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12/03/2023 06:00:00

La Capitale del Libro e le opportunità mancate in provincia di Trapani

Giovedì 9 marzo, con una diretta dal Ministero della Cultura, è stata proclamata la nuova Capitale Italiana del Libro 2023 che sarà Genova: subentrerà a Ivrea.
Va dato atto che all’indomani del COVID il Governo precedente e l’attuale in continuità, ha adottato politiche per tramite del CEPELL (e non solo) a favore del mondo libro biblioteche e azioni correlate atte a sollevare le nostre comunità da dati cronici molto bassi di lettura. In provincia di Trapani (dal 2020) siamo passati da quattro città che ottennero il titolo di Città che Legge, a nove, e questo sicuramente è un successo; parallelamente sono stati attivati Patti per la Lettura, reti intercomunali, e chi aveva i requisiti ha progettato e risposto a bandi ad hoc, emanati dal CEPELL.

Premessa sintetica e doverosa fatta, mi soffermo sempre su numeri drammatici ovvero i dati sulla lettura in Sicilia e l’analfabetismo a numeri di guardia (si, nel 2022 ) e poi ascolto la proclamazione: “Genova Capitale del Libro” e forse c’è qualcosa che non va.
Il Presidente del CEPELL, Marino Sinibaldi accennava all’importanza di creare reti di connessione pubblico privato, Paola Passarelli - direttrice generale della DGDBA - della lettura come leva fondamentale per la crescita di una comunità e via andare.
Vorrei dire a questo comitato, noi in provincia di Trapani queste cose le facciamo da anni: non credo di sbagliare ma siamo stati la seconda realtà a sottoscrivere un patto intercomunale in Italia due anni addietro e pur tra false partenze abbiamo un consolidato di rapporti tra Festival rassegne e biblioteche non trascurabile, eppure non basta.
E’ cosa nota, ed è stata ribadita in quella diretta, che spesso il privato è il motore principale di queste azioni - mosse da passione professionalità senso etico del fare cultura - ma ripeto, non basta.
Perché rispondere ad un bando richiede competenza tempo lavoro non remunerato, e lo si fa, ma se poi arrivi primo dei non finanziati (è successo) ti poni tante domande: ma siamo sicuri che i criteri di selezione e scelta siano rispondenti alle realtà che ognuno di noi vive? Alcune modifiche sono state poste in essere, ma c’è ancora molto da fare. Nel mentre le nostre percentuali in tutto il sud corrono in doppia cifra e le risorse per arginare questa emorragia di sapere, sempre troppo poche e mai con una visione strutturale.
Concorrere ad una selezione per Capitale Italiana del Libro - e stare insieme a dei capoluoghi di regione - credo con fondamento che non abbia alcun senso, e finché lo afferma il sottoscritto in conversazioni pubbliche e private conta quello che vale ovvero zero. Ma se poi, il giorno seguente alla proclamazione, il sottosegretario Onorevole Vittorio Sgarbi, pur sottolineando l’iniziativa meritevole, così si esprime:

“ Ritengo le candidature disparate e imparagonabili; non si possono, a evidenza, mettere a confronto Firenze e Lugo di Romagna, Genova e San Quirico d’Orcia. D’intesa con il ministro ho proposto d’istituire quattro premi per le capitali del libro, suddivisi per fasce di abitanti, garantendo le grandi città sopra i 200mila abitanti e tutelando le citta tra i 50mila e i 100mila, e quelle talvolta particolarmente vocate tra i 10 e i 50 e i 5 e i 10. Non si tratta di un errore del ministero, ma un difetto di origine della legge che va quindi cambiata”. 

Marsala, Trapani, Partanna, per citare alcune realtà NON potranno mai aspirare a concorrere con successo ad un titolo, e non è questione solo di strutture di base (leggi biblioteche), ma di confronto con realtà produttive che in qualche modo possano entrare in dialogo in queste progettualità: il cofinanziamento (previsto in questi bandi) spesso resta lettera morta o quasi. Ma questo è il risultato dopo anni di disinvestimento in questo ambito, e forse dovremmo essere noi di questo settore a far meglio comprendere il valore di investire sula cultura e sui territori. Da noi, a Marsala, hanno lasciato testimonianze Massimo Bray (ex ministro della Cultura, oggi Direttore Generale dell’Istituto dell’enciclopedia Italiana), Angelo Piero Cappello (Direttore generale del CEPELL_MIC), Giovanni Solimine (già presidente dell’AIB, attuale presidente della Fondazione Bellonci), Paola Dubini (professoressa di economia della cultura alla Bocconi a Milano), Giulio Blasi (fondatore di MLOL_Media Library on line) e sono solo alcune delle personalità direttamente correlate con queste politiche di sviluppo, eppure sembra che pochi abbiano colto il senso del cambio di passo, ovvero come progettare Cultura oggi.

Il discorso è articolato, credo anche spigoloso, ma se non lo si affronta una volta e per sempre in modo serio e organico con la politica, provvedimenti che sono legge dello Stato quale l’Art bonus (un esempio tra i tanti, ampiamente disatteso in questa provincia) o altre forme di condivisione di progettualità alte, saranno sempre destinate a finire il loro percorso nella disillusione di un binario morto. Noi, potremmo scrivere pagine meravigliose se ci fosse un bando a nostro favore, ne sono certo e abbiamo anche storia per andare ad un tavolo istituzionale e far meglio comprendere le criticità: gli argomenti che porteremmo non sono dati dalla nostra frustrazione ma certificati dall’ISTAT, e allora è il caso di guardare meglio al nostro Sud. Siamo persone caparbie, che credono ai loro territori e portiamo valori e risultati, forse è il caso che qualcuno inizi a pensare diversamente, il divario è già imbarazzante con altre parti di Italia, e Genova non può essere la risposta alle nostre urgenze

Giuseppe Prode  



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