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06/01/2023 06:00:00

  Così i cambiamenti climatici stanno mettendo a rischio l’olio d’oliva siciliano

I 20 gradi a gennaio piacciono agli amanti del tuffo in mare di capodanno. Fanno fare stories su Instagram. Ma il caldo anomalo dovuto ai cambiamenti climatici non promette buone notizie per l’agricoltura siciliana e per uno dei prodotti più preziosi.
L’olio d’oliva italiano e siciliano rischia di diventare merce molto rara se continua a calare così tanto la produzione.
E l’ultimo anno è stato tra i peggiori, con la produzione ai minimi storici.


Per l’olio d’oliva si stima un crollo della produzione nazionale che è scesa a 230 milioni di chili con un calo del 30%.
Tra le cause della crisi dell’olio ovviamente i cambiamenti climatici. In questi giorni si registrano già le prime fioriture dei limoni in Sicilia, per fare un esempio, in netto anticipo rispetto alle tabelle di marcia a cui la natura era abituata.
Nell’ultimo anno abbiamo assistito ad una una siccità devastante mai vista negli ultimi 70 anni che ha messo in stress idrico gli uliveti danneggiando prima la fioritura e poi le gemme, soprattutto in quelle zone dove non si è potuto intervenire con le irrigazioni di soccorso per dissetare e rinfrescare le piante.


La produzione olivicola da 5 anni non riesce a eguagliare la ricca annata di 70mila tonnellate di olio del 2017 e non ha mai superato le 35mila: "Difficile ipotizzare per il 2023 un ritorno all'abbondanza - dice a Repubblica Mario Terrasi, presidente regionale dell'associazione "Oleum" - tutto ciò ha avuto un effetto sui prezzi, pure se dipendono anche da dinamiche globali. I prodotti locali sono più cari del 20-30% e quelli dei grandi marchi in alcuni casi sono raddoppiati".
Un litro di olio sfuso, acquistato direttamente in frantoio, arriva facilmente a superare gli 11 euro al litro, contro i 7-8 euro di un anno fa.

“I cambiamenti climatici vanno affrontati con interventi strutturali poiché l’Italia ha bisogno di nuovi invasi per raccogliere l’acqua a servizio dei cittadini e delle attività economiche, come quella agricola che, in presenza di acqua, potrebbe moltiplicare la capacità produttiva in un momento in cui a causa degli effetti della guerra in Ucraina abbiamo bisogno di tutto il nostro potenziale per garantire cibo ai cittadini e ridurre la dipendenza dall’estero” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.
Tutto ciò comporta un calo della produzione, dicevamo, e un alto rischio contraffazione da parte dei mercati esteri. Cioè miscele di oli che vengo spacciati per italiani.

Un buco d’offerta che sarà pesante per l’Italia che, a fronte di una produzione ormai stabilizzata attorno alle 2-300mila tonnellate, oltre a essere un importante consumatore (in media si le famiglie acquistano 600mila tonnellate l’anno) è anche un importante esportatore (l’export viaggia sulle 400mila tonnellate). “Non avendo una produzione sufficiente a fronteggiare un fabbisogno di un milione di tonnellate l’anno, l’Italia esporta soprattutto miscele di extravergine tra il poco olio made in Italy e quello di diversa provenienza. Il pesante buco produttivo, danneggerà quindi sia i consumi interni (con un inevitabile rialzo dei prezzi) che il fatturato delle imprese che esportano” ha spiegato Il Sole 24 Ore in un articolo di Giorgio Dell’Orefice.


Meno prodotto e prezzi che schizzano. Secondo alcuni osservatori l’aumento dei prezzi potrebbe valorizzare l’extravergine d’oliva. Non è così per il direttore dell’Assitol, l’associazione delle industrie olearie, Andrea Carrassi: ”In un quadro di crisi economica l’aumento dei prezzi non aiuterebbe il rilancio dell’extravergine con consumatori alle prese con l’inflazione (che incide pesantemente anche sui costi produttivi). Occorre lavorare sulla comunicazione con campagne che parlino dell’extravergine non come di un condimento qualsiasi ma puntino, attraverso gli assaggi e la leva del valore salutistico, su un prodotto succo delle olive e vero concentrato di proprietà benefiche e di gusto. In un anno difficile come questo ci auguriamo almeno una riduzione delle pressanti campagne promozionali che vedono spesso l’extravergine venduto sottocosto e come prodotto civetta. Anche la distribuzione dia una mano”.
 



Native | 2024-07-16 09:00:00
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