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24/10/2022 06:00:00

Marsala, Gaspare Rubino: "Il "Paolo Borsellino" annientato in 24 ore. Difficile farlo ripartire dopo il Covid" 

 Gaspare Rubino, primario del reparto di Cardiologia dell’ospedale “Paolo Borsellino” di Marsala. L’ospedale marsalese è un Covid Hospital o no?

C’è una direttiva regionale molto chiara, il 14 luglio è stata recepita la direttiva nazionale che abolisce il Covid Hospital. Faccio una piccola premessa, intervengo in qualità di componente del circolo di Fratelli d’Italia e ringrazio il presidente Michele De Bonis e il componente del circolo Lele Pugliese. Auguro un buon lavoro al neo commissario dell’Asp di Trapani che è subentrato a Zappalà, perché sono sicuro, non si aspettava di trovare un’azienda sanitaria di Trapani distrutta, non solo dal Covid. Questa azienda sanitaria era come una sorta di fiore all’occhiello fino alla direzione di Fabrizio De Nicola, nominato dall’assessore Russo. Questa azienda era presa da riferimento in tutta la Sicilia. Con la "legge 5" si riorganizza tutto. La Sanità con questa legge doveva essere organizzata a tutti livelli attorno ai cittadini.

Questa legge è stata disattesa.

Il più delle volte è disattesa. C’è il vizio di prevaricare, sia dei medici che dalla politica che fa da spalla. 

La cardiologia di Marsala è un reparto di eccellenza, in cui i familiari vengono rassicurati, nonostante la gravità della situazione. Ci sono dei medici aperti al dialogo e una struttura adeguata.

Io ho un rapporto affettivo con la struttura, con il reparto e con l’ospedalizzazione. Io ho fondato la prima Utic a Mazara. Sono stato dieci anni a Mazara e il 9 marzo del 1996 mi sono trasferito a Marsala. L’allora assessore alla Sanità Massimo Grillo, oggi sindaco della città, mi chiese una mano d’aiuto per aprire questo reparto. Dal “San Biagio” ci siamo spostati al “Paolo Borsellino” ci siamo spostati con grandissima difficoltà. Non si riusciva a trasferirci e l’allora sindaco Carini, che si è preso una grandissima responsabilità, dichiarando il “San Biagio” inagibile, solo così siamo riusciti a sradicarci dall’imbrigliamento burocratico e passare al nuovo ospedale, che è la “Ferrari” ospedaliera di questa provincia. Una sera ho incontrato il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, che aveva il fratello ricoverato nella nostra Urologia, e Orlando disse: “l’avessi io un ospedale così bello a Palermo”, è bello strutturalmente, è pensato come un ospedale, ed è moderno. Quello di Trapani, ad esempio, è datato e lo si tiene aperto solo perché lo si vuole tenere aperto, perché è l’ospedale del capoluogo di provincia, è fuori standard, ma per molto meno hanno chiuso l’ospedale di Mazara. Io spero che l’azienda provveda, c’era un bel progetto, Trapani merita un ospedale nuovo.

Dottore Rubino, l’ospedale di Marsala è indicato come Dea di 1° Livello in realtà non lo è. Quanti reparti ad oggi mancano e come potrebbero essere potenziati?

Quando siamo partiti nel 2009/2010 eravamo sotto organico medico e infermieristico, avevamo sempre difficoltà di uomini e ma non di mezzi. Ora tutto ci potevamo aspettare, ma non che il “Paolo Borsellino” fosse regalato al Covid. L’azienda sanitaria ha annientato il suo gioiello in 24 ore. L’unica cosa che abbiamo potuto trasferire all’ospedale è stata l’Urologia e l’Ortopedia. E’ rimasta aperta come no Covid la Pediatria, la Ginecologia e l’Ostetricia e un percorso di pronto soccorso di pazienti non Covid. Devo dire a tutti i cittadini di Marsala e non che quando vanno al pronto soccorso di Marsala, incontrano dei professionisti e delle persone, donne e uomini eccezionali. Io devo fare un grande plauso agli oss, agli ausiliari, agli infermieri e a tutti i medici che negli ultimi due anni, spesso e volentieri si sono demansionati, giornalmente, e non si sono creati problemi. Quelli che siamo rimasti, siamo stati demandanti ad una cosa importante, indubbiamente, ma non si può sciupare una “Ferrari”, si poteva prendere una “utilitaria”, una “macchina di media cilindrata”.

L’ospedale di Salemi poteva andare bene?

Non entro nel merito, so soltanto che l’allora direttore generale non aveva proposto Marsala, ma poi è spuntato Marsala, non lo so perché e per come. E’ stata una scelta, scellerata, ma lo è stata.

Come si rimette in moto questa “Ferrari” che era il “Paolo Borsellino”?

E’ difficilissimo. Noi prima del Covid avevamo carenza di specialisti in tutte le branche. Anestesisti, ma non solo, anche medici di pronto soccorso. E questa carenza dopo due anni si è aggravata perché con la legge del 1992 bisogna avere una specialità per entrare in ospedale. Chi doveva programmare, la politica, non ci ha pensato, ci sta pensando solo adesso.

Manca anche il ricambio generazionale. I medici che oggi sono in ospedale, in molti sono over 50.

Si è aggravato ulteriormente, perché negli ultimi dieci anni è stato limitato il ricambio di chi andava in pensione per motivi finanziari. E di questo grosso autogoal oggi lo Stato se n’è accorto nel periodo della pandemia.

C’è anche la volontà da parte dei medici di scegliere la sanità privata piuttosto che quella pubblica?

Indubbiamente, perché lavorare negli ospedali è come lavorare in un girone dantesco di tipo infernale. I giovani hanno una mentalità diversa. Non hanno il senso dell’appartenenza e del lavoro in ospedale e del sacrificio. Credono di avere in mano metodiche strumentali, senza sapere che devono fare una grande gavetta clinica in trincea. Volevo invitare la gente a rispettare gli operatori, e se trovate delle mancanze è perché sono stanchi e stressati. Ci sono ragazzi che fanno due, tre turni di fila e non riescono a recuperare e sono delle persone splendide.

Quante sale operatorie ci sono al “Paolo Borsellino” di Marsala?

E’ l’unico complesso operatorio della provincia con cinque sale operatorie. E’ stato letteralmente distrutto, perché trasformato in rianimazione Covid. Poi le cose si possono sistemare e si sono sistemate, ora abbiamo un complesso di nuovo come prima, con cinque sale operatorie. L’azienda sta facendo di tutto per farlo ripartire, ma non riparte. In questo momento del bisogno il personale non è spalmato in modo equo. La stessa cardiologia, prima del Covid aveva 12 cardiologi, tre sono saltati durante il Covid e si sono dimessi, altri tre non sono stati mai sostituiti.

Quanti cardiologi ci sono oggi?

Quattro più io che, anziché, fare il direttore faccio il cardiologo come i miei, restando sempre giovane, faccio le notti come i miei. In cinque riusciamo a mantenere una guardia singola. Lo scorso 18 maggio, senza aiuto di personale, per volontà dei miei ragazzi, che devo menzionare: i dottori Giuseppe Pellegrino, Vincenzo Aliotti, Manuela Laudicina e Ketty Ingianni, nonostante avevamo gestito 19 posti Covid per un anno, abbiamo anticipato la norma regionale, in accordo con Pietro Colletti primario delle Malattie Infettive.

Se dovessimo disegnare la messa a punto del “Paolo Borsellino”, da dove partiamo e quali reparti spingiamo di più? Al settimo piano non c’è più l’oculistica?

L’oculistica sta riprendendo. Di recente è arrivato un oculista in aiuto a La Valle. Da un anno abbiamo perso il direttore sanitario e abbiamo in direzione un collega che è Gaspare Oddo. Si è ritrovato a trattare con colleghi più anziani di lui e con il suo tratto umano, la sua intelligenza e diplomazia, siamo riusciti a fare squadra. Ogni reparto specialistico di ogni ospedale della provincia se gli capita un paziente Covid lo può ricoverare tranquillamente. Ma succede, però, che una cosa è la norma, una cosa è l’applicazione. Oggi abbiamo 12 ricoverati Covid al “Paolo Borsellino”, ma sono tutti provenienti da altri ospedali. Il rischio del nostro ospedale è che resti marchiato a vita come ospedale Covid. Anche perché gli ultimi concorsi di specialisti, che hanno vinto i posti di ruolo in Asp Trapani, sapendo che il “Paolo Borsellino” è un ospedale Covid, così oggi viene riconosciuto, e pubblicizzato in giro, come “vox populi”, preferiscono andare in altri ospedali.

Medicina e Chirurgia sono ripartiti?

Sono ripartiti ma un po’ legati, perché non fanno interventi di livello e di rischio anestesiologico, perché abbiamo la rianimazione che, nonostante da mesi non abbia più pazienti Covid, rimane bloccata.

C’è una volontà politica nel lasciare bloccato l’ospedale di Marsala?

Non credo ci sia una volontà politica, non c’è attenzione. Si dà molto agli altri ospedali e poco all’ospedale di Marsala. Nei momenti di necessità una buona azienda deve ripartire le risorse in modo equo. Bisogna cercare di consolidare le basi. Non si possono fare progetti faraonici come quello che stanno facendo a Castelvetrano, con una nuova sala di emodinamica che serve solo ogni tanto, va fatta se apre in h24.

Il quadro non è confortante. Ci vorrà tanto tempo per far ripartire l’ospedale Marsalese?

Ci vorrà tanto tempo, soprattutto per riprendere quello di cui il cittadino ha bisogno: l’accesso alle cure. Questo diritto, da due anni e mezzo/tre i cittadini del circondario di Marsala non ce l’hanno più.

Ci sono lunge liste d’attesa?

Enormi, cioè, non ci sono attività e si deve andare negli altri presidi che già sono oberati per la carenza di organico. C’è una popolazione che non trova risposta. La trovava prima, quando avevamo tre ambulatori, ad esempio, nei quali seguivamo trecentocinquanta scompensati. Questo serve per abituare la gente al rapporto con la malattia, ad ottimizzare la terapia, ad evitare le riacutizzazioni e le ospedalizzazioni. Nel post Covid, le direttive parlano di attenzionare i periodi post acuti, noi siamo bravissimi nelle emergenze cardiologiche, ma perdiamo i pazienti negli anni a seguire, ed è importante che si riformino reparti come quelli che aveva il “Paolo Borsellino”.



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