Fiumi di droga che arrivavano in provincia di Trapani, all’ombra della mafia e della ndrangheta.
Diverse piazze di spaccio, a Trapani e Marsala, con due gruppi criminali che riuscivano a rifornire le due principali città della provincia. Nomi noti, altri meno nell’operazione antidroga coordinata dalla DDA di Palermo che ieri ha portato all’esecuzione di 29 misure cautelari, tra detenzione in carcere e arresti domiciliari. Sono però 49 le persone indagate nel grande traffico di droga scoperto dagli inquirenti e dagli agenti della Polizia di Trapani.
E molto di quanto scoperto si collega anche con l’ultima operazione antimafia Hesperia, che portò a 35 misure cautelari per esponenti delle cosche di Marsala, Trapani, Mazara, Campobello.
Ma quello che è stato scoperto è molto grosso, un canale del traffico di droga che parte dalla Calabria ed arriva fino alla provincia di Trapani ed a Marsala.
I reati contestati agli indagati sono di associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti; detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti; ricettazione e detenzione di armi e munizioni. Centinaia i poliziotti delle squadre mobili e delle unità cinofile ieri mattina sono stati impegnati nelle operazioni.
Gli arrestati
in carcere sono finiti: Antonino, Francesco, Giuseppe, Giuseppe Felice Beninati; Leonardo Casano; Michael Criscenti; Angelo D'Agostino; Francesco Di Bartolo; Massimo Ferrara; Filippo Giacalone; Gianfranco Gianni; Vincenzo Gigante; Ottavio Monaco; Filippo Raccuglia; Francesco Ruggirello; Giuseppe Salerno; Carmelo Schifano; Antonino Tranchida.
Arresti domiciliari, invece, per Cristian Balistrieri; Irene Di Girolamo; Pietro Paolo Marino; Domenico Mauro; Vincenzo Mazzola; Maria Grazia Pirrotta; Giuseppa Prinzivalli; Leonardo Rubino; Salvatore Tranchida.
Due gruppi criminali
A detenere il monopolio della droga a Trapani, a tal punto da prospettare l'istituzione di un “cartello” sulla falsariga dei narcos colombiani, erano due organizzazioni, ben articolate e collegate tra loro, sgominate all'alba di oggi dalla polizia. Le indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, hanno preso il via in seguito all'operazione Reset, culminata nel 2019 nell'esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare nei confronti di diversi componenti della famiglia Beninati.
Il gruppo del “Bronx”
Di un gruppo faceva parte la famiglia trapanese Beninati da tempo egemone in città nei traffici di sostanze stupefacenti, in particolare, nel popolare quartiere Fontanelle detto il Bronx.
A guidare il sodalizio, Giuseppe Felice Beninati che avrebbe organizzato più “piazze” di spaccio all'interno del rione e in prossimità del quartiere Sant'Alberto. Piazze divenute il punto di riferimento per centinaia assuntori di sostanze stupefacenti.
Giuseppe Felice Beninati oltre ad approvvigionarsi di cocaina da Giuseppe Salerno, si riforniva della stessa sostanza, ma anche di hashish. dal pregiudicato Massimo Ferrara, ma anche dai palermitani Filippo Raccuglia e Vincenzo Mazzola.
Dalle indagini, inoltre, è emersa una collaborazione tra Giuseppe Salerno e Leonardo Casano, pluripregiudicato ritenuto vicino alla famiglia mafiosa marsalese, raggiunto, lo scorso mese di settembre, da una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nell'ambito dell'operazione Hesperia.
Il figlio del boss
A capo di uno dei due gruppi smantellati, infatti, c'era Giuseppe Salerno, figlio di Carmelo esponente della “famiglia” di Paceco e dello stesso sodalizio faceva parte anche Gianfranco Gianni già condannato in quanto ritenuto affiliato a Cosa nostra.
Il figlio dell'uomo d'onore pacecoto, assieme ad altri complici, aveva il compito di provvedere all'approvvigionamento di droga, attraverso la raccolta di denaro e l'organizzazione dei viaggi in Calabria dove, secondo le risultanze investigative, era a contatto con soggetti ritenuti vicini alle ndrine, la cosca dei Pesce, che operano nel rosarnese.