La provocazione è la base su cui poggia il progresso, senza provocazione staremmo ancora nelle caverne con archi e frecce.
Questo sostantivo può assumere due significati distinti ma complementari:
1) un'argomentazione che crea imbarazzo psicologico; 2) come risposta ad un evento, la reazione.
I due significati sono solo apparentemente distinti perché dove finisce il primo inizia il secondo.
La provocazione tout-court è un’azione volontaria fatta per creare disagio nella controparte e può riguardare tutte le arti: verbale, visiva, figurativa, musicale….
Successiva alla provocazione è la reazione che può essere di diversa natura, spesso (troppo spesso) espressa con violenza oppure facendo orecchie da mercante restando impassibili come se nulla fosse accaduto o ancora meglio se la reazione genera un dubbio. Il dubbio per fare una sana autocritica, per un eccesso di autostima, per spingerci oltre la prima lettura di un evento, etc…
La re-azione e il dubbio sono ciò che intendo per PROVOC-AZIONE.
Il dubbio appartiene a soggetti non omologati e la reazione ci distingue l’uno dall’altro, siamo tutti unici, proprio come gli altri.
La provocazione in sé non è qualcosa di negativo, sbagliato, proibito né può diventare un’esternazione incontrollata e senza filtri.
Molti leoni da tastiera con l'avvento dei social ne stanno approfittando per scaricare su altri le proprie mancanze, altri la usano come alibi per commettere scorrettezze gratuite.
La causa del malinteso è legata alla mancata distinzione tra obiettivo apparente e obiettivo reale, quindi piuttosto che esprimere un paradosso, è causa di dileggio.
La provocazione può essere vista come un gesto di attenzione, una richiesta (perversa) di bisogno d’aiuto incapace di manifestarsi in altro modo. Ha un valore positivo quando è uno stimolo a far emergere doti e potenzialità (think positive, be positive).
Possiamo essere sia mittenti che destinatari, il punto cruciale è che la provocazione sia un fulcro per attivare la leva.
Provocare è un invito/sfida, molto evidente, che sposta il focus su un piano fortemente personale. Molte argomentazioni provocatorie possono essere attraenti, aprire un dibattito appassionato, stimolante, specie se sono artistiche e dopo una fase iniziale di disorientamento, possiamo decidere di aderire (collaborando) alla creazione di un nuovo status quo.
Premesso che non rappresenti un’azione di scherno, tocca al destinatario decifrare il messaggio nascosto dal significato letterale.
La provocazione è come una fluttuazione che rompe l'equilibrio preesistente e che genera delle onde indipendenti dallo stimolo originario ma concatenate le une alle altre, come quando si getta un sasso in acqua, sappiamo dove cade ma non possiamo controllare le onde che ne derivano.
Gli esempi provocatori nelle arti non si contano:
L'album Bandiera Bianca di Franco Battiato è una critica feroce alla deriva culturale degli anni ’70 e ’80 e il brano è una provocazione continua, ogni verso assume il senso del paradosso (anche autoironico) e mai una critica sterile:
“Siamo figli delle stelle e Pronipoti di sua maestà il denaro”.
Banksy è un’artista dalla identità segreta che crea per strada le sue opere di “guerrilla art”, una delle sue ultime sua opere realizzata nell'inconfondibile stile stencil, è comparsa pochi giorni fa su un muro di Los Angeles: si tratta di un writer che - piegato in due dal dolore e con una bomboletta spray in mano - rigurgita fiori, "Better out than in" (Meglio fuori che dentro) il titolo dell'opera.
E per finire una citazione: "La mente è come un paracadute, funziona solo se si apre", un aforisma provocatorio di Albert Einstein. Letteralmente è una offesa ma deve essere interpretata come un invito ad aprire il paracadute della mente.
Semplice, chiaro e diretto.
Giancarlo Casano
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