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22/05/2022 12:23:00

Mazara, è morto Nicasio Anzelmo, reduce dai campi di concentramento 

E' morto il mazarese Nicasio Anzelmo, uno degli ultimi testimoni diretti dell’orrore dei campi di concentramento nazisti. Proprio nei mesi scorsi in videoconferenza con la prefettura di Trapani aveva raccontato la sua storia alle massime autorità della provincia. 

"La sua fu una lezione sulla vita e sulla guerra per tutti noi - racconta oggi il Sindaco di Mazara, Salvatore Quinci -. Avevamo avuto anche il privilegio di rendergli visita nella sua abitazione e serberemo di quell’incontro un ricordo indelebile”.

Aveva 98 anni. 


Classe 1923, Nicasio Anzelmo, soldato della seconda guerra mondiale, fu internato nei campi di concentramento dopo l’armistizio del ’43.

Nato a Mazara del Vallo, Nicasio, a soli 19 anni, era stato reclutato come marinaio nella Regia Marina Italiana e condotto in Francia, presso l’arsenale di Toulon. Dopo l’armistizio, ricevette dal comandante l’ordine di deporre le armi e di rientrare in Italia, ma l’arsenale era stato occupato dai tedeschi. Il Reich, infatti, dopo l’8 settembre, aveva dato mandato di catturare i soldati italiani presenti in Francia, nei Balcani e in Italia. Gli fu quindi chiesto dai nazisti di combattere nelle fila del loro esercito. Al suo netto rifiuto, fu convogliato, insieme ad altri suoi compagni, verso le tradotte che anziché portarlo a casa, così come avevano fatto credere, lo condussero nel campo di concentramento vicino Trier in Germania. Nicasio, infatti, fu uno dei tanti soldati italiani catturati, nei giorni immediatamente successivi alla proclamazione dell'armistizio, i quali vennero posti davanti alla scelta di continuare a combattere nelle fila dell'esercito tedesco. Essendosi coraggiosamente rifiutati di riprendere le armi sotto il comando del Fuhrer (il 10% accettò l'arruolamento) vennero chiusi nei lager tedeschi con lo stato di Internati militari italiani (in tedesco Italienische Militär-Internierte - IMI).
Nel campo di Trier fu costretto ai lavori forzati prima in una miniera di carbone, poi a scavare trincee, …. Conobbe la fame, l’orrore di vedere uccidere i suoi compagni, le lunghe marce per chilometri con pochissimo cibo in mezzo alla neve, durante le quali molti morivano. «Si moriva per una mela freddati dai colpi dei nazisti, si moriva per sfinimento perché non si riusciva a superare gli stenti a cui eravamo sottoposti. L’omini murianu comu li pampini chi carinu di l’arvuli. Io sono riuscito a sopravvivere perché ero giovane e scaltro: la notte pensavo a come raggirare i tedeschi».
Riuscito a scappare, grazie al suo coraggio e al suo animo indomito, trovò rifugio in una fattoria tedesca pensando che fosse abbandonata. Qualche giorno dopo arrivarono i proprietari tedeschi che, meravigliati di come si fosse preso cura della fattoria in loro assenza, decisero di accoglierlo. Venne però poi nuovamente catturato e condotto in altri campi di prigionia finché il 19 marzo del 1945 gli angloamericani lo liberarono. Dopo un periodo di quarantena in Francia, nel mese di giugno del 1945 poté rientrare a Mazara del Vallo.


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