Altro che genitore 1 e genitore 2, qui abbiamo svoltato. E fluidi non sono solo i generi, ma anche i partiti. Perché in Sicilia, laboratorio genetico della politica italiana, è accaduto proprio questo. Ci sono due Forza Italia (o Forze Italie? Di questi tempi, come scrivi, sbagli). Difetta il raziocinio ma non la fantasia, si chiamano “Forza Italia 1” e “Forza Italia 2”. È tutto scritto, ufficiale. All’Assemblea Regionale Siciliana, il parlamento più antico del mondo – e anche quello con gli stipendi più alti – è accaduto questo miracolo che neanche la pecora Dolly. Ci sono due gruppi di Forza Italia. Due come le anime ormai inconciliabili del partito di Berlusconi in Sicilia.
Da una parte i “lealisti”, i fedelissimi del nuovo presidente della Regione, Renato Schifani. Dall’altra i descamisados guidati sempre da lui, Gianfranco Micciché, il plenipotenziario di Forza Italia nell’isola, che gode per carattere, è noto, nel mettere i bastoni tra le ruote al presidente di turno, prima Nello Musumeci – oggi neo Ministro del mare, ma senza mare – e adesso, appunto, Schifani, che credeva di averlo portato a ragione, e si attardava con lui in «incontri cordiali» e «riunioni proficue» fino a pochi giorni fa, salvo poi essere impallinato alla prima occasione utile in aula.
La spaccatura è talmente insanabile che se non si viene alle mani, tra colleghi forzisti, è solo per quel po’ di bon ton rimasto. Ma ci sono andati vicini. L’ultima è stata domenica, in occasione della festa di Fratelli d’Italia a Catania. A partecipare alla tavola rotonda sullo stato di salute del centrodestra, c’erano tutti, Miccichè compreso, che ha cominciato a sparare a zero sul suo governo, davanti gli assessori, uno dei quali, Marco Falcone, forzista anti Miccichè e come tale premiato con la delega all’Economia, non ha resistito e gliene ha dette di tutti i colori. Sono volati insulti, parole grosse e punti esclamativi.
Sei un imbroglione!
Devi andare a casa!
Guardati allo specchio!
Stronzo!
Miccichè ha abbandonato, infuriato, il palco, davanti a una platea di patrioti basiti.
Cosa agita i due gruppi di Forza Italia che si fanno la guerra pure su chi è il gruppo numero 1 e chi il numero 2, con i dissidenti che accusano i lealisti di essere loro quelli che rompono e viceversa? È davvero difficile da spiegare se non con la solita lotta per le poltrone e il potere, soprattutto sulla sanità siciliana, dove è lo stesso Miccichè, cioè colui che governa la Sicilia da almeno venti anni, che chiede alla Procura di turno di indagare. Gli avversari lo accusano di tutto: «Te ne devi andare. Fai accordi la notte, e di giorno accusi gli altri di occupare poltrone».
È una battaglia senza timore di colpi bassi. Miccichè, in questo senso è il vero leader dell’opposizione al centrodestra, roba che i Cinque Stelle sembrano dei miti osservatori di qualche organizzazione internazionale, in confronto. Ogni mossa è studiata per far innervosire l’avversario, fare saltare il tavolo comune. Sembra di risentire quell’adagio: più che nemici, erano fratelli. Ad esempio, da due mesi, dal fatidico 25 Settembre Gianfranco Miccichè occupa la doppia poltrona di Senatore della Repubblica e di deputato regionale. Carica incompatibile, ma lui preferisce essere defenestrato, che dimettersi, per tenere tutti in tensione fino all’ultimo. Ed è il collega deputato forzista – lealista Stefano Pellegrino ad attaccarlo, per il fatto che «percepisce scandalosamente due indennità».
Ci sono tatticismi che toccano l’esasperazione, come a Barcellona Pozzo di Gotto. Nella città in provincia di Messina travolta pochi giorni fa dalla pioggia e dal fango la politica studia non come aiutare famiglie e imprese per i danni subiti, ma se e quando …. riandare al voto. Nel collegio uninominale, infatti, è stato eletto un fedelissimo di Miccichè, Tommaso Calderone. Come Miccichè, anche lui è stato eletto in contemporanea nel parlamento regionale, e il suo capo lo vuole lì, a Palermo, nel fortino. Quindi si deve dimettere da deputato. Il che significa che in quel collegio, in primavera, i cittadini torneranno al voto.
Un giorno Miccichè dice «Non ho niente contro questo governo». Il giorno dopo lancia accuse pesatissime su appalti e nomine e fa mancare i numeri in aula per la variazione di bilancio. I lealisti invocano il commissariamento del partito, ignorando di fatto che Forza Italia ha da sempre, in Sicilia, un commissario voluto da Berlusconi, che è proprio Miccichè, l’unico che garantisce percentuali a doppia cifra per un partito ormai arrivato al capolinea. E forse è anche per questo che Silvio Berlusconi non interviene.
Come finirà è un mistero. C’è chi dice che la spaccatura è insanabile, c’è chi dice che le colombe prevarranno sui falchi, perché comunque essere al tavolo di chi comanda è sempre meglio che sbranarsi. Ma non si tiene conto del fattore x, quella corda pazza che, impregna di stranezza le cose di Sicilia, rende tutto alla stregua di una novella di Pirandello. E chissà che dopo Forza Italia 1 e Forza Italia 2 non spunti allora, per completare la tripletta, Forza Italia x.