Sostituire il gatto di Schrödinger con un essere umano. L'esperimento è in atto, proprio ora. Mentre scrivo, un uomo si trova in uno stato di sovrapposizione quantistica. Nessuna dignità scientifica in tutto questo, nessuna ricerca mirata sulle conseguenze dell'essere collegato a un evento subatomico casuale che può verificarsi con una certa probabilità. Questo esperimento viene condotto ora da uomini privi di ogni forma di pietà verso un loro simile. Sto parlando di Fabio Ridolfi, l'uomo costretto a trovarsi nella condizione di essere né vivo né morto. Mentre scrivo questo articolo. Fabio potrebbe già essere morto, in ogni caso lo sarà presto perché ha chiesto di morire attraverso la sedazione profonda, niente più cibo né acqua, dovrà attendere che il suo cuore si fermi, e nessuno potrà stabilire con precisione quando ciò accadrà. Nel frattempo i suoi familiari, quelli che si sono presi cura di lui per diciotto lunghissimi anni, lo veglieranno straziati nella contraddizione inedita tra il dolore per la morte imminente e la volontà del loro caro affinché questa si compia.
Sto pensando a tutti i parlamentari sordi agli innumerevoli appelli fatti da Fabio, gridati dai suoi occhi che comunicano solo attraverso un puntatore oculare su una tastiera. Sto pensando ai medici che non sono riusciti a trovare un farmaco adatto per aiutare Fabio a morire in pochi istanti. Gli stessi medici che, in questi due mesi, si sono premurati di prenotare un tavolo al ristorante per i sabato sera con amici. Perché è giusto che si svaghino un po' dopo una lunga giornata di lavoro. Perché non si può certo chiedere a qualcuno di questi di chiudersi in uno studio e uscire solo dopo aver trovato quel fottuto farmaco che esiste, certo che esiste. Tutti obiettori? Tutti fedeli al giuramento di Ippocrate?
Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio...
un principio nobilissimo, ai tempi di Ippocrate, quando nessuno si accaniva sui corpi inermi di individui costretti a vivere solo per sentire il dolore.
Sto pensando a quanti sventolano rosari e immagini sacre per dimostrare di essere buoni cristiani. Sto pensando che mi manca Marco Pannella, mi mancano i suoi scioperi della fame. Il gesto eclatante che costringe i direttori dei giornali a far passare la notizia già nei titoli o in prima pagina. Niente, silenzio, e poi c'è sempre l'urgenza dell'attualità che incombe.
Sto pensando a quanti si trovano attualmente nelle stesse condizioni in cui si è trovato Fabio prima di scegliere, no scusate, non è stata una scelta, ma la sola decisione possibile per porre fine a una sofferenza lunga diciotto anni. A quanti, dicevo, aspettano che venga calendarizzata la data per discutere della legalizzazione dell'eutanasia. Per questi si potrebbe ancora fare qualcosa, è quanto ci chiede Fabio Ridolfi, nel suo testamento:
“No, non credo in Dio e viste le mie condizioni non ho nessuna paura. Ma è ora che in Italia si parli chiaramente di eutanasia. È atroce non poter decidere della propria vita, aspettare dei mesi che altri lo facciano al posto tuo. Scegliere di morire è un diritto di tutti, ripeto di tutti, e spero che tutto questo serva ad aiutare anche quelli che vivranno la mia condizione".
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