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02/10/2022 06:00:00

Costante divenire 

 Una settimana appena trascorsa, tante sollecitazioni che per prendere forma scritta non aspettano che essere tradotte in una serie di caratteri spazi accenti segni di interpunzione; dettate dall’osservazione ovvero la poca attenzione su un fatto enorme come quanto sta accadendo in Iran.

Riprendo in mano un libro di un fotografo iraniano, membro di Magnum Photos - lui è Abbas Attar, il mondo lo conobbe come Abbas semplicemente. Umanista, l’uomo al centro della sua ricerca di una vita e raccontò l’Iran con l’arrivo di Khomeyni fin dalla rivoluzione islamica, e guardare quelle fotografie oggi quasi a dirci “ io l’avevo detto…” dove si sarebbe finiti.

Ogni mia fotografia dovrebbe funzionare anche da sola, ma è visualizzandola insieme alle altre che acquista maggior valore. (Abbas)

E questo sfogliare pagine, guardare fotografie - col tempo che è trascorso - che deve imporre un ragionamento semplice, basico: quanto oggi accade in Iran non è un problema loro che leggiamo forse distratti tra un social e una free press. Il velo lo abbiamo dentro casa da anni, la globalizzazione ci ha fatto conoscere culture altre e spesso queste mal collimano con le nostre leggi con il rispetto su tutto della persona, in questo caso della donna.

In Italia, da sempre sui giornali sui tg gli esteri - guerra in Ucraina a parte - fatica a farsi spazio nel menabò delle notizie, all’indomani delle elezioni poi, ma basta fare un giro su BBC, CNN, Al Jazeera, Reuters e capire che la Repubblica Islamica in Iran è messa alle corde da un’onda lunga di protesta che è partita con gli omicidi di Mahsa Amini 22 anni dopo l'arresto della polizia morale, con Hadis Najafi, 22 anni, raggiunta da 6 proiettili mentre protestava in piazza.

Si protestava per fame, si protestava per i diritti minimi negati e subito la violenza metteva una pietra tombale a questi moti di piazza; oggi è diverso, alle donne agli studenti si uniscono gli uomini, è diverso è un fatto sociopolitico non più eludibile e nel caso in cui se ne abbia la necessità di una conferma, capiamo sempre più come respirare democrazia sia normale in occidente (non in tutto l’occidente), e da lì ci chiedono ci supplicano di aprire finestre al nostro quotidiano.

Nelle nostre scuole - sempre piene di progetti - il tema è sentito, studiato?Non mi sembra aver visto manifestazioni in tal senso. I professori alimentano questo flusso incessante di immagini di notizie che pur filtrate arrivano da noi? Ho come l’impressione che non si abbia più la necessaria capacità di sdegno: volti pagina e via altro. La scuola è la base del nostro sapere, forse dovrebbe cedere il passo - come in questo caso - a progettualità in corso e guardare oltre per capire cosa accade, e i gesti il manifestare - i vecchi cari sit-in improvvisati (oggi flash mob) non sono solo esercizi di stile.

Ci siamo assuefatti al peggio? Non credo, c’è solo un flusso enorme di informazione e minima capacità di andare a fondo, di analisi. E in questo si deve vedere la centralità della scuola, aderente al quotidiano anche se a migliaia di chilometri da casa.

E finalmente ieri a Roma e a Milano ci sono state manifestazioni di piazza con la giusta solidarietà dovuta, a chi antepone ideali giuste richieste di normalità a costo della propria vita.

Da pochi mesi è uscito un saggio di Giuliana Sgrena per i tipi de il Saggiatore (Donne ingannate_Il velo come religione, identità e libertà): sono riflessioni di chi quel mondo lo ha vissuto con i suoi reportage, lo ha studiato, sono pagine che senza mezzi termini affonda un certo Occidente: è un pamphlet che la cronaca ci obbliga a comprare se vogliamo capirne di più. Ieri l’altro nella rassegna di Radio 24, Simone Spetia segnalava un video di una ragazza “iraniana, persiana” Tareneh Ahmadi, guardatelo.

Quella ragazza siamo noi, proviamo a essere meno indifferenti, e ai professori chiedo di far vedere questo video dura un minuto e mezzo: entrate in classe nei prossimi giorni e mostratelo.

Marco Aime in Eccessi di culture_Einaudi editore_ pone l’accento su tema del confronto “A incontrarsi o a scontrarsi non sono solo culture, ma persone. Se pensate come un dato assoluto, le culture divengono recinto invalicabile, che alimenta nuove forme di razzismo. Ogni identità è fatta di memoria e oblio. Più che al passato, va cercata nel suo costante divenire”.

Non è utopico un divenire diverso, siamo noi a deciderlo con il fare, ogni giorno.

 

giuseppe prode



La Rubrica di Prode | 2024-11-24 06:00:00
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