto di potere dopo l'arresto di Messina Denaro - Il documento degli investigatori della DIA scatta una fotografia di Cosa nostra nell’Isola che registra un vuoto nell’assetto verticistico, adesso ulteriormente accentuato con l’arresto di Messina Denaro. Si registra, infatti, un graduale ricambio generazionale a capo di mandamenti e famiglie nelle province di Palermo e Trapani, dovuto all’assenza di un leader riconosciuto. Nell’agrigentino c’è la convivenza tra Cosa nostra e Stidda anche se con alcune frizioni, salda invece nel nisseno. E poi la mafia ad assetto variabile del catanese dove gli equilibri criminali influiscono sulle vicine province di Ragusa e Siracusa io la mafia rurale io la forse ascesa nell’ennese della mafia rurale a caccia di contributi europei per le imprese agricole.

Messina Denaro negli affari della Riviera Ligure - In Sicilia Cosa nostra continua ad essere operativa in tutto il territorio dell’isola ma anche con proiezioni in altre regioni italiane e con rinnovati rapporti con famiglie ormai radicate da tempo all’estero, anche oltreoceano. E c’è la mano del boss Matteo Messina Denaro negli affari di Cosa nostra nella riviera Ligure. Le indagini degli investigatori della DIA confermano la presenza di alcuni soggetti in Liguria, vicini alla famiglia mafiosa dell’ex latitante di Castelvetrano, oltre che l’operatività di affiliati alla famiglia Galatolo Acquasanta di Palermo e del clan gelese degli Emmanuello.

Nuovi esponenti e vecchi uomini d'onore per Cosa nostra Palermitana e Trapanese - Per cosa nostra palermitana e Trapanese, la prolungata assenza al vertice di una leadership solida e riconosciuta, nel rendere meno stringenti regole e vincoli gerarchici, starebbe favorendo l’affermazione a capo di mandamenti e famiglie di nuovi esponenti che vantano un’origine familiare mafiosa. Si assiste, nel contempo, al ritorno in libertà di anziani uomini d’onore che cercherebbero di riaccreditarsi all’interno dei sodalizi di riferimento.

L'arresto di Messina Denaro - Cosa nostra trapanese conferma la sua spiccata vocazione economico-imprenditoriale. E la relazione nonostante si riferisca al primo semestre dello scorso anno stata aggiornata per quel che riguarda l’arresto di Matteo Messina Denaro, il 16 gennaio. “Il boss - si legge nella relazione – ha rappresentato per oltre un trentennio la figura di vertice della mafia in provincia di Trapani e non solo. Il boss, latitante dal 1993, è stato individuato nei pressi di una clinica privata del capoluogo siciliano ove, sotto falso nome, si era recato per sottoporsi a terapie oncologiche accompagnato da un fiancheggiatore campobellese soprannominato “u mustusu”, tratto anch’egli in arresto per favoreggiamento.

Messina Denaro e le sue decisioni per gli equilibri di Cosa nostra, non solo trapanese -  e Nonostante la latitanza, avrebbe rappresentato la figura di riferimento per tutte le problematiche più rilevanti dell’organizzazione e per la risoluzione delle controversie in seno alla consorteria (come documentato dagli esiti dell’indagine “Anno zero” dell’aprile 2018, che ha messo in luce in seno al mandamento di Castelvetrano la contrapposizione tra le famiglie di Campobello di Mazara e di Castelvetrano per la spartizione di proventi illeciti) e la nomina dei vertici delle articolazioni mafiose, anche non trapanesi. Stessa cosa confermano gli esiti dell’operazione “Xydy”. Per quanto incentrata sulle dinamiche criminali della provincia di Agrigento l’indagine, conclusa il 2 febbraio 2021, ha coinvolto anche Matteo Messina Denaro il quale, mediante “…un’attuale e segretissima rete di comunicazione…”, avrebbe condiviso alcune strategie con i capi delle famiglie agrigentine, che “…riconoscono unanimemente in Messina Denaro l’unico a cui spetta l’ultima parola in quel contesto territoriale sull’investitura ovvero la revoca di cariche di vertice all’interno dell’associazione”. Il boss castelvetranese, anche al di fuori del contesto trapanese, sembrerebbe essere stato “… in grado di assumere decisioni delicatissime per gli equilibri di potere in Cosa nostra, nonostante la sua eccezionale capacità di eclissamento e invisibilità”.

Le indagini e gli arresti ai fiancheggiatori hanno indebolito la rete di protezione di Messina Denaro - Le diverse indagini  degli ultimi anni, avviate a carico dei molteplici fiancheggiatori del boss, hanno contribuito ad indebolire la fitta rete di protezione, rendendone la latitanza sempre più difficoltosa. Anche nello scorso semestre sono state eseguite dalla Polizia di Stato, in gran parte della Sicilia occidentale, numerose perquisizioni volte a rinvenire, nei luoghi di pertinenza di alcuni soggetti ritenuti fiancheggiatori del boss, “…documentazione a qualsiasi titolo riconducibile al favoreggiamento della latitanza di Matteo Messina Denaro; denaro di incerta provenienza direttamente riferibile ai soggetti coinvolti nelle investigazioni; armi o munizioni; computer o apparecchiature informatiche e/o digitali in grado di conservare dati ed informazioni d’interesse investigativo relativo alla possibile localizzazione del citato latitante; oggetti e beni di qualsivoglia natura utilizzabili per il prosieguo delle indagini preliminari…”

Criminalità e logge massoniche nel Trapanese - Il contesto criminale della provincia di Trapani è caratterizzato da una significativa presenza di “logge massoniche” segrete o deviate che talvolta infiltrano il locale tessuto economico-sociale con interferenze negli apparati degli Enti locali e nella gestione degli appalti pubblici. Cosa nostra trapanese continua a mantenere l’accertata articolazione su 4 mandamenti e, pur evitando eclatanti episodi di violenza, persegue i propri interessi illeciti garantendosi un forte legame anche con le consorterie statunitensi. Acclarato è il carattere “silente e mercantistico” di Cosa nostra in questa provincia.

Nel trapanese giochi e scommesse online per riciclare denaro - È da ritenersi, inoltre, che cosa nostra trapanese continui a mantenere alto l’interesse nel settore del gaming, straordinario strumento per il riciclaggio dei capitali illeciti. Nel semestre in esame non si registrano in questo ambito operazioni di polizia giudiziaria ma sul versante processuale sono intervenute importanti condanne con riferimento alle operazioni “Anno Zero” e “Mafiabet”. Che la raccolta abusiva di scommesse sia riconducibile anche a cosa nostra trapanese, è comprovato anche dagli esiti dell’operazione “Game Over II” conclusa dalla Polizia di Stato nel precedente semestre.

Nel trapanese gruppi criminali di matrice etnica - Infine, sebbene non si evidenzino relazioni tra Cosa nostra trapanese e la criminalità organizzata straniera, si conferma la presenza nella provincia di Trapani di sodalizi di matrice etnica prevalentemente dediti al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, al contrabbando di sigarette e allo spaccio “in strada” di sostanze stupefacenti

Cosa nostra trapanese rimane suddivisa negli storici quattro mandamenti - I mandamenti di Trapani, Alcamo, Mazara del Vallo e Castelvetrano che, a loro volta, risulterebbero suddivisi in 17 famiglie. Ai vertici dei mandamenti di Trapani e Alcamo risulterebbero avvicendarsi, con ordine quasi “dinastico”, esponenti appartenenti alle storiche famiglie, come quello di Castelvetrano riconducibile a Matteo Messina Denaro e ai propri familiari. La questione della reggenza del mandamento di Mazara del Vallo starebbe attraversando, invece, una fase di transizione a causa della morte dell’esponente di vertice del sodalizio, avvenuta nel luglio 2017 per cause naturali, sebbene non si ravvisino, allo stato, conflittualità interne. Trapani (con le quattro famiglie di Trapani, Custonaci, Paceco e Valderice), Alcamo (con le tre famiglie di Alcamo, Calatafimi e Castellammare del Golfo), Mazara del Vallo (con le quattro famiglie di Mazara del Vallo, Marsala, Salemi e Vita) e Castelvetrano (con le sei famiglie di Castelvetrano, Campobello di Mazara, Gibellina, Partanna, Salaparuta/Poggioreale e Santa Ninfa).

 



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