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03/04/2023 06:00:00

Pnrr e appalti pubblici, meno sicuri e mano libera alla mafia

 Il via libera del Governo Meloni alla deregulation negli appalti, per fare andare più spediti i cantieri pubblici, con maggiore libertà ai sindaci di affidare i lavori alle imprese, e la possibilità di lasciare progettazione ed esecuzione ad un’unica azienda con l’aumento dei subappalti, in Sicilia, potrà facilmente consegnare le chiavi dei cantieri alla mafia. E’ questa la preoccupazione dei sindacati Cgil e Uil.

L'allarme di CGIL e UIL - E in Sicilia dove non c’è un numero sufficiente di ispettori per i controlli nei cantieri, il provvedimento del governo nazionale, si trasformerà in una pericolosa perdita di diritti e tutela, è questa la denuncia delle due confederazioni sindacali.  «Evidentemente il ministro Salvini non sa o fa finta di non sapere cosa voglia dire lavorare in Sicilia o al Sud - tuona Piero Ceraulo, segretario degli edili palermitani della Cgil -. In Sicilia c’è un tessuto imprenditoriale legato anche alla criminalità organizzata che senza gare e controlli non troverà più alcun ostacolo e finirà per mettere le mani sulle risorse».
Dalle tante inchieste legate a mafia e appalti si può capire il rischio che corre l’Isola. Quando un appalto è nelle mani della criminalità organizzata: viene meno la sicurezza sul lavoro, non vengono rispettati i contratti di lavoro, i materiali utilizzati sono di bassa qualità, e i lavoratori sono obbligati al silenzio e minacciati se si ribellano.

Subappalti a cascata uguale meno garanzie per i lavoratori - « Più si allunga la filiera, meno i lavoratori saranno garantiti», spiega Ceraulo. Ed è lo stesso meccanismo del subappalto a creare ciò. Un’azienda che vince un appalto a 10 euro può attivare un livello di subappalto con un’altra azienda, magari a nove euro. Con il nuovo codice, lo schema si può ripetere all’infinito. Ed è chiaro, spiegano i sindacati, che a pagare il costo degli sconti progressivamente praticati siano gli operai, via via che si allunga la filiera sempre più ricattabili. «Non possono esserci lavoratori di serie A e di serie B: stesso lavoro, stesso contratto, stessa retribuzione. Questo principio cardine oggi viene meno e significa fare tornare indietro il Paese di cinquant’anni», spiegano Cgil e Uil. “Non sono mai stati troppo attenti alla sicurezza – dice un lavoratore del raddoppio ferroviario siciliano - l’anno scorso uno dei nostri è morto perché è volato giù dal tetto di un capannone e non era imbracato. Adesso non voglio immaginare cosa possa succedere, sempre che si riprenda a lavorare. Una guerra fra poveri ma i morti sono reali", dice l'operaio.

Ecco il giudizio dell'ex capo dell'Ispettorato nazionale del lavoro Bruno Giordano - Sulla riforma degli appalti lancia l’allarme Bruno Giordano, magistrato di Cassazione fino a qualche mese fa a capo dell’Ispettorato nazionale del lavoro. Così in un’intervista su Repubblica: “Affidamento senza gara e liberalizzazione dei subappalti significa sdoganare il meccanismo classico che consente di fare fermare i soldi pubblici in poche mani amiche e scaricare verso il basso i costi della sicurezza. Ed è curioso che si parli di corruzione e non di concussione». In più, avverte Giordano «non si applica solo agli appalti, ma a tutti i contratti della pubblica amministrazione”. “Dobbiamo preoccuparci solo delle ricadute sulla discrezionalità degli amministratori nella scelta dell’appaltatore. Fossi in loro mi preoccuperei perché a maggiore discrezionalità corrispondono maggiori responsabilità, che il colpo di spugna sull’abuso di ufficio non cancella. Sono allarmanti le ricadute sulla sicurezza”.

Aumento di corruzione e morti sul lavoro - Per Giordano se il sistema dei contratti pubblici non è chiarissimo e trasparente, è inevitabile che aumentino corruzione, concussione, morti sul lavoro. Questo nuovo codice è stato partorito senza pensare o peggio allentando le norme sulla sicurezza.

Ecco qual è il rischio per la Sicilia -  Giordano dice che: "se mancano gli ispettori, l’unico risultato sarà una giungla amministrativa e un aumento esponenziale degli infortuni, soprattutto nelle piccole e medie imprese, costrette ad accettare qualsiasi condizione di subappalto pur di continuare a lavorare. Non colmando il vuoto in organico c’è una riduzione delle ispezioni, e questo è grave, ma quando il numero è totalmente insufficiente c’è una soppressione e omissione del servizio pubblico, e questo è gravissimo”. "In alcune province da anni non si fa una ispezione. La Sicilia sta diventando una zona franca - conclude Giordano - dove la regola è non essere in regola. A pagarne le spese sono i lavoratori e le lavoratrici che rimangono senza tutele e le imprese regolari che subiscono la concorrenza sleale di quelle irregolari". 

L'impreditore-mafioso con le mani negli appalti del piemontese  -  Un esempio di cosa può accadere con la deregulation sugli appalti del governo Meloni arriva in questi giorni dalla vicenda giudiziaria piemontese che riguarda l’imprenditore Gianfranco Violi, condannato a cinque anni per associazione mafiosa in una inchiesta della DIA, incensurato, alla guida di una rete di aziende è riuscito ad accaparrarsi commesse milionarie da comuni, municipalizzata e città. Per il giudice che lo ha condannato l’ascesa economica di Violi è tentacolare e ingiustificata. Originario di Platì ha rappresentato il collegamento tra il mondo economico e la famiglia mafiosa degli Agresta che da almeno cinquanta anni guida le mafie nella Regione Piemonte. Diverse le aziende con le quali Violi inizia ma la svolta negli appalti avviene nel 2003. L’anno dopo arriva la prima commessa milionaria, con il Consorzio valorizzazione rifiuti di Carignano, e poi altra commessa milionaria con Moncalieri. Ma Violi prosegue con diversi comuni tra i quali Torino, con un appalto di un altro milione e mezzo e 2,9 milioni con Amiat. Una ventina le aziende di Violi che spaziano dagli appalti con Anas, a quelli per il trattamento dei rifiuti. Di Violi così parla il pentito Domenico Agresta, nipote del boss Antonio: “Mio zio, dopo la sua scarcerazione, si è tenuto sempre vicino a Violi, lo ha messo subito sotto di lui Era quello che lavora più di tutti e si poteva guadagnare di più”.



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