Secondo Musumeci, la Sicilia può credere nel "turismo sanitario"
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I siciliani sanno che per curarsi, spesso, bisogna prendere l'aereo. Il presidente della Regione Musumeci pensa invece che la Sicilia possa diventare un centro di "turismo sanitario".
Lo ha detto intervenendo alla terza edizione del Forum Meridiano Sanità Sicilia "La trasformazione digitale della sanità per una crescita e uno sviluppo sostenibile", evento organizzato da The European House - Ambrosetti, in collaborazione con Cefpas e patrocinato dalla Regione Siciliana.
«La Sicilia può candidarsi a diventare un "hub" anche del turismo sanitario - dice Musumeci -. È arrivato il momento di capitalizzare le potenzialità di cui già disponiamo e di metterle a profitto. Occorre partire dal presupposto che siamo il baricentro del Mediterraneo, in termini logistici e anche sanitari – penso ai tre Centri di ricerca, all'Ismett - e mettere a profitto questo ruolo, guardando avanti con una programmazione seria. Gli investimenti in Sicilia nella Sanità, in questi cinque anni, ammontano a circa un miliardo e duecento milioni di euro, con il Pnrr abbiamo programmato azioni per altri 800 milioni. Nell’ultimo anno abbiamo creato oltre 350 nuovi posti di terapia intensiva e sub-intervista, abbiamo riqualificato i pronto soccorso, digitalizzato il servizio di emergenza del 118. Siamo la prima regione in Italia per la diffusione della banda larga, dobbiamo continuare il processo di innovazione e digitalizzazione già iniziato. Credo sia indispensabile procedere alla formazione di nuove leve in ambito sanitario, un tema che può trovare realizzazione con la creazione di un Istituto superiore che metta insieme le quattro Università siciliane e gli altri Atenei del bacino mediterraneo. Abbiamo una paurosa carenza di medici, che mette a costante rischio la sopravvivenza di alcune strutture sanitarie; il numero chiuso nei corsi universitari di Medicina e la riduzione dei dottorati hanno influito negativamente in questo senso. Oggi abbiamo il dovere di pensare come si può sopperire a questa grave mancanza. Ma credo ci siano tutte le condizioni per guardare al prossimo futuro con ottimismo».
«Attraverso le risorse del Pnrr, e più in generale della programmazione 2021-2030 che destina più 213 miliardi di euro alle Regioni del Sud, ogni Regione o sistema territoriale è chiamato ad affrontare l’importante sfida di definire una visione e una strategia di sviluppo che, partendo dai propri asset, sia declinata in un Piano operativo di interventi” - afferma Valerio De Molli, managing partner e ceo di The European House-Ambrosetti - Tra questi, l’ecosistema della Sanità, o meglio della Salute, che in Sicilia in un sistema strategico e integrato tra eccellenze del pubblico e privato genera un impatto pari a 13,2 miliardi di euro, vale a dire il 16,4% del Pil regionale, superiore a quello generato da diversi settori economici del Mezzogiorno, in crescita di 3 miliardi di euro rispetto al 2019 considerando gli impatti diretti, indiretti e indotti delle componenti pubblica e privata».
Nell’ambito della Missione 6 “Salute” del Pnrr, oggi la Sicilia è la terza Regione italiana per allocazione dei primi 8 miliardi di euro distribuiti dal Ministero della Salute ai territori (circa 800 milioni), con il maggior numero di risorse destinate alle Case della comunità (217 milioni di euro), Digitalizzazione (139,9 milioni di euro) e la sicurezza degli ospedali (139,8 milioni di euro).
Durante i lavori è stato presentato il paper di The European House - Ambrosetti “Digital Health 2030: verso una Sanità data-driven” che riporta non solo i numeri chiave della digitalizzazione dell’Italia, vista anche nel quadro europeo, ma descrive i percorsi seguiti da alcuni Paesi leader nella sanità digitale. Nel paper, in particolare, sono riportati i numeri chiave della sanità siciliana in tema di risorse e infrastrutture fisiche e digitali. Va chiarito, infatti, che in questi anni l’Isola ha avviato – ed in parte completato – un profondo processo di rinnovamento investendo in edilizia sanitaria, con il recupero di alcune strutture e la realizzazione di nuovi ospedali, in tecnologie medicali, digitalizzazione del sistema e ricerca.
Tra i segnali positivi, la crescente disponibilità di capitale umano qualificato, con un incremento dei laureati "stem" (negli ultimi 10 anni i laureati in Medicina hanno registrato un +90% rispetto al +70% della media nazionale) e il rientro di “cervelli” siciliani. L’investimento sul personale del Servizio sanitario regionale ha visto negli ultimi 4 anni l’assunzione con contratto a tempo indeterminato di oltre 15 mila professionisti (tra medici, infermieri e tecnici sanitari) a cui si sono aggiunte circa 10 mila unità per far fronte all’emergenza pandemica.
Resta comunque centrale la necessità di rivedere i criteri di accesso ai corsi di laurea in Medicina e alle Scuole di specializzazione per colmare un gap strutturale che riguarda tutto il Paese e diventa particolarmente ambiziosa l’idea promossa di rendere la Sicilia un "hub" di riferimento per la formazione in ambito medico e sanitario anche verso i Paesi del Mediterraneo.
«Essere la prima grande regione italiana per Comuni coperti dalla banda larga e ultra larga - sottolinea il vice presidente della Regione e assessore all'Economia, Gaetano Armao - è un risultato straordinario. Quando ci siamo insediati, a fine 2017, la Sicilia aveva speso circa un milione di euro. Oggi siamo a oltre 295 milioni di euro, con una spesa dei fondi europei del 95 per cento. Una infrastrutturazione digitale rilevante, che gioca un ruolo importante anche per le isole minori della Sicilia, che così possono essere in grado di offrire servizi fondamentali anche sul fronte sanitario e turistico».
«Senza una digitalizzazione capillare del sistema – aggiunge l’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza – gli investimenti sui professionisti, assieme a quelli in tecnologie e infrastrutture, sarebbero meno efficaci. Solo una profonda trasformazione digitale, infatti, può contribuire a ridurre la frammentarietà dell’offerta migliorando l’efficacia e l’efficienza dei servizi sanitari. È ciò che abbiamo avuto modo di sperimentare nelle varie fasi della pandemia ed è quanto stiamo mettendo in atto garantendo assistenza per quanti necessitano di cure ad alto impatto per il sistema. Sono esperienze che certamente vanno implementate ed estese per migliorare gli outcome di salute e la qualità di vita dei pazienti, contribuendo positivamente anche alla crescita economica dell’intero territorio. In questo senso, un’ulteriore accelerazione arriverà sicuramente dall’attuazione del Piano operativo della Missione 6 del Pnrr con circa 800 milioni di euro di investimenti per la nostra Regione, che è stato recepito integralmente nel Cis sottoscritto con il Ministero della Salute».
Come riportato nel paper presentato a Siracusa, già nel 2020 il valore della data economy nell’Unione Europea ha raggiunto i 327 miliardi di euro (+61% rispetto al 2013) sostenendo 6,6 milioni di posti di lavoro, con una crescita del 41% rispetto al 2013 (rispetto al +5% dell’economia nel suo complesso). Stando alla previsione dell’Organizzazione per la cooperazione digitale (Dco), entro il prossimo decennio il 70% del valore generato dall’economia globale sarà basato su modelli di business abilitati dal digitale, con confini tra economia digitale ed economia tradizionale sempre più sfumati.
In questo contesto l’ecosistema della salute svolge un ruolo da protagonista nella data economy, attraverso l’uso di tecnologie digitali abilitanti (hpc, cloud, iot, big data analytics & artificial intelligence) in un mondo sempre più interconnesso: circa il 30% del volume di dati mondiale è generato dal settore sanitario ed, entro il 2025, il tasso di crescita annuale composto dei dati del settore sanitario raggiungerà il 36%, rispetto a crescite del settore manifatturiero e dei servizi finanziari pari rispettivamente al +6% e +10%.
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