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03/04/2023 06:00:00

   Il Pd di Trapani sta facendo di tutto per autodistruggersi prima delle elezioni

C’è sempre una corrente e tanti mal di pancia dentro il Partito Democratico della provincia di Trapani, le filosofie di pensiero si sprecano, ognuno tira la sua copertina, vuole lo strapuntino per sentirsi un pò più al sicuro.

E ognuno fa il proprio gioco. Sì, è un gioco, perché la strategia non c’è se non quella di autodistruggersi con timer al 29 maggio.
E questo accade proprio quando tra i dem trapanesi dovrebbe soffiare il vento della pace e invece, puntualmente, come sempre, c’è sempre chi non getta acqua ma benzina, alimentando un dibattito che non appassiona nessuno, ma che mira a un braccio di ferro inutile come una penna senza inchiostro.

A soffiare su quel fuoco sempre le stesse persone, sempre la stessa non lungimirante politica che assume posizioni personali.

Il caso Trapani non esiste, e non perché lo dica Mimmo Turano ma perché, più banalmente e senza scomodare alcuna filosofia del pensiero, sarebbe già dovuto esistere da cinque anni a questa parte, quando però tutti a turno facevo la fila per avere una nomina, una postazione con cui esercitare un ruolo, dunque fare politica. Si sono svegliati ora, manco fossero Biancaneve.

Sabato pomeriggio si è tenuta a Palermo la segreteria regionale dei dem, il candidato sindaco Francesco Brillante ha rivendicato il simbolo di partito, la necessità di far correre una lista con la bandiera dem e possibilmente affiancarla a quella del Movimento Cinque Stelle: "Ho voluto avanzare questa richiesta perché gli elettori dell’area progressista ci chiedono di parlare un linguaggio chiaro sui grandi temi che occorre affrontare a livello nazionale, ma anche e forse soprattutto a livello locale, laddove i sindaci si confrontano ogni giorno con le emergenze e i bisogni della gente.Ho avanzato la richiesta del simbolo PD anche per restituire una “casa” a tutti quegli elettori che nel 2018 hanno visto il partito, su richiesta dell’attuale sindaco, cedere la propria sovranità per un obiettivo ritenuto più importante di fronte alle necessità di assicurare la stabilità ad una Città, Trapani, che era umiliata dal malaffare”.

Poi l’affondo sull’operato di Tranchida in tutti questi anni, sono gli stessi anni in cui Brillante si è seduto in CDA di ATM su nomina proprio fiduciaria di Tranchida: "In questi anni, però, abbiamo assistito ad uno svuotamento valoriale di un’amministrazione che, formalmente, si dice di sinistra ma che tale non è stata, per esempio, sul fronte dei diritti civili, quando potendo fare anche solo un gesto simbolico, Tranchida ha negato la modifica anagrafica ad una famiglia omogenitoriale ed ha poi permesso alle cosiddette associazioni pro life, attraverso la pagina istituzionale del Comune, di emettere un giudizio grave nei confronti delle donne che decidono di abortire e quando per difendersi ha parlato di eccesso di aborti, offendendo da Sindaco tutte le donne, pur sapendo che l’unico eccesso in Sicilia è quello di obiettori di coscienza”.

Infine la richiesta che nobilita la candidatura: "Richiedere il simbolo ci legittima, con ancora più forza, a contestare e contrastare la via intrapresa da Tranchida della privatizzazione di fatto dell’acqua pubblica e delle autorizzazioni a costruire su aree destinate a verde pubblico”.

Le anomalie non riguardano solo Trapani ma la vicina Paceco dove il Pd si spacca: una parte resta ancorata alla candidatura di Aldo Grammatico, altri dem sono in appoggio, invece, alla candidatura di Salvatore Bongiorno.

Al di là dei nomi dei candidati a sindaco e al consiglio comunale, al di là delle prese di posizioni ci dovrebbe essere la linea politica, quella non subita ma condivisa, quella che mette tutti attorno ad un tavolo non per fare rumore o per una prova di forza, impari, ma per capire quale strada insieme percorrere.
Questa logica operazione di buon senso si è deciso di abbandonarla, gli appelli all’unità e all’azzeramento delle correnti( che già così suona come un pesce d’aprile) sono durati il tempo di un nano secondo.

Quello che la classe dirigente dovrebbe comprendere è che alla gente non gliene frega nulla di lotte interne ed intestine, non apprezza il modus operandi di un partito che è sempre pronto a litigare con una parte dello stesso piuttosto che con altri esponenti ancora, magari pure della stessa area. La politica è fatta di scelte, quando non si condividono se ne prende le distanze, non dal partito, ma da chi le sta portando avanti.
Invece dentro al Pd è un soffio continuo sul fuoco della discordia, della zizzania, della incapacità ad essere componente fluida di percorsi.
E questa guerra, di cui negano l’esistenza pretendendo di prendere per fessi tutti, andrà oltre il 29 maggio.



Native | 2024-07-16 09:00:00
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