Perdita di tempo e disagi, o diritto sacrosanto? Si accende il dibattito a Marsala sulle tante assemblee sindacali a scuola nel giro di poco tempo.
Alcuni giorni fa abbiamo pubblicato la lettera di una mamma di Marsala che faceva notare come nelle ultime settimane ci siano state diverse riunioni sindacali a scuola. In questi casi succede che le lezioni sono garantite fino alle 10 o al massimo alle 11. Poi gli studenti possono tornare a casa. Ma per molti genitori, soprattutto con i figli più piccoli, è un vero e proprio disagio, perchè la fine delle lezioni in pieno orario lavorativo complica la vita a mamme e papà che lavorano. Spesso si opta per non mandare i figli a scuola per appena due ore. Ma chi bada ai bambini? Chi può permetterselo ha la baby sitter. E gli altri? Senza considerare le tante ore di lezione perse dagli studenti, che già arrivano da due anni di pandemia e molti mesi di DAD.
I lavoratori della scuola hanno diritto a 10 ore annuali di assemblea sindacale. Qui una guida del sito specializzato Orizzonte Scuola.
Fermo restando il diritto alle riunioni sindacali, il disagio raccontato dalla mamma è stato condiviso da molti altri genitori in questi giorni e questa situazione ha generato un vivace dibattito, soprattutto sui social.
L’ex dirigente scolastico dell’Istituto Professionale Industriale di Marsala, Giudo Di Giovanni, ha scritto alla nostra redazione sottolineando un altro aspetto molto pimportante. “Quanti docenti partecipano alle assemblee, ovvero se tutti quelli che firmano per partecipare poi vanno veramente all'assemblea o se ne vanno a casa o a fare la spesa. Io ex preside dell'Istituto Professionale e Industriale di Marsala, posso dirle che più di una volta ho fatto l'accertamento di quanti docenti partecipavano alle assemblee e l'esito è stato devastante, solo una sparuta minoranza, al di sotto del 10% era all'assemblea, la stessa cosa mi risulta fu constatato da altri colleghi. Ho avuto pure uno scontro verbale con un sindacalista cui ho chiesto se facevano un riscontro tra chi era presente e chi aveva chiesto di partecipare, mi è stato risposto che la partecipazione era un diritto ma un dovere (sic!). Non aggiungo altro perché rischierei di essere offensivo”.
Dicevamo che si è scatenato un acceso dibattito sui social.
C’è chi maledice le riunioni sindacali per le complicazioni di organizzazione della propria giornata lavorativa. “Spesso lavorando viene difficile prendere i bambini in un orario in metà mattinata” scrive un genitore. “Vero che il diritto sindacale spetta, ma tre volte in meno di due mesi e a inizio anno scolastico è solo vomitevole” rincara un’altra mamma.
“La cosa che più mi rattrista é il consenso dei genitori che, deliberatamente, decidono assenze di massa per due giorni, ledendo il diritto all'istruzione dei bambini che potrebbero andare” aggiunge un genitore. C’è chi ci vede una tattica nel fare le assemblee sindacali per fare ponte a cavallo delle festività.
E poi ci sono gli stessi insegnanti che difendono il diritto a riunirsi in assemblea.”Le insegnanti che aderiscono alle assemblee sindacali lo fanno per essere informate, per discutere della propria professione e per cercare soluzioni ai problemi della categoria.
Sono 10 ore annue, ricadono (questa volta) tutte nello stesso mese perché è adesso il momento cruciale per sviscerare ed affrontare le nostre problematiche. Lo sa da quanti anni aspettiamo il giusto riconoscimento economico e professionale?
Lo sa quanto sarà il nostro aumento mensile? E gli arretrati per un contratto firmato dopo anni dalla naturale scadenza e peraltro solo in parte? Lo sa quanto un docente ricava dal taglio del cuneo fiscale? Lo sa quante ore di lavoro sommerso i docenti fanno, senza retribuzione?
Ecco, questi sono i temi che si discutono in un assemblea sindacale di categoria” è la risposta di una docente alla lettera della mamma.
Le posizioni sono ovviamente opposte. Ci sono due diritti che si contrappongono, quello alle riunioni sindacali dei lavoratori della scuola e quello al lavoro dei genitori. In mezzo ci sono loro, i bambini e i ragazzi, che devono aver garantito in qualche modo il diritto allo studio.