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01/10/2022 09:02:00

Presunto caso di malasanità per una marsalese. Altro medico verso l'archiviazione

 Continua la battaglia dell’ex preside Chela Vinci per avere giustizia per la morte della figlia, Maria Vita Curatolo, deceduta a 40 anni per un presunto caso di malasanità il 19 novembre 2012.

Ma adesso, già stoppato dalla prescrizione il processo a cinque medici del reparto di Neurochirurgia degli Ospedali Riuniti Villa Sofia e Cervello accusati di omicidio colposo in concorso, è ad un passo dal nulla di fatto anche il processo ad un medico dell’ospedale di Padova, il professor Renato Scienza, accusato dello stesso reato per il medesimo caso. Il 3 settembre 2012, a Padova, il professor Scienza effettuò un intervento chirurgico sulla sfortunata paziente marsalese, asportando un meningioma cervicale. Ma la Procura di Palermo ha nuovamente chiesto l’archiviazione del procedimento penale a carico del medico.

Archiviazione a cui, davanti al gip Filippo Serio, si è ancora una volta opposta la parte civile, l’ex preside “Chela” Vinci, rappresentata dall’avvocato Maurizio D’Amico. Sull’opposizione all’archiviazione il gip si deve ancora pronunciare. Ma anche in questo caso incombe lo stop per prescrizione. Per la parte civile, il medico dell’ospedale di Padova dimise “prematuramente” la Curatolo (poi deceduta a Palermo il 19 novembre 2012), mentre una “tempestiva diagnosi di infezione avrebbe potuto indurre ad un immediato intervento chirurgico volto ad eliminare l’infezione e salvare la vita” della paziente. “Ci siamo interrogati – spiega l’avvocato Maurizio D’Amico - con la mia assistita, la preside Michela Vinci, a 10 anni dalla morte di Maria Vita, sull’opportunità di una nuova opposizione ad una ulteriore richiesta di archiviazione. Per una semplice ragione la prescrizione estingue il reato. Estingue il reato, non il fatto e le sofferenze patite dai familiari. E però, le argomentazioni della Procura poste a fondamento della richiesta di archiviazione, che hanno escluso in radice una condotta colposa del medico di Padova, ci hanno imposto di proporre una nuova opposizione. Dieci anni se sono sufficienti per prescrivere un reato non sono certo adeguati a cancellare quanto accaduto”. Nell’udienza davanti al gip Serio la preside Vinci ha affermato: “Vi sono diversi elementi che pongono seri dubbi sulla bontà dell’operato dei medici di Padova. Lo hanno detto e scritto i consulenti che hanno studiato la documentazione medica. Anzitutto è provato che l’infezione è stata contratta a Padova. Risulta che Maria Vita dopo l’operazione lamentava nausea, cefalea, febbre (sintomatologia riconducibile all’infezione). Risulta, altresì, che la TC di controllo sarebbe stata eseguita in zona diversa rispetto alla sede dell’intervento chirurgico ed al focolaio infettivo. Ciò indusse il medico Di Padova a dimettere prematuramente la Curatolo. La tempestiva diagnosi di infezione avrebbe potuto indurre ad un immediato intervento chirurgico volto ad eliminare l’infezione e salvare la vita di Maria Vita”.

Ancora l’avvocato D’Amico: “La giustizia penale non è certo il sostituto della giustizia divina, non commina pene e castighi a prescindere, c’è sempre un bilanciamento d’interessi, la prescrizione è un istituto necessario. La questione non è questa, nel caso di Maria Vita c’erano, a nostro sommesso avviso, gli elementi per procedere presto e bene e, dunque, il tempo necessario per celebrare il processo ed accertare le cause del decesso”.



Giudiziaria | 2024-12-13 08:15:00
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