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15/02/2023 06:00:00

Trapani, la mafia, Messina Denaro, la politica. Il caso D'Alì, alla fine

 In questi ultimi giorni la redazione di Tp24 ha cercato, con uno sforzo notevole, di ricostruire in maniera chiara ed il più possibile esaustiva, le vicende che hanno portato alla condanna di Antonio D'Alì per concorso esterno in associazione mafiosa. L'ex senatore trapanese, per un periodo anche sottosegretario agli Interni, è stato il poitico più "potente" a Trapani per quasi venti anni. La sua condanna è arrivata al termine di un processo lunghissimo, ed il bollo della Cassazione, in una vicenda che ha visto un'alternarsi di assoluzioni, rinvii, condanne, è arrivato solo a Dicembre del 2022. D'Alì si è costituito in carcere, a Milano, poco prima di Natale. Neanche un mese dopo è stato arrestato il boss Matteo Messina Denaro, ricercato dal 1993, la cui storia si intreccia con quella della famiglia D'Alì.

Proprio questa circostanza, ha alimentato da un lato una giusta domanda di informazione (qualcuno ha ironizzato sul fatto che la stampa trapanese abbia ignorato la condanna di D'Alì: non è certo il caso di Tp24), dall'altro ha ancora una volta alimentato le tifoserie, che, supportate da certo giornalismo superficiale, hanno fatto leva sull'equazione Trapani uguale D'Alì uguale Messina Denaro. 

E' per questo che abbiamo deciso di vederci chiaro. Per smentire alcuni luoghi comuni, innanzitutto. E per capire quali sono state le prove che hanno portato in giudizio alla condanna di D'Alì e le rimostranze della difesa del senatore. 

Ci interessava il racconto, la ricostruzione di un sistema, il disegno di una cornice, seppur nella sintesi giornalistica. E, ancora una volta, sembra che in questa terra questo sforzo sia delittuoso. Ci sono piovute addosso molte critiche. Chi da un lato ci accusava di accanirci contro l'ex politico, chi invece ci ha accusato di prendere la sua difesa, solo perchè abbiamo raccontato le contraddizioni che hanno portato alla sua condanna.
E qui andiamo ad un punto dirimente. D'Alì è stato condannato, è vero. Ma con tanti dubbi. E avrebbe potuto guadagnare l'assoluzione, con altrettanti dubbi. La sua situazione, a guardarla bene, leggendo le carte, ricorda molto la pallina da tennis sul filo della rete. Può cadere da una parte o dall'altra. Per D'Alì, dopo tanti rimbalzi sul filo, questa pallina è caduta dalla parte sbagliata del campo, il suo. Punto, set, partita. 

Oggi che è stato condannato, per tutti è il braccio politico di Messina Denaro (tra l'altro, in giudizio, in effetti, non c'è una prova una del rapporto diretto tra Matteo Messina Denaro e D'Alì, e nessuno ha mai scritto o detto che abbia coperto la sua latitanza). Fosse stato assolto, magari oggi lo vedremmo ai tavoli di qualche coalizione per la scelta del futuro Sindaco di Trapani. O magari il Sindaco sarebbe lui.

Il fatto è, ancora una volta, che i nostri giudizi dovrebbero esulare da ciò che avviene nei palazzi della giustizia. Perchè la prova, il suo formarsi, il convincimento dei giudici nei vari gradi, è un conto. I fatti sono altri. Negli anni, invece, soprattutto dalle parti dell'antimafia, a Trapani come altrove, si è imposto un pensiero unico, che è quello di alcuni Pm e di chi fa loro eco. Anzichè formare un'opinione pubblica consapevole, abbiamo creato tifoserie, che esultano o si arrabbiano a seconda delle circostanze, di chi fa il punto e chi no. Tutto il resto, invece, rimane nell'ombra.  

Alla fine di questo lungo viaggio, ci rimangono due sensazioni. La prima è che a Trapani, insieme al potere "mafioso", se così lo vogliamo chiamare, si muove anche qualcos'altro. Non vogliamo alimentare complottismi, ma a Trapani più che altrove è netta la sensazione che esista davvero un potere parallelo (ed impunito) in città. L'altra sensazione riguarda quanto scrivevamo prima: D'Alì è stato condannato, alcuni tifosi sono appagati, altri delusi, fino al prossimo caso che finirà nei tribunali. Ma se intanto si cominciasse davvero a fare politica con responsabilità, a certe situazioni non si arriverebbe.

Clicca qui per la prima parte, sulle motivazioni generali della Corte d'Appello.

Clicca qui per la seconda parte, sulla compravendita del terreno di Contrada Zangara. 

Clicca qui per la terza parte, sul ruolo della mafia nell'elezione del senatore.

Clicca qui sulla quarta parte, relativa alla Calcestruzzi Ericina ed al Prefetto Sodano.

Clicca qui per la quinta parte, in cui raccontiamo il ruolo del "pentito" Birrittella.

Clicca qui per la sesta parte, in cui spieghiamo i ruoli delle testimonianze di Don Ninni Treppiedi e della signora Maria Antonietta Aula.

 



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