Borrometi imputato per diffamazione, il ruolo scomodo della parte civile
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Continuiamo a seguire le vicende relative al giornalista siciliano Paolo Borrometi. Un contributo che cerchiamo di portare avanti per dare elementi di chiarezza, sulle inchieste che lo hanno portato ad essere da un lato bersaglio della criminalità organizzata, e dall'altro, ormai, il giornalista "antimafia" più in carriera in Italia, con qualche aspetto da approfondire.
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La nuova variante covid non risparmia nessuno, nemmeno il senatore Mario Michele Giarrusso che, alla data del 18 luglio, trascorre il suo decimo giorno in isolamento ed è quindi impossibilitato a partecipare all’udienza che si è svolta presso il Tribunale di Ragusa, ‘citato a braccio’ in qualità di teste dalla difesa di Paolo Borrometi, a processo per diffamazione nei confronti del signor Franco Mormina per una serie di articoli pubblicati su 'Laspia.it' nel dicembre 2018.
«Il capomafia di Scicli inaugura le sale scommesse in città», titolava sul sito di informazione on line da lui diretto pubblicando la foto in primo piano del signor Mormina insieme al titolare dell’internet point ‘Royal Club’ - erroneamente indicato dal giornalista come centro scommesse denominato ‘Genius Win’ che invece è un fornitore di servizi -, il signor Manuel Colaceci. Le accuse mosse da Borrometi ebbero un tale impatto che istantaneo fu l’intervento, non solo parlamentare, del senatore Giarrusso: «Vedere le foto pubblicate nell’inchiesta del giornalista Paolo Borrometi mi ha convinto a chiedere immediatamente l’intervento dei due Ministri - faceva sapere con una nota stampa il senatore annunciando un’interrogazione effettivamente presentata al Ministro dell’Interno e al Ministro della Giustizia del tempo - così come ho già chiamato il Prefetto di Ragusa per chiedere delucidazioni e per far cessare subito questo scandalo. Chi ha permesso l’apertura di una sala giochi a persone vicine al capomafia? Chi ha permesso al capomafia di Scicli di girare indisturbato malgrado la condanna? Sono domande su cui ci aspettiamo delle risposte pronte ed urgenti». Ad oggi non risulta alcun riscontro da parte dei ministri interrogati ma, per pronta risposta, l’attività del signor Colaceci fu sottoposta a sequestro per una ventina di giorni.
Chiamata al banco dei testimoni, l’ex Prefetto di Ragusa, la dottoressa Filippina Cocuzza, oggi Prefetto di Trapani, non ricorda di avere ricevuto la chiamata del senatore e chiarisce che le attività di controllo sui territori da parte della Prefettura sono coadiuvate dalle Forze dell’Ordine. «Solitamente il Prefetto si rapporta con i vertici delle Forze dell’Ordine» che mantengono la regia delle operazioni. Rispetto al sequestro dell’internet point di Manuel Colaceci e alla presenza di Franco Mormina all’inaugurazione dell’attività dell’amico, la dottoressa Cocuzza ricorda: «La vicenda ha avuto una tale risonanza mediatica che, inevitabilmente, non si poteva non fare un momento di riflessione e di analisi tecnica con le Forze dell’Ordine. Colaceci era già stato tra l’altro sanzionato per avere avviato centri scommesse senza l’autorizzazione necessaria», incalza rimarcando il carattere recidivo dell’illecito amministrativo consumato dal titolare dell’internet point. «In quel caso, la notizia fu appresa da organi stampa anche nazionale perché Colaceci si faceva accostare in una foto a Franco Mormina il quale era sottoposto a misura di prevenzione e, tra le regole che doveva rispettare, c’erano quelle, appunto, di non partecipare ad eventi pubblici», e fu l’Arma dei Carabinieri a procedere con gli accertamenti del caso.
Il Prefetto, dunque, organizzò effettivamente la riunione con le Forze dell’Ordine ma furono i Carabinieri a disporre il sequestro dell’attività del signor Colaceci e il Questore ad avanzare le contestazioni. Alla riunione erano presenti i vertici delle Forze dell’Ordine, il Procuratore della Repubblica e il sindaco per discutere la legittimità dell’inaugurazione di questo centro, «e non lo era, dal punto di vista amministrativo». La dottoressa Cocuzza non ricorda se sia stato redatto il verbale di quella riunione ma, trattandosi di una riunione tra la Prefettura e le Forze dell’Ordine, sarebbe comunque un atto riservato.
Riavvolgiamo il nastro. Il titolare dell’internet point erroneamente definito quale centro scommesse, Manuel Colaceci, era sprovvisto - a detta dell’ex Prefetto - di autorizzazioni come già avvenuto in passato in altre analoghe attività. Franco Mormina, che veniva ritratto in foto all’inaugurazione, non poteva partecipare all’evento pubblico perché in regime di sorveglianza e a obblighi ben precisi. Per questi motivi, il centro scommesse veniva sottoposto a sequestro per essere dissequestrato, come detto, una ventina di giorni dopo in sede di riesame per un difetto di notifica. Il signor Franco Mormina, indicato quale ‘boss di Scicli’ e ‘capomafia’, incompatibile col sistema carcerario, non riporta alcuna condanna per mafia ma per altri reati.
In questo processo il signor Mormina è la parte civile e non l’imputato, ed è curioso che, nel corso dell’esame all’ex Prefetto, il Vice Procuratore Onorario (VPO) non abbia posto alcuna domanda nonostante sia stata la Procura della Repubblica di Ragusa a mandare a processo Paolo Borrometi. Va detto anche che, ad ogni udienza di questo procedimento, l'accusa non manifesta lo stesso fervore che si attesta quando Paolo Borrometi è parte civile in altri processi. Processi in cui, nella maggior parte dei casi, il GOT (giudice onorario, non di carriera)è la dottoressa Laura Ghidotti. Nel corso della scorsa udienza la giudice ha sottolineato che "il dottor Borrometi non è un pastore dei monti Iblei", così come dai verbali che potete vedere nelle immagini accanto a questo articolo, ci sono altre espressioni singolari.
Vista da vicino, la parte offesa sembra essere quasi quasi l'imputato ...
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