Processo a Borrometi. Parla Giarrusso ... e cala il gelo in aula
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Dall’aula del Senato al banco dei testimoni del Tribunale di Ragusa. Inizia così la nuova stagione di vita dell’ex senatore grillino passato a Italexit, Mario Michele Giarrusso. L’ex senatore chiude in grande stile la rosa dei nomi della lista testi chiamati dalla difesa di Paolo Borrometi, imputato per diffamazione aggravata dal mezzo stampa ai danni del signor Franco Mormina.
Breve riassunto. Sul suo sito laspia.it Borrometi titolava l’1 dicembre 2018: “Il capomafia di Scicli inaugura le sale scommesse in Città” riportando la foto di Mormina insieme a Manuel Colaceci, titolare dell’attività, mentre simulavano l’accensione della luce premendo simultaneamente l’interruttore. “Franco Mormina detto u Trinchiti, capomafia di Scicli, inaugura sale scommesse nella città di Montalbano, con tanto di selfie e post su Facebook con tanto di like”, scriveva. “Mormina, il boss e capomafia sciclitano (per le Relazioni della Direzione Nazionale Antimafia e della Direzione Investigativa Antimafia) - precisava - è tornato in libertà dopo una condanna a 11 anni riformata in appello a oltre 7 anni perché per la Corte d’Appello era ‘incompatibile con le condizioni carcerarie’ per i suoi problemi di ipertensione”.
A dare maggiore risonanza all’articolo di Borrometi interveniva l’allora sen. Mario Michele Giarrusso, già componente della Commissione Nazionale Antimafia, che in aula, su espressa domanda della difesa dell’imputato rappresentato dall’avv. Luca Licitra confermava con assoluta certezza di avere letto nelle relazioni della Direzione Nazionale Antimafia e della Direzione investigativa Antimafia che “Franco Mormina, boss e capomafia sciclitano è stato condannato, con sentenza, a 7 anni di reclusione, sottoposto a detenzione e rimesso in libertà, per incompatibilità con le condizioni carcerarie, per problemi d’ipertensione”, per come riportato nell’atto parlamentare. «Esattamente. L’interrogazione viene fatta e le faccio in base alle documentazioni ufficiali, quindi con documentazioni che non sono soltanto gli articoli di stampa ma le relazioni degli organi preposti che sono appunto la DIA e la Procura Nazionale Antimafia. Il soggetto in questione (Franco Mormina, n.d.a.), appariva in queste relazioni e veniva indicato come soggetto condannato a sette anni di reclusione e, per altro, rimesso in libertà per incompatibilità con le condizioni carcerarie per problemi di ipertensione», ha ribadito Giarrusso. «Una situazione gravissima! Un condannato per mafia a 7 anni, rimesso in libertà per motivi di salute inaugura sale giochi».
Incalzato dal legale della persona offesa, l’avv. Michele Savarese, l’ex sen. Giarrusso spiegando le ragioni che hanno portato a indirizzare l’atto parlamentare anche al Ministero della Giustizia, oltre al Ministero dell’Interno, ha precisato: «Il Ministero della Giustizia non era pertinente alla presenza (di Franco Mormina all’inaugurazione, n.d.a.) ma al fatto che un soggetto condannato per mafia fosse scarcerato e libero di gestire i suoi affari malgrado avesse queste patologie così gravi da evitare la detenzione». Chi gli aveva riferito della condanna per mafia del signor Mormina? «Le relazioni della DIA e le relazioni della Procura Nazionale Antimafia», ha dichiarato in sede di controesame. L’avv. Savarese, quindi, incalza: «Nelle relazioni della DIA e della Procura Nazionale Antimafia viene fatto espressamente il nome di Franco Mormina?». Senza scomporsi di un solo millimetro l’ex sen. Giarrusso conferma ulteriormente: «Le ho citate. Quindi, evidentemente, sì», trovando però la smentita in aula del legale: «E invece no. Non viene fatto il nome di Franco Mormina».
Cala il gelo in aula.
Quindi, l’avv. Savarese ricorda all’ex parlamentare e avvocato di professione che: «Per quanto riguarda l’appartenenza alla criminalità organizzata di stampo mafioso è l’autorità giudiziaria che decide se lo stesso appartiene o no a tale organizzazione criminale. Ha letto sentenze in cui Mormina Franco era stato giudicato dall’autorità giudiziaria appartenente alla criminalità organizzata di stampo mafioso?». Il senatore, sotto giuramento, ammette di non avere letto alcuna sentenza e, se in precedenza stabiliva con assoluta certezza di avere appreso della condanna di Mormina per mafia dalle relazioni della DIA e della Procura Nazionale Antimafia, rimanda alle relazioni del Prefetto la lettura dell’informazione, aggrappandosi quindi, alla segretezza del documento per trincerarsi dietro la loro inaccessibilità: «Quando la Commissione Antimafia viene sui territori abbiamo delle relazioni fatte dalla Prefettura che sono secretate come tutte le attività fatte in trasferta dalla Commissione Antimafia. Io ho visionato la relazione che ha fatto il Prefetto e che poi deposita in maniera cartacea alla Commissione Antimafia e questa relazione è secretata».
Abbiamo appurato che nelle relazioni della DIA del 2017 pubblicate nel 2018 - anno in cui avviene l’inaugurazione dell’Internet Point, impropriamente definito centro scommesse e sala giochi - non viene riportato per esteso il nome del signor Franco Mormina, né dei suoi familiari più prossimi. Il Prefetto di Ragusa, contrariamente a quanto affermato dall’ex senatore Giarrusso che da parlamentare sconfitto all’ultima tornata elettorale tornerà a esercitare la professione di avvocato, non avrebbe mai potuto riferire alla Commissione Nazionale Antimafia di una condanna per mafia del signor Franco Mormina per un motivo molto semplice: già in primo grado di giudizio, con sentenza del 2016 - perciò 2 anni prima dell’inaugurazione dell’Internet Point - era decaduta l’aggravante dell’associazione mafiosa per cui Franco Mormina e altri erano imputati. E il paradosso che arricchisce anche questo caso di un inaspettato colpo di scena è che a darne notizia, a suo tempo, fu anche Paolo Borrometi con un articolo datato 11 luglio 2016....
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