Dopo la perquisizione del covo di Matteo Messina Denaro a Campobello di Mazara, il giornalista Gianfranco Criscenti, corrispondente ANSA da Trapani, fa una serie di interessanti riflessioni, mettendo insieme i pezzi che finora sono emersi riguardo alla cattura del superlatitante.
Ecco quanto ha scritto su Facebook:
Se dal covo non dovesse uscire fuori null’altro, a parte vestiti e profumi di lusso, mi chiedo qual è realmente la valenza di quest’indagine, che ha portato solo all’arresto di un uomo con una metastasi al fegato.
Torno a ribadirlo: logica avrebbe voluto che, avuta contezza della vera identità del Bonafede, la prima cosa da fare era piazzare un GPS sull’auto. Solo così sarebbe stato possibile sapere chi incontrava il boss, conoscere i luoghi frequentati (è presumibile che MMD avesse più rifugi). Dall’esame della tessera sanitaria è emerso che lo scorso 2 gennaio il boss si sarebbe recato nel reparto di Chirurgia dell’ospedale “San Vito e Santo Spirito” di Alcamo. Con un GPS oggi sapremmo molto altro.
E non trova giustificazione la teoria secondo cui, se non fosse stato arrestato ieri in clinica, avrebbe potuto tagliare la corda: avendo un cancro in stato avanzato, a giorni, necessariamente, sarebbe ritornato a La Maddalena. Ed invece inquirenti ed investigatori si sono comportati come se lo avessero visto ad un ristorante, insomma, in un luogo dove il boss avrebbe potuto anche non tornarci più. Se a questo aggiungiamo le dichiarazioni profetiche di Salvatore Baiardo, il protettore dei fratelli Graviano, fatte a novembre a La7, è facile rendersi conto che non ce la raccontano tutta. E qui mi fermo.
P.S. A sentire un collega di una testata nazionale chiedere, in conferenza stampa, se il boss indossasse un Rolex, ti rendi conto che l’attenzione non è puntata alla sostanza. Ma questa è un'altra (triste) storia.