La pistola nel covo, la richiesta di cure di Messina Denaro. E si indaga sulla “profezia” di Baiardo
Mentre la procura di Palermo continua ad indagare sulle protezioni di Matteo Messina Denaro, altri investigatori vogliono vederci chiaro sulle dichiarazioni di Salvatore Baiardo.
“Il boss è malato, si farà arrestare. Sarà un regalino per il governo”. Una “profezia” data in un’intervista su La7 a Massimo Giletti e che da 10 giorni ha dato sfogo alle teorie complottiste.
Ora i magistrati vogliono vederci chiaro su di lui. E soprattutto sulla sua tesi, secondo la quale il “regalino” di Messina Denaro serva a togliere alcuni carcerati dal 41 bis. Per questo i giudici di Firenze e Palermo hanno acquisito le due interviste rilasciate alla tv. E potrebbero ascoltare anche il conduttore. Ed era ora, perchè in questi giorni si sono fatti mille complottismi su quelle dichiarazioni.
Tra le curiosità della magistratura ce n’è infatti una in particolare. Durante un passaggio dell’intervista, quando Giletti gli domandava chi fosse la fonte delle sue informazioni, Baiardo ha risposto che veniva da un ambito palermitano ma non dai fratelli Graviano. Aggiungendo che a Palermo non ci sono solo loro. Il conduttore ha replicato che a Palermo «c’è Guttadauro, per esempio, del quale si parla molto». E Baiardo ha replicato che «ci sono altre persone». I fratelli Guttadauro noti alle cronache di mafia sono tre. Giuseppe, ex chirurgo dell’ospedale Civico di Palermo, è detenuto. Era stato liberato a febbraio 2022. Ma è tornato in carcere perché i carabinieri del Ros lo hanno beccato a comunicare con altri. Il fratello Filippo invece ha finito di scontare la pena ma si trova all’ergastolo bianco nel carcere di Tolmezzo. Si tratta del cognato di Messina Denaro (ha sposato la sorella Rosalia) e del padre di Lorenza Guttadauro, attuale legale del boss.
Un’intervista fatta nel novembre 2022, e che per molti è stata una sorta di “profezia” azzeccata, per altri, invece, Baiardo è semplicemente uno che l’ha sparata grossa centrando casualmente il bersaglio.
Al di là di tutto non si deve negare, in questo momento, lo sforzo investigativo eccellente che è stato fatto dagli investigatori nell’arrestare Matteo Messina Denaro.
Sforzo che continua a Campobello di Mazara, dove si cercano ulteriori indizi sulla rete di protezione di cui ha goduto il boss.
Perchè nel suo ultimo covo di via Cb31 è stata trovata una "Smith & Wesson" calibro 38 special, completa di 5 cartucce, con matricola abrasa.
Nella stessa circostanza è stato rinvenuto un ulteriore involucro con ulteriori 20 cartucce dello stesso calibro.
Intanto, in 10 giorni di reclusione, Matteo Messina Denaro ha incontrato solo i medici che si stanno occupando delle sue cure. A tutti ha chiesto informazioni dettagliate sui farmaci da prendere, suggerendo anche terapie "esclusive" praticate in Israele. In carcere il boss è apparso preoccupato esclusivamente della sua salute, sicuro di dover trascorrere il resto della sua vita in carcere. Chi lo ha incontrato, lo ha descritto come "un uomo con la paura di morire".
Davanti agli agenti del carcere dell'Aquila, Messina Denaro mostra modi "gentili e garbati", precisando di "non essere affatto la persona che viene descritta dai media". Lo ha detto indicando il Tg in quel momento in onda sul televisore che lui ha mantenuto spento per quasi sei giorni dopo l'arresto.
In carcere Messina Denaro non ha ricevuto alcuna visita: non si sono fatti vivi i parenti e neppure l'avvocato difensore. Secondo quanto riferisce il quotidiano La Repubblica, infatti, la nipote del boss scelta per rappresentarlo davanti alla giustizia avrebbe per ora fatto solo una telefonata.
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Tutto quello che ha ricevuto in 10 giorni di detenzione sarebbero due telegrammi che continua a rileggere. I due fogli bianchi sono custoditi con cura sul tavolo della cella alla quale è stato assegnato.
I misteri intorno alla latitanza di Messina Denaro sono ancora tantissimi: le forze dell'ordine stanno cercando di ricostruire la rete di fiancheggiatori che finora lo ha aiutato a sfuggire alla giustizia. Risultano infatti indagati per favoreggiamento Giovanni Luppino, considerato suo autista personale, e i due figli Antonio e Vincenzo. Centrale anche il ruolo di Andrea Bonafede, geometra 59enne che per almeno due anni gli ha prestato l'identità.
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