Al Palasport di Crotone, 64 bare. Il buco nei soccorsi
Ieri, al Palamilone, palazzetto dello sport di Crotone, è stata allestita la camera ardente delle vittime del naufragio di domenica mattina. Sessantaquattro bare allineate (una, la sessantacinquesima, aggiunta più tardi. Cinque, piccole e bianche.
Su una di queste, è stata posata una macchinina giocattolo della polizia, i mazzi di rose e margherite sono un gesto di pietà che cerca di alleviare la brutalità della morte, 23 non hanno nemmeno un nome, solo sigle identificative. Sono le vittime della strage del barcone che verranno dimenticate per sempre. Dopo due giorni, spiegano gli uomini della Croce Rossa, è improbabile che qualche parente venga a riconoscere i corpi.
Alladin, giovane afghano, dal 2015 in Germania, ha guidato per venticinque ore per arrivare. Sua zia, Monika Fgrhadi, 35 anni, è morta con i suoi tre figli di 12, 8 e 5 anni, l’unico sopravvissuto della famiglia è il marito Wahid al quale hanno mostrato le foto dei cadaveri. «Non ha riconosciuto la moglie e i suoi figli» dice Aladdin piangendo. "I loro corpi erano devastati dal mare. Irriconoscibili".
Davanti alla spiaggia di Steccato di Cutro, proseguono le ricerche dei dispersi. Sono stati ritrovati altri due cadaveri, il sessantaseiesimo è quello di un bambino di cinque o sei anni.
Il buco nei soccorsi
Dopo 36 ore la Guardia costiera ha spiegato che l’operazione di ricerca del barcone, individuato sabato sera da un aereo di Frontex, è stata trattata come un’operazione di polizia e non di soccorso in mare. Frontex aveva segnalato la presenza del barcone, sostenendo che navigava normalmente. Per questo motivo a intervenire è stata la Guardia di finanza, non dotata di mezzi adatti ad affrontare il mare forza 3-4, e non la Guardia costiera, le cui motovedette inaffondabili sono uscite dal porto di Reggio Calabria solo a naufragio avvenuto. A dare l’allarme, alle 4.30 del mattino, un pescatore, che si accingeva a gettare la lenza sulla spiaggia di Steccato di Cutro e che, al posto dei pesci, ha visto cadaveri che galleggiavano.
In audizione alla Commissione Affari costituzionali, il ministro Matteo Piantedosi ha cercato di spiegare meglio la frase che domenica ha destato fiumi di polemiche. In pratica chiede ai migranti di non scegliere la via del mare perché non è sicura e promette: «Fermatevi, verremo noi a prendervi. Questo è il senso dei corridoi umanitari». L’idea è di lavorare sull’immigrazione legale per disincentivare i migranti a imbarcarsi in traversate pericolose.
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