Quantcast
×
 
 
20/09/2022 13:21:00

800 naufraghi attendono un porto al largo della Sicilia 

A bordo della nave Humanity 1, con a bordo 398 persone, in attesa di un porto sicuro ormai da due settimane, la tensione e la disperazione sono sempre più alte.

L’acqua potabile e il cibo, secondo gli uomini della ong Sos Humanity, potrebbero finire entrò metà della settimana. Domenica un naufrago si è buttato giù dalla nave in preda alla disperazione.

Le famiglie di tre bambini sono state evacuate per ragioni mediche dalle autorità italiane. Sulla Open Arms, ci sono 402 persone. 

Nella settimana che si è appena conclusa, sono in tutto 1.062 i migranti partiti dalle coste libiche per raggiungere l’Europa.

"A bordo con noi c'era un signore con due bambini molto piccoli, che erano sul punto di morire per la fame.

Così ho offerto loro il mio cibo per farli rimanere in vita", ma "non ce l'hanno fatta".

"A un certo punto anche mia moglie si è sentita male ed ero convinto che sarebbe morta. Ho pensato al cibo che avevo dato a quei bambini, non aveva salvato loro e non avrebbe più potuto sfamare mia moglie. Non mi sono pentito del mio gesto, ma ho pensato che forse con quel cibo avrei potuto salvare mia moglie. Mi sono coperto il volto con una maglietta per non farmi vedere e ho iniziato a piangere". E' uno dei drammatici racconti, raccolti da Medici senza frontiere, dei sopravvissuti dello sbarco di 26 naufraghi, siriani e afghani, il 12 settembre scorso a Pozzallo, nel Ragusano.
Durante il viaggio sono morte per fame e sete sei persone: tre bambini, tra cui un undicenne in viaggio senza genitori, e tre adulti. Ad ascoltare i superstiti un team di Msf, formato da due infermiere, una psicologa e tre mediatori interculturali che ha fornito anche supporto psicologico "Dopo tre o quattro ore - ricorda un altro testimone - i corpi delle persone che non ce l'hanno fatta iniziavano a emanare un cattivo odore a causa del sole e del caldo. Abbiamo pregato, abbiamo lavato i loro corpi con l'acqua di mare, cercando di coprirli con quello che avevamo per seguire la tradizione e li abbiamo lasciati andare in mare". Completamente esposti al sole, le persone a bordo sono state trasportate dalle onde verso le coste della Libia. Già dopo qualche giorno di navigazione le scorte di cibo e di acqua stavano finendo. "Per la disperazione - racconta un ragazzo siriano - abbiamo iniziato a bere acqua di mare, provando a filtrarla con i vestiti. L'abbiamo mischiata con il dentifricio per addolcirla e abbiamo bevuto l'acqua del motore pur di cercare di sopravvivere. Ero consapevole che sarei potuto morire bevendo quell'acqua, ma non avevamo altra scelta". A bordo c'era anche una giovane siriana che lavorava come interprete in un ospedale in Turchia. Il padre aveva bisogno di un intervento medico ma non riusciva nemmeno a vedere un medico e così hanno deciso di partire. Lui è morto durante il viaggio.