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20/03/2023 06:00:00

Mafia: Armando Palmeri aveva paura, oggi doveva testimoniare al processo per le Stragi

 E’ mistero sulla morte di Armando Palmeri. Il 63enne, ex collaboratore di giustizia, originario di Alcamo, trovato morto nella sua villetta di contrada Bosco alla Falconeria, a Partinico, avrebbe dovuto testimoniare oggi al Tribunale di Caltanissetta, al processo per le Stragi del ’92. (Ne abbiamo parlato qui).

Sarà eseguita questa mattina all’istituto di medicina legale del Policlinico di Palermo l’autopsia disposta dalla Procura di Palermo. Palmeri è stato trovato morto dai sanitari del 118 allertati da una telefonata. Nella villetta non sono stato trovati segni d’effrazione né tracce di violenza sul corpo. Le indagini sono condotte dai militari del nucleo investigativo del capoluogo siciliano, coordinati dalla procura guidata da Maurizio De Lucia.

Palmeri aveva paura, voleva testimoniare solo in videoconferenza -  Aveva paura per la sua sicurezza e aveva chiesto, al tribunale Nisseno, tramite il suo legale, Luigi Ferrone, di comparire in videoconferenza. Palmeri era stato convocato dal pm Pasquale Pacifico, titolare dell’ultimo fascicolo ancora aperto su Capaci e via d’Amelio, per oggi 20 marzo. Palmeri aveva chiesto di presenziare videoconferenza. Il motivo? “Ha rappresentato allo scrivente grossi timori per la propria sicurezza a seguito della suddetta comparizione personale, essendo riuscito a mantenere riservata da oltre un ventennio la propria effigie“, scrive il suo difensore, nella nota inviata alla procura lo scorso 3 marzo. Uscito dal programma di protezione nell’aprile del 2021 su proposta della commissione centrale, dopo aver incassato la buonuscita che lo Stato concede ai collaboratori che smettono d’incassare una paga mensile,  voleva continuare a tenere segreto il suo volto. "Specie ora che era tornato a muoversi nei dintorni di Alcamo sua città di origine, dove vivevano molte delle persone citate nei suoi verbali. “La provenienza dalla citta? di Alcamo – ossia del luogo in cui ha storicamente operato – costituisce ulteriore motivo di preoccupazione per il Palmeri“, scrive l’avvocato Ferrone, nella lettera con cui ha chiesto alla procura di Caltanissetta di ascoltare il suo assistito in video conferenza. Il tribunale aveva respinto la richiesta.

Braccio destro del boss Vincenzo Milazzo - Appartenente alla famiglia mafiosa alcamese, Palmeri, è stato per anni il braccio destro del boss Vincenzo Milazzo (qui la sua storia raccontata da tp24) colui che gestiva ad Alcamo una delle più grandi raffineria di droga mai esistite e che guidava la cosca, particolarmente quotata in seno a Cosa nostra, perché i suoi killers erano esperti nell’uso di armi da guerra. Palmeri riguardo alle Stragi del 92, parlò di incontri tra appartenenti ai servizi segreti e il boss Milazzo che furono mediati da uomini politici.

Palmeri e il confronto con l'ex chiururgo e senatore Baldassare Lauria - Oggi Palmeri avrebbe dovuto confrontarsi con l’ex chirurgo Alcamese, Baldassare Lauria, ex senatore di Forza Italia, poi passato all’Udeur di Mastella. Palmeri aveva fatto il suo nome a proposito di almeno tre incontri, ai quali avrebbe partecipato il medico e che si sarebbero tenuti tra Alcamo e Castellammare del Golfo, tra esponenti dei servizi segreti e uomini di Cosa nostra, poco prima delle due stradi Capaci e Via D’Amelio.

Le dichiarazioni su quelle riunioni prima delle Stragi del 92 - Nel 2016, al pm Gabriele Paci, oggi procuratore capo di Trapani, Palmeri fece delle dichiarazioni con le quali entrò nel dettaglio di quelle riunioni: “Il primo incontro tra Milazzo e gli appartenenti ai servizi avvenne prima della strage di Capaci e rammento che fu il Lauria a presentare costoro al Milazzo”. Poi sottolinea: “Ricordo che Milazzo appellò il Lauria come un altro pazzo, quando commentò in mia presenza la proposta che questi aveva fatto di usare fuori della Sicilia armi batteriologiche”. Nel verbale di quell’interrogatorio del 18 novembre 2016, Palmeri indica solo il cognome del trait d’union tra i servizi e Cosa nostra: lo chiama il “dottor Lauria” e lo indica come primario di Chirurgia all’ospedale di Alcamo. Palmeri anche se non era più ufficialmente un collaboratore, di recente aveva rivelato ai magistrati della DDA il nome di uno degli appartenenti ai servizi che incontrarono Milazzo.

Le dichiarazioni di Palmeri ritenute attendibili -  Le dichiarazioni di Palmeri ruotano attorno a quelle zone oscure riguardanti le stragi e tra l’altro, erano state considerate attendibili dai giudici che hanno ascoltato le sue deposizioni. Lo reputava un teste attendibile la corte d’Assise di Caltanissetta, che nell’ottobre del 2020 ha condannato all’ergastolo Matteo Messina Denaro per le stragi di Capaci e di via d’Amelio. Anche i giudici di Reggio Calabria, hanno ritenuto credibili le dichiarazioni di Palmeri, e hanno emesso la stessa condanna per Giuseppe Graviano, accusato di aver fatto assassinare due carabinieri nel 1994, sempre nell’ambito della stessa strategia di attacco allo Stato.

"Vincenzo Milazzo ucciso perché si oppose alle Stragi" - È per essersi opposto a quel progetto che Milazzo venne assassinato. “Venne attirato in un tranello da Antonino Gioé, Leoluca Bagarella, Gioacchino Calabrò – è il racconto di Palmeri – Io queste cose le apprendo da Gioé. Lui mi disse di aver sparato a Milazzo. Perché fu ucciso? Dopo la sua morte sul movente furono dette una moltitudine di corbellerie. Che aveva incassato soldi, che aveva dato noia alla moglie di un uomo d’onore, che aveva parlato male di Riina e Provenzano. Io non posso affermare con certezza il motivo ma noi eravamo consapevoli del rifiuto che aveva dato nell’affiancare la strategia terroristica. Dopo l'omicidio Milazzo, fu uccisa anche la sua fidanzata, Antonella Bonomo, appena ventenne e incinta. Sempre Gioé mi disse: L’abbiamo dovuto fare”. Ha dichiarato Palmeri ai processi a Matteo Messina Denaro per le stragi di Capaci e via d’Amelio celebrati dalla corte d’Assise di Caltanissetta.

Palmeri, le confidenze di Gioè e le stragi - Palmeri era anche in ottimi rapporti con Antonino Gioè, l'uomo che entrò in contatto con Paolo Bellini, il killer di Avanguardia Nazionale e di 'ndrangheta ( e suggeritore del tipo di stragi da compiere) che è stato anche condannato in primo grado come esecutore della strage della stazione di Bologna. Il Boss Antonino Gioè, che aveva rapporti diretti con Riina e che si trovava con Brusca a Capaci, aveva confessato a Palmeri che Brusca aveva in mano un giocattolo. Altri avevano azionato il telecomando. Gioè in un’informativa del 1967 dei carabinieri di Palermo, veniva definito “idoneo alla sicurezza e a disimpegnare particolari incarichi di natura riservata”. Muore suicida in carcere tra 28 e 29 luglio del 1993 poche ore prima di essere sentito a verbale, poche ore dopo gli attentati di Roma e Milano, e dopo due mesi da quella dei Georgofili. Secondo Palmeri sarebbe stato ucciso dai servizi. Prima però aveva confessato a Palmeri di essere stato lui il killer del suo capo, Vincenzo Milazzo, ucciso perché non aveva approvato la strategia delle stragi, e con lui è stata uccisa la compagna, parente di un appartenente ai servizi segreti.

La pista delle Stragi che porta alla provincia di Trapani -  Le dichiarazioni di Palmeri hanno dato agli investigatori una nuova traccia nelle indagini sui mandanti esterni a Cosa nostra delle stragi del 1992 e 1993. Una pista che riguarda la provincia di Trapani. Alla fine degli anni ’90 Palmeri aveva messo a verbale dichiarazioni contro altri politici Alcamesi, accusati di aver avuto legami con Milazzo: l’ex ministra dei Beni Culturali, Enza Bono Parrino (Psdi), e Vito Turano, ex sindaco Dc di Alcamo. Quelle accuse però non hanno avuto un riscontro e un seguito.