Egr. Direttore
in seguito alla lettura del vostro articolo dal titolo “La praticante, il notaio, l’estorsione tra fratelli. Il processo a Trapani”, la dott.ssa Irene Dioguardi ha conferito incarico allo scrivente per precisare e richiedere quanto segue.
Preliminarmente è necessario precisare che mai la mia assistita ha fatto uso di “droga” e che mai è stata coinvolta in alcun tipo di procedimento penale, tantomeno per fatti di droga.
Il processo a Trapani, oggetto di cronaca giudiziaria, riguarda tutt’altro e nel suo ambito la dott.ssa Dioguardi è mera testimone e sua madre è persona offesa, costituita parte civile.
Le “accuse ad Irene sulla droga” cui l’articolo fa riferimento, altro non sono che illazioni (dall'articolo amplificate), destituite di qualsiasi fondamento, contenute in lettere anonime inviate -sin dal 2015- con finalità estorsive alla di lei madre e dalla stessa prontamente denunciate alle autorità competenti.
L’articolo in questione riporta persino, uno stralcio di una intercettazione telefonica sul tema della droga.
Ebbene, ribadito che l'intercettazione è stata disposta nel corso di una indagine nei confronti di terzi e non della mia assistita, si precisa che, se la trascrizione di tale intercettazione fosse stata letta nella sua interezza, avrebbe rivelato il chiaro tono scherzoso della conversazione, giustificato dalla necessità di smorzare la drammaticità del momento che la mia assistita stava vivendo, caratterizzato da continue e convulsive lettere anonime aventi come unica finalità quella di destabilizzare la medesima, nonché il suo nucleo familiare.
La “voce Maschile”, per nulla "misteriosa", appartiene ad un soggetto al di sopra di ogni sospetto e del quale non si fa il nome in questa sede, per ovvie ragioni di privacy.
È evidente che quest'ultimo, qualora la circostanza fosse stata d’interesse per il corso delle indagini, poteva essere facilmente individuato dagli organi competenti.
Appare singolare che l’articolo, incentrato su illazioni e particolari attinenti alla sfera privata della mia assistita, è stato diffuso poche ore prima della celebrazione di una udienza dibattimentale, per gravi fatti di reato contestati a terzi, nell’ambito del quale la dott.ssa Dioguardi doveva essere sentita quale testimone. Ciò anche in considerazione che la sua testata giornalistica, mai prima, si era occupata di tale procedimento penale, giunto tra l'altro ad una fase molto avanzata del dibattimento.
L’articolo contiene inoltre pubblicazioni di dichiarazioni rese dalla dott.ssa Dioguardi in sede di sommarie informazioni testimoniali innanzi al P.M. e contenute nel fascicolo del P.M..
La pubblicazione, anche parziale, di atti contenuti nei fascicoli d'ufficio è vietata dall’art. 114, comma 3, c.p.p. . Ciò a tutela del libero convincimento del Giudice e del corretto andamento della giustizia.
Il sottoscritto difensore, pertanto, è stato incaricato di accertare se la predetta pubblicazione di atti d’indagine attraverso il vostro articolo, abbia integrato reati e, in caso positivo, d’individuare eventuali autori.
Nell’attesa dell’espletamento di tali approfondimenti, nell’interesse della mia assistita e del corretto e sereno andamento della giustizia, le chiedo gentilmente di voler rimuovere dal contenuto dell’articolo tutte le pubblicazioni di parti di atti compendio dei fascicoli d’ufficio e di evitarne la futura pubblicazione.
La prego infine di voler pubblicare la presente missiva per le precisazioni che essa contiene.
Grazie per la sua collaborazione e cortese attenzione.
Cordialmente
Avv. L.E.Cassata
La nostra redazione si è limitata ad esporre il caso - evitando espressioni irriguardose - sapendo che la vicenda è singolare ed interessa personaggi noti a Trapani. Abbiamo utilizzato il materiale e gli elementi a nostra disposizione, chiarendo ruoli e posizioni, e tenendo presente che la prova si forma nel processo. Siamo sempre disponibili ad ospitare integrazioni, rettifiche e quant'altro, nell'interesse dei lettori (gdg).