In questi giorni in cui tanto si parla di rifugiati, e c'è chi quasi quasi vorrebbe fare dei distinguo tra rifugiati "buoni", quelli dell'Ucraina, e rifugiati "non buoni", quelli degli altri Paesi, torna d'attualità un agile saggio di Carlotta Sami scritto per HarperCollins. Si chiama, appunto "Rifugiati", ed è utile per demolire, sulla base dei dati e delle analisi, tanti pregiudici e luoghi comuni. Sami è un'esperta del tema, dato che è portavoce per l'Italia proprio dell'Agenzia dell'Onu per i rifugiati, che, sono vittime, oltre che di guerre e miseria, anche dell'odio e dell'ignoranza.
Sami definisce il suo lavoro un "modesto contributo", ma invece siamo di fronte ad un libro fondamentale, perché è strutturato per argomenti, partendo da una finta convinzione (ad esempio "Sono tutti finti rifugiati") e smontandola sulla base di dati e fatti. Già dalla parola stessa, rifugiato: non è uno che viaggia liberamente, che ne va dal suo Paese per comodità, ma una persona "a cui è impedito di toranre a casa in sicurezza". E questo già dovrebbe bastare a smontare molti discorsi d'odio.
Oltre ai dati, poi, ci sono le storie quella di Yahya, che ha trovato la salvezza in Sicilia, oppure Samy Salih, che viene dal Kurdistan, la martoriata regione a nord dell'Iraq.