Concludiamo oggi il nostro viaggio a puntate sulle ragioni e i fatti che hanno portato alla confisca dei beni per l'imprenditore di Trapani Giuseppe Ruggirello, con una serie di vicende che sono utili a capire come hanno funzionato, nel tempo, i rapporti tra mafia, imprese e professioni a Trapani.
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C’è un’altra società in cui si legano i rapporti tra Giuseppe Ruggirello e cosa nostra. E’ la Monte San Giuliano Costruzioni Srl, formalmente intestata ai figli dell’imprenditore a cui sono stati confiscati beni per 15 milioni di euro.
Per investigatori e giudici Ruggirello è stato un imprenditore a disposizione della mafia, e in particolare di Vincenzo Virga, storico boss trapanese che sta scontando l’ergastolo. Abbiamo raccontato in questi giorni delle speculazioni immobiliari, degli affari e delle società che facevano sostanzialmente il gioco della mafia.
Come appunto la Monte San Giuliano Costruzioni che è protagonista di una grande speculazione immobiliare in un’area molto ambita di Trapani.
Secondo quanto dichiarato da Giuseppe Messina, commercialista che ha raccontato alcune vicende legate all'imprenditoria mafiosa trapanese, nella società confluivano occultamente gli interessi della mafia capeggiata da Vincenzo Virga. E in particolare cosa nostra era interessata ad un particolare affare, quello dell’area ex Colli. Un terreno industriale di Trapani che la MSG era riuscita ad aggiudicarsi ad un’asta fallimentare. Per i giudici le vicende di questo terreno rappresentano una speculazione immobiliare caratterizzata dall’occulta presenza del boss Vincenzo Virga.
Una parte di quel terreno è stata poi rivenduta alla ATM Costruzioni per 520 miliardi di vecchie lire. Siamo nel 1994. L’ATM era al 50% dell’architetto trapanese Alberto Messina che secondo quanto rilevano i giudici nel decreto di confisca avrebbe avuto “noti rapporti d’affari con Antonino Pio Minore” figlio del più noto boss Calogero Minore.
Lo stesso Giuseppe Messina indica l’architetto omonimo interessato all’affare dell’immobile ex Tito Colli, ma estromesso per volontà di Vincenzo Virga dalla Monte San Giuliano Srl. Sempre Giuseppe Messina raccontò che l’architetto “otteneva informazioni relative ad indagini in corso da qualcuno nell’ambiente dei carabinieri di Trapani”. Messina commercialista racconta ancora di aver appreso da Messina architetto che “da parte della Questura era stato presentato un rapporto che lo coinvolgeva e che era riuscito a neutralizzare le attenzioni investigative di tale ufficio, testualmente mi disse che ‘aveva vinto la battaglia all’interno della Procura’, non so come e tramite chi”.
Una vittoria che, presumibilmente, consentì all’architetto Messina di partecipare serenamente all’affare “Colli”.
Intanto la Monte San Giuliano era rimasta titolare del rimanente lotto acquisito all’asta che poi fu ceduto in locazione alla Nuova Distribuzione Srl. Anche in questa vicenda, rilevano i giudici, Ruggirello emerge come la figura che consentiva a seguito dell’acquisto delle quote detenute dalla Sicania Srl al boss Vincenzo Virga di continuare ad operare occultamente all’interno della compagine sociale e di ricavarne gli utili. Scrivono ancora i giudici che Ruggirello intratteneva “costanti e continui contatti con soggetti legati a filo doppio alla criminalità organizzata di stampo mafioso, come Giuseppe Messina, Roberto Marciante, Vito Tarantolo, Alberto Messina e soprattutto Vincenzo Virga, rappresentando lo strumento attraverso cui questi soggetti facevano redditizi affari arricchendo le casse di cosa nostra”.
I giudici nel confermare la confisca, per determinare la sua “pericolosità sociale”, inquadrano un lasso di tempo in cui Ruggirello avrebbe avuto rapporti molto stretti con gli ambienti mafiosi. A partire, come abbiamo raccontato nella prima puntata di questa inchiesta, dal 1992, quando la Ruggirello Costruzioni entrava a far parte del capitale sociale della Il Melograno acquistando le quote della Sicania. Fino ad arrivare al 2006, quando si registra il passaggio delle quote dalla SMG riferibile a Ruggirello a Vito Tarantolo attraverso un prestanome. Un atto che consolida la disponibilità del terreno di via Libica che aveva costituito il progetto perseguito da Tarantolo e Ruggirello per oltre un decennio. Tutti i beni e le società operative nel periodo in cui secondo i giudici ci siano stati rapporti tra Ruggirello e la mafia sono da confiscare. Beni di un imprenditore che nel corso degli anni sfiorò il pericolo di finire in mezzo a processi di mafia, ma ne uscì pulito, anche grazie ad un clamoroso errore giudiziario. Quello dell’indagine archiviata perchè un omonimo era passato a miglior vita. Ma fu uno scambio di persona. Ruggirello ha la fedina penale pulita alla voce “mafia”. Ma i suoi beni sono stati confiscati.
Per riavvolgere il nastro: qui la prima puntata, qui la seconda, qui la terza.