Quantcast
×
 
 
23/02/2023 06:00:00

Mazara, il primario suicida dopo la condanna per abusi. Le polemiche 

Monta la polemica a Mazara del Vallo sul caso di Roberto Caravaglios, il medico, primario di radiologia presso l'ospedale "Abele Ajello", che è morto suicida un mese fa. Caravaglios era stato condannato qualche settimana prima, in primo grado, con l'accusa di molestie sessuali, secondo le indagini della Procura di Marsala, nate dalla denuncia di alcuni pazienti. 

Con il rito abbreviato, la condanna per il medico è stata a quattro anni e quattro mesi di reclusione, con cinque anni di interdizione dai pubblici uffici e uno dalla professione medica. Il pm aveva chiesto 5 anni e 8 mesi. Tre le donne vittime degli abusi, tra marzo 2016 e giugno 2020. L'indagine è stata svolta dalla Squadra Mobile di Trapani.

Il suicidio di Caravaglios ha scosso molto la comunità di Mazara, e gli amici hanno fatto circolare una dura lettera aperta, nel trigesimo della sua scomparsa, per condannare l'atteggiamento della stampa e quello del tribunale, reo di non aver valutato, secondo gli amici del medico, alcune perizie e testimonianze a suo favore. Per quanto riguarda noi di Tp24, che siamo stati tra i primi a pubblicare la notizia del processo a carico del noto medico, ci permettiamo di fare, con garbo, alcune annotazioni.  Al di là del grande dolore della famiglia,  degli amici, e della tragedia che si è consumata, in questa vicenda, molto delicata, va sempre considerato il diritto dell'opinione pubblica a sapere - senza eccessi, senza processi sommari (nessuno ha parlato mai di "inquisito" o ha anticipato giudizi -  soprattutto quando sono coinvolte persone che hanno un ruolo pubblico importante. Ed, inoltre, non va mai dimenticato il punto di vista anche delle vittime, che hanno diritto alla giustizia e che spesso, in storie come queste, passano in secondo piano. 

E' inoltre sbagliato parlare di "dittatura mediatica" (espressione che, di per se, non significa nulla). I media, invece, servono a fare conoscere le storie, fino in fondo: se si ritiene che il medico sia stato vittima di un complotto, di un errore procedurale, di un caso di malagiustizia, questa redazione, come sempre, è pronta a raccogliere e a considerare tutti gli elementi utili che saranno resi noti. 

Ecco cosa scrivono gli amici di Caravaglios:

Ad un mese dalla morte di Roberto ci siamo così ritrovati in tanti, per ricordarlo cristianamente al Signore con un senso di vicinanza, stima e affetto alla sua famiglia, esprimendo con la presenza gli stessi sentimenti che abbiamo avuto per lui e che conserviamo nel cuore profondamente rattristato per la sua scomparsa, per la sua assenza che percepiamo come un vuoto nella nostra vita di “suoi amici”. Con lui è scomparso un amico fraterno, un collega, un medico stimato e amante della sua missione sanitaria, un uomo di grande impegno e determinazione che ha fatto la storia di questo ospedale.

Questa nostra testimonianza vuole raggiungere la stessa intensità che ha avuto l’eco della notizia della sua morte diffusa dai media che talvolta hanno lo scoop e non la verità come guida della loro attività, il pregiudizio e la congettura come metodo, la sensazionalità della notizia come fine prevalente, a prescindere dalla verità in se stessa, talvolta senza tenerne alcun conto in quanto non funzionale alla logica del pettegolezzo che caratterizza l’attuale dittatura mediatica. Vogliamo contrapporci a questo insano costume e reclamare “verità per Roberto Caravaglios” con le armi pacifiche della testimonianza.

Ci siamo ritrovati questa sera, noi amici di Roberto, per fare in modo che la verità su ciò che è tragicamente accaduto e che è costato il prezzo della sua vita, sia messa in luce. Non c’è una verità da ricercare, perché noi crediamo nell’innocenza di Roberto, lo riteniamo estraneo a ciò che gli è stato imputato; crediamo che la verità sia nella stessa dinamica dei fatti che avrebbero dovuto essere appurati più in profondità e che invece sono stati considerati senza tenere nel debito conto né il difficile contesto delle situazioni in cui Roberto come medico si è venuto a trovare né le abbondanti spiegazioni prodotte a sua discolpa. Ci sembra, ad esempio, che le relazioni tecnico-scientifiche di due eminenti colleghi che lo scagionavano, de facto, financo dal sospetto che avesse potuto materialmente commettere un crimine nel corso di un esame che lo vedeva impegnato come abile professionista, non siano state tenute nella dovuta considerazione. Sembra così che alle testimonianze scientifiche siano state preferite le congetture che davano luogo all’eclatanza mediatica.

Con il primo scoop mediatico in cui si diffondeva la notizia del suo stato di inquisito veniva già posto sulla gogna mediatica come reo di “violenza sessuale”; Roberto è stato investito da una valanga di fango mediatico che in maniera assertoria pronunciava già la sua condanna. Un fango che lo ha soffocato e annientato. Non è un fatto nuovo che i media pronuncino condanne prima dei giudici e che non tengano in nessun conto né una presunzione di innocenza né la dignità delle persone che espongono al pubblico ludibrio. Non c’è morale o deontologia dell’informazione e il diritto alla buona fama non è contemplato nel cinico intento di trovare lo scandalo ad ogni costo, né sussiste il buon intento professionale di verificare prima di scrivere infamando qualcuno; le notizie scandalistiche si diffondono come fotocopie, identiche nella falsità della loro origine, incalzate dalla fretta di diffondere una notizia di cui nessuno ha avuto modo di accertare l’attendibilità. La calunnia si diffonde rapida e senza possibilità di essere cancellata, come piume gettate al vento che nessuno può più raccogliere, e restano un marchio d’infamia perenne.

Il “primario di radiologia dell’ospedale di Mazara” è stato così condannato prima della sentenza ed era morto già prima di morire. Era morto nell’animo anzitutto. Chi gli è stato vicino negli ultimi mesi può testimoniare il lento spegnimento di Roberto; la sua grande dignità umana e la sua estrema riservatezza non hanno retto davanti a quell’accusa che lui riteneva ingiusta e immeritata perché falsa. Il suo è stato un calvario spirituale lento e persistente, una pesante croce sotto il cui peso non ha retto.

Roberto non amava porsi sotto i riflettori e tutto il bene che ha fatto nella sua professione non è mai stato oggetto di propaganda. Restano, però, le testimonianze postume di tanti che nel corso dei suoi funerali hanno attestato, in un modo o nell’altro, di essere lì per pagare un debito di gratitudine per un medico che si è speso con abnegazione in ogni momento della sua azione professionale che lui giudicava, a ragione, una missione.
Nessuno può appiccicare sulla memoria di Roberto Caravaglios l’etichetta di violentatore che agisce abusando del suo status sotto gli occhi di colleghi e infermieri che lo assistevano mentre operava. Sembra che neanche le testimonianze di questi, a sua discolpa, siano state considerate. Avendo contezza del contesto clinico in cui operava, quell’etichetta recante quell’accusa è semplicemente ridicola, quell’accusa semplicemente insensata.

Eppure Roberto è stato travolto da questo paradosso: il ridicolo e l’insensato hanno riscosso credibilità, forse per il semplice gusto, non sappiamo quanto inconscio, di proiettare sugli altri le proprie debolezze e di ritenere materiali e concreti i fantasmi delle proprie turbe. Una società violenta e immorale come la nostra ha un irrefrenabile bisogno di trovare capri espiatori per tacitare coscienze malate o completamente
sfaldate da un egotismo incapace di relazione autentica. Sono in tanti ad avere sulla coscienza la morte di Roberto; la sua è stata una morte indotta, dovuta all’impossibilità di sopportare una lacerazione dell’anima che lo aveva reso estremamente fragile. Roberto aveva un’anima sensibile, una coscienza integra, una concezione alta della sua missione di medico. Di questo, noi che siamo suoi amici, vogliamo rendere testimonianza. E’ stata l’integrità della sua coscienza a subire la violenza di chi probabilmente non tiene la propria in nessuna considerazione ed è incapace di qualsiasi riflessione veritativa e dunque di qualsiasi rimorso.

Adesso, ad un mese dalla morte di Roberto, vogliamo fare in modo che venga cancellata quest’onta gratuita e crudele che si è abbattuta su di lui recidendo la sua vita.

Le falsità e le supposizioni dopo la sua morte sono state proferite anche nei piani alti della dis-informazione mediatica italiana. Il suo nome è stato ancora più gravemente infamato mettendolo in parallelo con quello dell’assassino mafioso arrestato in quegli stessi giorni. Questo fatto vergognoso smaschera platealmente la struttura mediatica di cui siamo vittime e ne mette in luce l’arroganza e l’ignoranza. E non capita mai che torni sui suoi passi per chiedere scusa o perdono. L’autore di quell’infelice parallelismo dovrebbe vergognarsi della sua avventata superficialità e porgere pubbliche scuse. Ma è il prototipo di un sistema che nessuna legge sa arginare, di un malcostume che passa per “cultura”.

Ma non saranno le scuse a restituirci Roberto che è stato anche un uomo di fede ed è partito in fretta per cercare quella suprema giustizia di Dio che in terra non ha trovato. Siamo sicuri che quella Eterna Misericordia avrà compreso ed accolto anche il suo gesto estremo, compiuto in un momento di sconforto che nessuna consolazione umana o amicale poteva lenire, nessuna umana speranza appagare. Ha prevalso in lui il desiderio di abbandonare l’inferno della cattiveria umana e trovare la pace che gli era stata tolta.

Ora il suo ricordo resta nei nostri cuori, unitamente alla tristezza e al rammarico che questa tragedia poteva essere evitata solo col buon senso di chi possiede una coscienza integra e amante del vero. Coscienza probabilmente non posseduta da chi ha consentito che fosse infamato pubblicamente con due righe frettolose che non potevano riassumere la sua personalità, la sua vita, il suo impegno per il bene degli altri messo in atto da più di trent’anni nell’ospedale di Mazara.

Il diritto alla buona fama è un diritto che non muore con chi non c’è più. Noi lo rivendichiamo a nome di Roberto Caravaglios e in nome dell’amicizia, la stima, l’affetto che ci legavano e ci legano a lui. Chiediamo a quanti condividono i nostri sentimenti di farsi avanti e di unire le loro voci alle nostre.
Gli amici di Roberto Caravaglios



Cronaca | 2024-07-17 10:59:00
https://www.tp24.it/immagini_articoli/24-03-2021/1616566080-0-etna-un-altra-eruzione-fontane-di-lava-e-boati-il-video.jpg

A Marsala sono stati vinti 40 mila euro al 10eLotto

Festa grande a Marsala  in occasione del concorso del 10eLotto di martedì 16 luglio.  Nel Comune siciliano è stato centrato un premio da 40mila euro con un “9 EXTRA”. L’ultimo concorso del 10eLotto ha...

Native | 2024-07-16 09:00:00
https://www.tp24.it/immagini_articoli/24-03-2021/1616566080-0-etna-un-altra-eruzione-fontane-di-lava-e-boati-il-video.jpg

Guida sicura: a cosa stare attenti in estate?

L'estate è una stagione di svago e avventure, con le sue giornate lunghe e il clima caldo che invogliano a viaggiare e trascorrere più tempo all'aperto. Tuttavia, con l'aumento del traffico e le condizioni stradali a volte...