L'operazione antimafia che la scorsa settimana ha portato in carcere boss ed esponenti di Cosa nostra trapanese, da Mazara a Marsala, ci dice qualcosa di nuovo, anzi, di antico. Perché nuove sono le storie che vengono raccontate dagli inquirenti, nuove le indagini, nuovi gli affari. Antichi, invece, sono i nomi. E i cognomi. Sono sempre loro: Franco Luppino, che esce dal carcere e si mette a fare il capomafia, gli irriducibili Raia a Marsala, quel Salerno di Paceco, gli Spezia di Campobello di Mazara. E potrei continuare. Ormai conosco meglio le loro vite che quelle di certi miei parenti. Da trenta anni faccio questo mestiere, da trenta anni mi imbatto nelle loro storie.
Sono i soliti volti, gli stessi cognomi. Sembra che si portino addosso una sorta di maledizione. Escono dal carcere, dopo condanne anche lunghe, e tornano a fare l'unica cosa che viene bene: "mafiare". Solo che hanno le cimici pure nel culo, e gli investigatori giocano con loro un po' come il gatto con il topo. Li lasciano fare, gli danno corda, anche per curiosità, per capire dove vogliono arrivare, poi, quando gli indizi sono tanti, e fanno prove, scatta il blitz. Che viene celebrato con titoli come "terra bruciata intorno a Messina Denaro", o "si stringe il cerchio su Messina Denaro". Solo che, a ben guardare, Messina Denaro si vede ben poco, la terra bruciata è quella del nostro territorio che prende fuoco un giorno si e l'altro pure. E questo cerchio, negli anni, si è così ristretto da assomigliare ad un puntino, e viene da pensare, con un po' di fisica quantistica, che alla fine il boss imprendibile è tale perchè sta nello spazio vuoto, ed hai voglia a stringere il cerchio, non lo prendi ugualmente, perché lui è fatto di antimateria.
Accanto ai soliti volti, ai soliti nomi, poi, ci sono gli "altri". Ed è su loro che mi vorrei ancora concentrare. Perché sono loro, oggi, la vera emergenza. Non i mafiosi. Ma gli "altri". Cioè coloro che, più o meno consapevolmente, sono la vera forza della mafia. Raia, Spezia, Luppino, non valgono nulla, dal punto di vista criminale, meno di zero (idem dal punto di vista umano, aggiungo, come nota personale). Sono reduci di una mafia che fu. Ma sono anche fortissimi. E questa contraddizione si regge, ancora una volta, per quel paradosso che spiego sempre, ma mai abbastanza: la forza della mafia sta fuori dalla mafia. E quest'ultima operazione lo dimostra: la mafia è forte, nel nostro territorio, e sempre lo sarà, finché ci saranno imprenditori che chiameranno i Raia per riscuotere un credito da un cliente moroso; finché ci saranno famiglie che a loro si affideranno per aggiudicarsi un bene all'asta e intimidire i possibili concorrenti; finché ci saranno bar che metteranno le odiose macchinette del videopoker per compiacere il clan, finché ci saranno avvocati che confondono il ruolo della tutela legale con quella del "consigliere". Sono tutte queste persone a rendere forti la mafia. Vanificando così anni di lotte, che hanno portato a risultati eccellenti.
Perchè vendersi al mafioso? Se ognuno dicesse no, la mafia sarebbe morta e sepolta da un pezzo. E invece trova un terreno fertile, perchè trova complici. Anzi, dico qualcosa in più, c'è quasi una "voglia di mafia". Quando il mafioso esce dal carcere, dicevo, torna a "mafiare", perchè solo questo sa fare, ed è vero. Ma è anche vero che torna a fare il boss, perchè qualcuno glielo chiede, per una "sensalia" da fare per un parco eolico, un tizio che ritiene di aver subito un torto, un altro che chiede un favore. Ecco cos'è la voglia di mafia che rende invincibile la mafia.
Contro tutto questo non servono i proclami dei politici, nè serve parlare di "cultura della legalità". I Cinque Stelle ne sono la dimostrazione: hai voglia a fare proclami e a candidare le persone pubblicando il loro casellario giudiziario. In questa operazione tra gli arrestati ben due sono attiivisti grillini. Serve altro: serve lo Stato. C'è voglia di mafia, perché non c'è lo Stato. L'imprenditore si rivolge al mafioso per riscuotere un credito perché sa che se va in tribunale passano anni. Il mondo delle aste giudiziarie e delle vendite fallimentari è notoriamente affare di pochi, perché lo Stato non controlla ed è assente: e se io ho interesse in un bene, o faccio parte di qualche lobby, o mi rivolgo al mafioso. La mafia cresce dove non c'è libertà di impresa, libera concorrenza, dove non ci sono regole e non c'è sviluppo.
E alla fine, allora, tutte queste operazioni antimafia trovano il plauso peloso dei politici, ma a noi, cittadini responsabili, lasciano un senso di amarezza, di essere rimasti con un pugno di mosche in mano. E' inutile, dicevo, che si "stringe il cerchio intorno a Messina Denaro", perché il cerchio ormai è un puntino, e Messina Denaro sfugge perchè sta nel vuoto, nel vuoto dello Stato.
Giacomo Di Girolamo