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15/01/2023 06:00:00

Trent'anni fa l'arresto di Totò Riina. I misteri attorno alla cattura e le strategie del Capo di Cosa nostra

Oggi 15 gennaio 2023 ricorre il trentesimo anniversario dell'arresto di Totò Riina, il capo di cosa nostra che, per ventiquattro anni era diventato un fantasma, pur vivendo sempre a Palermo, in pieno centro, nella sua villa di via Bernini. Proprio da quella sua casa, nel cuore della città, quella mattina il boss dei boss, era uscito per partecipare ad un summit che non si tenne mai per via del suo arresto. Trent’anni. 

Da allora, la lotta alla mafia non è più stata la stessa. Di Riina, all’epoca, resisteva soltanto una vecchia foto in bianco e nero, perché a parlare per lui erano gli omicidi, per ultimi quelli di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ed è proprio all’indomani delle stragi di Capaci e via D’Amelio che viene deciso di accelerare per la sua cattura.

Operazione Belva - Riina a fianco del suo autista, Salvatore Biondino, era appena uscito di casa, quando lungo la circonvallazione di Palermo, al centro della rotonda di fronte allo storico Motel Agip, fu bloccato bordo della sua Citroen, dagli uomini del Crimor, la squadra della 1ª Sezione del 1º Reparto del Ros-Raggruppamento operativo speciale dell’Arma dei Carabinieri del Generale Mario Mori comandata da Sergio De Caprio, che passerà alla storia per essere "Ultimo", colui che materialmente ammanettò Riina.

La soffiata  di Di Maggio - Gli fossero stati alle costole per altri quindici minuti si sarebbero trovati a una riunione della Cupola. Perché era lì, nella villa di Salvatore Biondino, prima della bretella che porta all’autostrada per Trapani che erano diretti Riina e Biondino e lì li attendevano i boss cosa nostra. Fu Balduccio Di Maggio, strano collaboratore di giustizia che da Borgomanero, in Piemonte - a due passi dal rifugio, dei fratelli Graviano - li aveva condotti per mano fin lì. Di Maggio assicurò che, dove c’era Biondino, quasi sempre c'era Riina. 

Il mistero della mancata perquisizione e vigilanza della villa - Tra i tanti misteri che ancora oggi avvolgono la cattura di Totò Riina c'è quello della mamcata perquisizione e vigilanza della villa di via Bernini. Dopo il 15 gennaio del 1993, infatti, fu svuotata con calma. Restarono dietro la porta un santino della Madonna di Tagliavia, eremo per i devoti del Corleonese, qualche indumento e le istruzioni della pista elettrica per far giocare i bambini. Un’incomprensione, spiegarono, aveva indotto i magistrati a credere sorvegliata la residenza del padrino e i carabinieri, invece, a sospendere il controllo. Il buco nella vigilanza inghiottì tantissime verità che ancora non sappiamo su come andarono veramente le cose. La procura di Palermo provò anche a indagare sulla mancata perquisizione ma non ne cavò molto. Confermò che si trattò di un equivoco.

Il racconto del Capitano Ultimo - “Diventare invisibile per trovare un nemico invisibile e prenderlo, questo è stato quello che abbiamo fatto con forza”. Sono le parole di Sergio De Caprio, alias Capitano Ultimo, nello speciale in onda su ‘UltimoTv’, la webtv del colonnello De Caprio e del regista Ambrogio Crespi, in occasione del trentennale dell’arresto del boss di Cosa Nostra Totò Riina.

Lo speciale (qui il link del documentario) ripercorre la storia dell’Operazione Belva condotta dal Crimor, squadra della 1ª Sezione del 1º Reparto del Ros-Raggruppamento operativo speciale dell’Arma dei Carabinieri del Generale Mario Mori comandata da Sergio De Caprio. “Abbiamo usato il metodo introdotto dal Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa – spiega Ultimo -, si tratta di applicare clandestinità e compartimentazione, abbinata al profilo informativo delle nostre indagini e pedinamenti. L’attesa è un aspetto fondamentale della nostra attività, la pazienza spinge un combattente a rimanere fermo su un’indicazione e un elemento”. “Così si vince, come una caccia, senza paura e con concentrazione, per portare a casa tutti i tuoi combattenti sani e illesi e catturare la preda. Così il 15 gennaio del 1993 abbiamo arrestato Totò Riina nel centro di Palermo”. 

 

Il rapporto tra Riina e il territorio di Trapani - "Cosa Nostra è su tutto il territorio siciliano. Riina è capo indiscusso e dopo aver vinto la guerra di mafia, è a capo di Cosa nostra e ha una leadership che nessuno mette in discussione. Domina sul territorio di Palermo e sul territorio, ma è di casa a Trapani. Perché questo amore per il trapanese? Perché quelle famiglie sono potenti, e sono alleate storicamente delle potenti famiglie americane dei Magaddino, dei Buccellato, dei Gambino e dei Bonanno, provenienti da Castellammare del Golfo. E’ di importanza fondamentale e i rapporti sono strategici con le alleanze che si iniziano a tessere già negli anni settanta. Riina nell’81 inizia a fare la guerra ai Badalamenti, ai Bontate, agli Inzerillo e ai Di Grado. Ma la guerra che muove Riina non nasce nell’81. Egli inizia il suo “capolavoro tattico”, prima di uccidere Bontate nell’aprile ‘81. Inizia così a tessere alleanze con i paesi. Il boss Di Cristina di Riesi, muore nel ’78 perché denuncia, inascoltato, a Bontate, a Badalamenti ma anche al capitano Pettinaro, che in Cosa nostra sta per accadere qualcosa, i Corleonesi si apprestano a fare la guerra e per questo finisce ammazzato a Palermo nel ’78. Di Cristina viene sostituito con un uomo chiave come Piddu Madonia che diventa il nuovo rappresentante provinciale. A Catania Riina fa uccidere Pippo Calderone e poi nella famosa strage della Circonvallazione uccide anche Ferlito”.

Riina e i rapporti con  i boss Mariano Agate e Francesco Messina Denaro - "A Trapani Riina aveva già stretto i suoi legami e aveva acquistato diversi possedimenti a Castelvetrano e a Mazara del Vallo. E Riina è strettamente collegato con i suoi mafiosi di riferimento che sono: Mariano Agate, a quel tempo capo della famiglia di Mazara del Vallo e Francesco Messina Denaro, che è allo stesso tempo capo del mandamento di Castelvetrano e vice rappresentante della provincia di Trapani, a quel tempo diretta da Cola Buccellato".

L'importanza strategica di Trapani nel piano di Riina - "Cosa ha di importante Trapani per cui bisogna puntellarla, prima di fare la guerra a Bontate, Inzerillo e Badalamenti? A Trapani comandano di fatto i Rimi (Alcamo), i Minore (Trapani) e i Buccellato (Castellammare), tra loro legati con dei matrimoni combinati e a loro volta legati ai Badalamenti di Cinisi e a Stefano Bontate. Riina sa che se vuole vincere la guerra a Palermo deve avere degli alleati che gli permettano di poter sparare anche a Trapani nei vari paesi. Ed è questa la strategia vincente che elabora Riina".

Castelvetrano e Mazara erano la casa di Riina - Non ha fatto solo la guerra, ma ad esempio a Mazara del Vallo e Castelvetrano ha investito tanto. Lì ci passava le sue vacanze, ci portava i figli. Aveva una casa sul lungomare di Mazara e non solo ci passava le vacanze ma ha investito tanti soldi proprio tra Castelvetrano e Mazara. Insomma, lì c’erano diversi prestanomi che danno qualcosa a Riina. C’è insomma una sorta di simbiosi tra i vertici della mafia corleonese e i mafiosi trapanesi, e c’è una comunanza di interessi.

Delitti e stragi nel trapanese ordinate da Riina - Oltre ai delitti collegati all’ascesa del potere dei Corleonesi, ci sono almeno quattro o cinque vicende clamorose che riguardano il territorio trapanese che sono ordinate da Totò Riina o che vedono comunque la partecipazione di Riina o dei palermitani a questi delitti. Il primo è l’omicidio del sostituto procuratore di Trapani Giangiacomo Ciaccio Montalto, la soppressione dei vari personaggi che erano stati autori del sequestro Campisi, la strage di Pizzolungo del ’85, per la quale sono stati condannati Riina, oltre a Vincenzo Virga e a Balduccio Di Maggio, l’attentato al poliziotto Rino Germanà nel settembre del ’92, la soppressione dei vertici della famiglia di Marsala, i fratelli Vincenzo e Gaetano D’Amico e Francesco Caprarotta, sostituiti con Patti e Marceca, le vicende alcamesi, poi la faida di Alcamo dell’89, la famosa eliminazione dei quattro a Partinico nell’89, l’omicidio di Vincenzo Milazzo e Antonella Bonomo nel ’92, la guerra contro i Greco, l’eliminazione dei fratelli Evola a Castellammare del Golfo. Tutti sostituiti nell’organigramma da soggetti di assoluta fiducia di Totò Riina.

Gli affari di Riina con i clan trapanesi - Ma, oltre ai delitti, ci sono anche gli affari. Si comincia negli anni ’70 con il traffico dei tabacchi, oggi fa sorridere, ma allora era un business enorme che viene condiviso con i napoletani e il famoso Nuvoletta. C’è la vicenda del Big John, nave con un enorme carico di cocaina sbarca nella zona di Mazara. Traffico commissionato al cartello di Medellin da Francesco Madonia, c’è l’installazione della più grande raffineria di eroina ad Alcamo, nell’85, dove, grazie ad una soffiata, vennero arrestati Vincenzo Milazzo e Giuseppe Ferro, e altri mafiosi alcamesi.

 



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