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30/06/2022 08:37:00

 Salemi. Giuseppe Gaudino, poeta triste e solitario

Può un uomo riscattare il proprio passato? E se si, può farlo attraverso la poesia?
Sono domande venute fuori spontanee quando abbiamo letto alcune poesie di Giuseppe Gaudino, un atipico poeta siciliano che non appartiene ad alcun gruppo e a nessuna conventicola letteraria.
Un lupo solitario nell’immensa foresta della vita, che a volte parrebbe volerti divorare ma il piu’ delle volte arriva e ti porta a vedere una luna che nessuno conosce.

Nato a Salemi il 4 aprile 1964, dove risiede tuttora, lavora da anni come operatore socio- sanitario occupandosi di persone diversamente abili. Una dato da non trascurare che, secondo noi, ha condizionato in parte il suo percorso di vita, cosa che traspare subito nei suoi versi.
Le sue poesie, quasi tutte, sono un angoscioso grido di dolore in una notte infinita di ricordi a volte confusi, a volte di uno straziante realismo.

Una produzione, la sua, non sempre omogenea. C’e’ un primitivismo degli esordi e c’e’ serena maturità dell’ultimo periodo che prelude forse ad un totale cambiamento.
La diversità del lessico e delle metafore negli ultimi anni appaiono premonitrici di un raggiungimento di sempre ricorsa “serenità” esistenziale, mai posseduta. Si nota che l’autore e’ riuscito a metabolizzare i suoi fantasmi che lo tormentano da una vita in un linguaggio piu’ “evoluto”, consapevole e “civile”.

Basti pensare alla “Stella a sei punte”, sui campi di concentramento nazisti, dove “ la vita si conceda dalla luce, il delirio trova il senso, tra filo spinato e fucili spianati, orribile e’ lo smarrimento dentro un crudeltà che dissolve la materia”. Pennellate tenebrose, materiche, che tradiscono un vissuto da incubo.
Hanno scritto di lui che nei suoi componimenti risalta l’energia vitale dell’amore, che dai suoi versi “emergono immagini e atmosfere affascinanti quasi idilliache, dovute alla passione per i viaggi e alla curiosità di conoscere attraverso essi, culture e tradizioni diverse dalle proprie.”

Non lo vogliamo contestare. A noi sembra invece che nelle sue liriche sia sempre stato presente il precipizio, l’amore per l’amore, l’insidia nascosta dietro l’angolo, le ombre del dubbio perennemente in agguato, il destino impietoso.
Molto eloquente “La magia del sangue”. “Inusitato fu quel giorno- io e te e la magia di una fattucchiera- Un secondo per decidere se restare- un attimo se mescolare la follia- con il profumo del desiderio- Il verdetto fu uno: Sangue e Amore”.
Autore di circa 350 poesie, compositore di haiku (forma poetica della letteratura giapponese, di sole 17 sillabe sullo schema 5-7-5) e riflessioni introspettive, Giuseppe Gaudino ha ricevuto molti premi e riconoscimenti.
Elencarli tutti e’ impossibile.
Tra i più prestigiosi, la Menzione D’onore al Concorso nazionale e internazionale “Club della Poesia” di Cosenza nel 2018 e il 2° posto al Premio Letterario Nazionale “Un libro amico per l’inverno” - IX edizione 2020 per la raccolta di poesie “Se perdi il filo segui il cuore”.
Gaudino e’stato inoltre inserito nell’Antologia dei poeti contemporanei 2017, con la poesia “Luce nel buio”, e nell’Antologia Premio nazionale “Tempus fugit”, con la poesia “Perso”.

Tra gli altri riconoscimenti un Primo Posto al “Premio di poesia e Narrativa città di Arcore 2019” per la poesia “Destino senza meta” e la targa di merito del “Premio Alda Merini 2018” per il componimento “Penetrante Inquietudine”.
Nel gennaio 2021 viene iscritto nell’Albo d’oro dei Poeti e Scrittori Contemporanei Italiani di Cefalù Art. Ha partecipato a numerosi concorsi letterari.
Ha pubblicato per la poesia: La Silloge “Se perdi il filo segui il cuore (2018)” classificandosi al secondo posto nel Premio letterario nazionale “Un Libro Amico Per L’Inverno2020”. Silloge L’arte dell’amore (2021) che vince il secondo posto Al Concorso Artistico Letterario Internazionale “Ars Mea 2021”.
E in fine il Premio Speciale Giuria-“La Citta Normanna-Concorso di Poesia-Citta di Cefalù-2022”.

Un poeta triste e solitario Giuseppe Gaudino.
Segnato da un profondo dolore, dopo la fine di un grandissimo amore durato quasi un quindicennio, si isola dal mondo con il quale ha cominciato a comunicare soltanto con le sue poesie, dalle quali traspaiono amare e irrefrenabili lacrime versate nel buio di una camera nei pomeriggi domenicali, un incolmabile vuoto esistenziale, una profonda delusione per avere creduto per un certo periodo di averlo colmato con altri soggetti.

Da qui la domanda posta al principio. Può un uomo riscattare il proprio passato?
Dicono che il passato si ripeta di continuo. Questo significa che tutto quello che abbiamo vissuto rimane dentro di noi, in un modo o nell’altro. È inevitabile.

Occorrerebbe non restarvi sommersi, sembrerebbe tacitamente suggerire Gaudino.
In “Tracce di Origami”, si percepisce questa ansia di raggiungere la pace con se stesso e con la donna amata e persa negli orizzonti della vita:
Dolce e’ il crepuscolo di un sole che si concede / all’orizzonte/, ricordi sopiti si scaldano dentro/ tremolii di luce dorata…/una magica leggenda trasormatasi in amore,/ crede che il tempo torni ancora.
Ecco. Un vagheggiamento di un amore mai appagato. Di un amore che si nutre di un desiderio profondo, quasi inconscio, che lo aggancia ad altro e di cui non conosceremo mai l’identità’. Siamo sul piano di pulsioni border-line.
Il grande poeta argentino Jorge Luis Borges mostra bene di averlo capito primo fra tutti. Leggete questi pochi versi della poesia: “La bella maschera è cambiata ma come sempre è l’unica“.
“È l’amore. Dovrò nascondermi o fuggire.
Crescono le mura delle sue carceri, come in un incubo atroce.
La bella maschera è cambiata, ma come sempre è l’unica.
…………………………………………………………………………………….
Stare con te o non stare con te è la misura del mio tempo.
Ecco. Gaudino, nelle sue poesie, ancora non ha deciso se nascondersi per sempre o fuggire.
Questi suoi versi lo dicono con chiarezza.
È, lo so, l’amore: l’ansia e il sollievo di sentire la tua voce,
l’attesa e la memoria, l’orrore di vivere nel tempo successivo.

 

di Franco Ciro Lo Re



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