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14/11/2022 06:00:00

La diaspora dei trapanesi: verso il nord Italia e all'estero ... 

 Come ogni anno, il Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes, organismo della Conferenza Episcopale Italiana,  ci fornisce un’interessante fotografia dei flussi migratori, ribaltando così la prospettiva sulla questione migranti. Perchè non stiamo parlando di "clandestini", "confini da difendere", "taxi del mare" od altro. Stiamo parlando di migranti in un altro senso: cioè, i migranti siamo noi. 

Nel 2022 oltre 5,8 milioni di italiani risiedono all’estero, il 9,8% dei 58,9 milioni residenti in Italia. Di questi 5,8 milioni il 13,8%, vale a dire più di 800mila, sono partiti dalla Sicilia, in larga misura giovani. Se consideriamo che i siciliani residenti nell’isola sono 4,8 milioni, ne deduciamo che la Sicilia si spopola e si conferma terra di migranti. È, infatti, al primo posto tra le regioni italiane per numero di partenze.

… E Trapani?

I dati, anche se percentualmente inferiori all’aggregato regionale, rivelano una vera e propria diaspora. Infatti, oltre 6.300 trapanesi risiedono all’estero. Ad oggi la popolazione residente nel capoluogo equivale a poco più di 55mila abitanti, 80mila se includiamo anche la frazione di Casa Santa appartenente al comune di Erice. In ogni caso, una popolazione in caduta libera, se pensiamo che solo 10 anni fa gli abitanti erano 10.000 in più. La provincia arriva a contare, invece, oltre 430mila abitanti, di cui circa 21.000 stranieri. Ebbene, nel 2022 gli iscritti all’A.I.R.E.l’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero, provenienti dall’intera provincia di Trapani sono poco meno di 48.000: l’incidenza sulla popolazione è, quindi, del 11%, al di sopra della media nazionale. Come se un’intera città, ad esempio Alcamo e dintorni, di colpo si spopolasse. Sono soprattutto i giovani ad andare oltre confine; la maggior parte di loro ha, infatti, tra i 18-34 anni (23%) e tra i 35-49 anni (21,7%). Stando all’aggregato regionale si va prevalentemente in Germania, Belgio, Argentina, Svizzera, Francia, USA.

Ma da Trapani, si sa, non si parte solo per andare all’estero ma anche per trasferirsi nelle altre regioni del nostro Bel Paese, in particolare quelle situate al centro-nord. E, a ben vedere, i residenti effettivi potrebbero essere anche di meno, se consideriamo tutta la platea di studenti fuori sede che mantengono la residenza nella loro città d’origine ma che vivono, di fatto, in altri centri urbani. O coloro che non sono ancora iscritti all’A.I.R.E. Se a questo sommiamo il crollo della natalità, fenomeno che interessa trasversalmente tutta l’Italia, le conclusioni che ne possiamo trarre non sono di certo le migliori.

Ma cosa vuole dirci questa regressione demografica? Volendo interpretare i dati raccolti, la disoccupazione e l’assenza di percorsi di studio professionalizzanti sembrano essere i primi motivi per cui si va via dalla nostra città, più che la libera scelta. Lo studio prima e il lavoro poi conducono a mettere radici, a costituire dei giovani nuclei familiari altrove. E Trapani, così, si spopola e invecchia.

Quali potrebbero essere i rimedi per invertire questo trend? La ricetta è lunga e richiede l’intervento delle istituzioni, a cui però è stata data un’opportunità: il PNRR. Ricordiamo che a Trapani è andato il primato nazionale per abitante per la capacità di intercettare finanziamenti del PNRR che, con un orizzonte temporale al 2026, può rivelarsi una delle misure più innovative degli ultimi decenni, ed è quindi indispensabile fruire di tutte le risorse disponibili. Anche per frenare la diaspora e agevolare il rientro dei nostri concittadini.

Un’ultima riflessione: la crisi pandemica ci ha dimostrato che molti lavori possono essere svolti in smart working, talvolta meglio e più efficacemente che in presenza. In Sicilia è nato il progetto di promozione sociale “South Working”, che stimola e studia il fenomeno del lavoro agile da una sede diversa da quella del datore di lavoro o dell’azienda, in particolare dal Sud Italia e dalle aree marginalizzate. Che il south working possa essere una spinta anche per tanti trapanesi a ripopolare la loro città d’origine portandovi, allo stesso tempo, competenze scarsamente reperibili?



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