E' morto domenica in una clinica di Milano l'ex gioielliere castelvetranese e amico di Matteo Messina Denaro, Francesco Geraci. L'uomo, di 59 anni, si stava curando da un tumore al colon, la stessa patologia dell’ex latitante, arrestato il 16 gennaio scorso.
Geraci è stato uno degli uomini più fidati di Matteo Messina Denaro nel periodo delle stragi del 1992 e 1993. Venne arrestato nel 1994, all'età di 32 anni, con l'accusa di essere un prestanome di Francesco e Matteo Messina Denaro. Due anni dopo prese la decisione di iniziare a collaborare con la giustizia.
Custode del tesoro di Riina - Geraci era il "custode" dei gioielli di Riina che li aveva affidati a Matteo Messina Denaro che a sua vola si era rivolto ad un suo uomo di fiducia affinché custodisse con cura quel tesoro del boss di Costa nostra che era costituito da collier, orecchini, Cartier, crocifissi tempestati di brillanti, diamanti, sterline e lingotti d'oro ed altri preziosi per un valore di oltre due miliardi di lire. Il tesoro era nascosto sotto il pavimento di un'abitazione di Castelvetrano. Vi erano anche 1500 dollari, 400 sterline d'oro, e quattro medaglie commemorative dei Mondiali di calcio del '90, anch' esse d'oro, con incisi i nomi dei 4 figli di Riina, ed un grande crocifisso d'oro dove erano incastonati una quindicina di diamanti. Il boss assieme ai gioielli, ai Cartier d'oro (uno tempestato di diamanti del valore di 80 milioni di lire) e ad altri preziosi che la moglie Antonietta Bagarella ed i quattro figli indossavano nelle cene organizzate da Riina e dagli altri boss, aveva anche provveduto a nascondere sei passaporti in bianco. Geraci fornì agli inquirenti le informazioni riguardanti proprietà immobiliari di Riina, come 25 ettari di terreni nel trapanese ma anche gli interessi in alcune cantine vinicole. Raccontò che Riina trascorreva le vacanze estive a Triscina e che lui stesso lo accompagnava in mare con il suo motoscafo. Tornando al tesoro di Riina, Geraci raccontò che in parte gli fu consegnato da Matteo Messina Denaro e in parte dallo stesso Riina.
Svelò la strategia stragista di Cosa nostra - L'ex gioielliere svelò ai magistrati la strategia del terrore di Cosa nostra. Ha detto di aver preso parte alla organizzazione degli attentati che dovevano compiersi a Roma ai danni di Maurizio Costanzo, Pippo Baudo e l'ex guardasigilli Claudio Martelli. Geraci raccontò del suo trasferimento a Roma, con enormi disponibilità finanziarie, insieme a Matteo Messina Denaro, Vincenzo Sinacori e Lorenzo Tinnirello per preparare gli attentati.
Geraci conferma l'incontro a Mazara dove si provano le armi - C’è un incontro prima della partenza per la missione romana, a Mazara, nella campagna di Battista Consiglio, dove vengono provate le armi, una quindicina, lo confermano Vincenzo Sinacori e Francesco Geraci. I mazaresi portano le loro armi e Matteo Messina Denaro porta le sue da Castelvetrano e le danno a Battista Consiglio che con il figlio avrà il compito di portarle a Roma. Battista Consiglio è stato condannato per le armi perché come conferma la sentenza non sapeva a cosa servissero. Anche Francesco Geraci era presente alla preparazione delle armi, ricorda che erano piene di grasso e che lui e Messina Denaro e Sinacori le hanno provate e conferma che c’erano due 357 e due pistole cromate tra le altre. Io stesso dice Geraci avevo dato trecento milioni a Matteo perché servivano per comprare armi. Altre le aveva portate anche Giuseppe Fontana, uno del cerchio magico di Matteo Messina Denaro, e condannato con la sentenza Selinus come uno degli uomini fedelissimi del boss di Castelvetrano. Dice Geraci che in quel periodo c’è anche un incontro a Gibellina con dei soggetti catanesi che lui però non conosce e che consegnano a Messina Denaro delle armi.
Geraci parla di detonatori - Geraci ha anche accennato al fatto che Messina Denaro e Sinacori parlarono anche di detonatori, oltre alle armi e all’esplosivo, cosa che conferma anche Scarano a Firenze, che dice di aver avuto consegnato anche dei detonatori. Geraci sa, vede e sente, viene chiamato ad operare, a pulire le armi a caricarle in un camion ma non sa che finalità avranno.
Geraci parla del vertice organizzativo a Mazara da Mariano Agate - E dice lo stesso Geraci che, prima della partenza per Roma ci fu un incontro a Mazara, da Mariano Agate, tra lui, Matteo Messina Denaro e Sinacori e Agate disse di stare attenti. Incontro avvenuto il giorno prima dell’arresto di Agate. Altro vertice prima della partenza romana avviene a casa di Salvatore Biondino, reggente di San Lorenzo che gestisce la latitanza di Totò Riina. Questa volta è presente l’intero gruppo che si appresta a partire per Roma. Sono presenti oltre a coloro che hanno partecipato alla prima riunione, i fratelli Graviano, Messina Denaro, Sinacori, Biondino, anche due della famiglia di Brancaccio, Cannella e Tinnirello che sono stati condannati sia per la strage di Via D’Amelio che per Capaci sia per le stragi del 93. L’incontro è prettamente organizzativo volto a preparare la partenza e a dare le indicazioni sui luoghi in cui si ritroveranno a Roma, due case che sono state approntate da Matteo Messina Denaro, una attraverso il suo amico Scarano, che appartiene ad un certo Antonino Gesù, e l’altra è la casa di cui ha la disponibilità un certo La Mantia, le cui chiavi sono state consegnate da Mariano Agate a Vincenzo Sinacori nei giorni precedenti. La logistica prevede che il gruppo si incontri alla Fontana di Trevi e si sistemi presso queste due abitazioni, fatti confermati da Geraci e Sinacori.
Il racconto della bella vita e dell'ultima vacanza di Messina Denaro prima della latitanza – Era l’estate del 1993 quando Matteo Messina Denaro fa l’ultima sua vacanza da uomo libero. Assieme alla sua fidanzata di allora, l’austriaca Andrea Haslehner, che lavorava alla reception del Paradise Beach di Selinunte, disse Geraci, Messina Denaro la trascorse in una villa di Forte dei Marmi assieme ai fratelli Giuseppe e Filippo Graviano e le loro fidanzate palermitane Rosalia e Francesca. Geraci confermò che Messina Denaro conduceva quello stesso tenore di vita anche in Sicilia.
Missione romana per l’uccisione di Giovanni Falcone – Francesco Geraci non è ufficialmente affiliato a Cosa nostra, ma è tra gli uomini scelti per la missione romana voluta da Riina per eliminare Falcone. E’ la fine di febbraio del 1992, un gruppo di killer di Cosa nostra, guidati da Messina Denaro e Giuseppe Graviano si trovano a Roma con l’obiettivo di uccidere il giudice Giovanni Falcone. Alcuni mesi dopo Messina Denaro dirà a Geraci di non andare a Palermo. Geraci racconta di essersi arrabbiato: “Ma come non andare, io devo andarci ogni giorno per lavoro”. Messina Denaro gli suggerì: “Esci ad Alcamo o a Partinico e ci vai dalla strada vecchia”. Il 23 maggio, quando saltò in aria l’autostrada a Capaci uccidendo Falcone, la moglie e gli agenti di scorta, tornò da Geraci e con un mezzo sorriso disse rivolgendosi a Geraci: “Adesso puoi andare a Palermo”.
Geraci e la vicenda d’Alì – Francesco Geraci viene citato anche durante il processo ad Antonio d’Alì, ex senatore di Forza Italia ed ex sottosegretario agli Interni. Secondo l’accusa un terreno di proprietà del politico, in contrada Zangara a Castelvetrano venne venduto proprio a Geraci, che però agiva da prestanome di Messina Denaro. Quella vendita sarebbe servita per finanziare Cosa nostra riciclando 300 milioni delle vecchie lire. Per questi fatti D’Alì era stato prescritto dall’accusa di concorso esterno, perché si sono verificati prima del 1994. Mentre era stato assolto per le vicende contestate dall’accusa negli anni successivi. Una sentenza annullata dalla Cassazione nel 2018, mentre nel 2021 il secondo processo d’Appello era finito con una condanna a 6 anni. Decisione poi confermata dalla Suprema corte il 13 dicembre scorso. L’indomani D’Alì si è costituito.