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05/04/2023 06:00:00

Che noia all'Ars... deputati strapagati per non lavorare 

 Dicono che il giovane presidente dell’assemblea, Gaetano Galvagno, trentotto anni, abbia chiesto conferma ai più anziani, ai deputati dalle mille legislature. Magari funziona così, pensava, è come il break di primavera. E invece no, anche loro erano meravigliati. Quello che sta succedendo in queste settimane all’Ars, l’Assemblea Regionale Siciliana, il parlamento più antico e più costoso del mondo, è qualcosa di inedito. Detto in parole povere: non si fa nulla. O quasi. Non ci sono leggi da discutere né da approvare. Gli assessori non si vedono neanche per le interrogazioni. Uno stallo imbarazzante, che dura da mesi, e che ha portato qualche giorno fa lo stesso presidente a fare un appello ai parlamentari, ai gruppi, al governo regionale guidato da Renato Schifani: presentate proposte di legge, fateci lavorare.

Da inizio legislatura, questa è l’assemblea che ha il record negativo di lavoro: in centotrentuno giorni ci sono state ventinove sedute. Una ogni quattro giorni e mezzo. Ma molte sono durate solo il tempo dell’appello. Un colpo di campanello, mezz’oretta di lavori, e tanti saluti.

Due settimane fa, finalmente l’Ars è stata convocata, dopo un mese e mezzo di stop per mancanza di argomenti da discutere, ma è stato solo per l’ennesima nomina di sottogoverno. C’era da assegnare la poltrona di “segretario del consiglio di presidenza”. Cosa faccia non è chiaro. Ma intanto chi ha questa delicata funzione guadagna millecinquecento in più al mese rispetto agli altri parlamentari. Che a loro volta hanno, in maggioranza, comunque, altri incarichi. Su settanta deputati all’Ars, ben cinquantasette hanno infatti un doppio ruolo.

È stato eletto, per la cronaca, un deputato dell’opposizione, Davide Pasta, come già concordato mesi fa in sede di spartizione di incarichi e poltrone all’interno dell’Ars appena insediata. Il voto è stato veloce. Dopodiché i deputati si sono guardati negli occhi, il presidente dell’aula ha preso atto che non c’era molto altro da fare e ha salutato tutti, alla prossima. Che è stata anche quella un buco nell’acqua. Il disegno di legge da discutere questa volta c’era: il riordino della farmacie rurali. Non certo una riforma epocale, in una Regione che arranca dietro le scadenze del Pnrr, ma meglio di nulla. Solo che il governo in aula non c’era. E il disegno di legge è stato incardinato, e poi, non potendo andare avanti, ancora una volta il presidente ha mandato tutti a casa. «Mi vergogno del mio stipendio», ha detto qualche deputato, a fine seduta.

L’Ars, tra l’altro, viene da un periodo di grandi polemiche: i deputati a inizio anno, approvando la legge di bilancio – l’ultimo vero atto prima del grande nulla – hanno anche deciso di adeguarsi lo stipendio all’inflazione. Un ritocchino da ottocentonovanta euro al mese, che porta la loro indennità mensile a 10.700 euro (indennità base, alla quale si aggiungono poi tutti gli extra per la diaria e le funzioni aggiuntive…). In Sicilia l’inflazione su base annua galoppa verso il 9,9 per cento. Mangia stipendi, salari e pensioni di tutti. Tranne dei deputati regionali. E degli ex, dato che l’adeguamento ha riguardato anche i vitalizi (da quattromilacento euro al mese a quattromilaseicento, vita natural durante).

È stato un bel teatrino, tra maggioranza e opposizione, per addebitarsi la responsabilità di questo aumento, definito “inevitabile”. La norma è stata inserita nel bilancio interno dell’Ars, approvata in fretta, salvo poi assistere ai tentativi di smarcamento. Si è scoperto che rinunciare era impossibile, addirittura. Ci voleva un altro emendamento alla finanziaria, che, di notte, è stato bocciato dal voto segreto. Poi, alla fine, si è deciso che, per tornare indietro e riacquistare un po’ di dignità si sarebbe provveduto con un disegno di legge più in là, quando le acque si fossero calmate. Sono stati presentati ben tre disegni di legge, e il presidente dell’Ars ha annunciato l’istituzione di una commissione – addirittura – per fare una sintesi dei tre testi. Ma non c’è traccia neanche di quella. Allora, un altro annuncio. «L’adeguamento automatico», dice il presidente Galvagno, «verrà cancellato con un emendamento alle prossime variazioni di bilancio».

Nella noia, qualcuno ha trovato un diversivo. È l’ex Iena Ismaele La Vardera, che oggi è deputato e ha avuto l’idea: far sottoporre all’esame tricologico i suoi colleghi per scoprire se assumono droga. Meno male che c’è lui, viene da dire. Un vero e proprio colpo di fantasia, la sua richiesta ai colleghi di sottoporsi, spontaneamente, al test tossicologico del capello. In altri tempi sarebbe scoppiato un putiferio, per la provocazione. Nella noia, invece, l’idea dell’ex Iena è stata accolta quasi con entusiasmo. Finalmente qualcosa da fare, si saranno detti. E in tanti si sono presentati, magari per avere la scusa di passare da Palazzo dei Normanni a rivedere amici e colleghi.

Non è detto, infatti, che l’Ars torni operativa presto. Oltre l’imbarazzo, non si vede molta fretta di mettersi seriamente al lavoro. Incombe la Pasqua di riti e processioni, in Sicilia, e guai a chi la tocca. Ma soprattutto incombono le elezioni amministrative, che in Sicilia interesseranno, a fine Maggio, centoventotto Comuni, tra cui Catania, Ragusa, Siracusa e Trapani. Nelle trattative per le candidature i partiti non stanno dando esattamente il meglio. Veti incrociati, guerre intestine, e il solito parapiglia, con delle anomalie. A Trapani, ad esempio, è candidato l’uscente sindaco dem Giacomo Tranchida, ma sarà sostenuto da mezzo Pd, e dalla Lega. Nella vicina San Vito Lo Capo, capitale del turismo in Sicilia occidentale, Pd e Fratelli d’Italia sostengono lo stesso candidato. E insomma, Comune che vai, schieramento variabile che trovi. In una ridda di riunioni, appuntamenti, caffè, tavolini, stanzette, maratone notturne che scandiscono i ritmi delle trattative della politica siciliana. Ecco perché poi non trovano il tempo di lavorare i poveri onorevoli, stanchi come sono.