Condannati in primo grado, ma assolti in secondo. La seconda sezione della Corte d’appello di Palermo ha, infatti, assolto tre poliziotti, fino al 2015 in servizio al commissariato di Mazara del Vallo, processati per abuso d’ufficio, falso in atto pubblico, favoreggiamento e calunnia in danno dei carabinieri, che nel 2019 erano stati condannati dal Tribunale di Marsala.
Ai tre imputati, i sovrintendenti Vito Pecoraro e Antonio Sorrentino e l’assistente Vincenzo Dominici, in primo grado furono inflitti quattro anni e mezzo di carcere ciascuno, nonché 5 anni di interdizione dai pubblici uffici.
Sorrentino era stato assolto dall’accusa di falsa testimonianza. L’inchiesta era nata in seguito agli sviluppi del procedimento che, il 6 luglio 2015, in Tribunale, ha già visto condannati in primo grado (ma assolti in appello) Pecoraro e Dominici a tre anni di reclusione ciascuno per falso ideologico in concorso. Processo nel corso del quale è scaturita l’indagine che ha visto Pecoraro e Dominici, insieme con Sorrentino, accusati di avere redatto una relazione di servizio, per la Procura “falsa”, in quanto retrodatata, proprio al fine di scagionare i primi due poliziotti dalle imputazioni. A Pecoraro e Dominici è stato contestato il fatto di non avere adottato, nel 2012, alcuna sanzione (né sequestro, né multe) dopo avere fermato, ad un posto di blocco, un’auto (Fiat Panda) priva di copertura assicurativa, non revisionata e su cui gravava anche un fermo amministrativo dell’Agenzia delle Entrate. Sul mezzo, però, i carabinieri avevano piazzato una microspia. Il proprietario, Vittorio Misuraca, quel giorno in compagnia di una sudamericana, era infatti indagato per sfruttamento della prostituzione. Ma il 30 giugno 2014, davanti il Tribunale di Marsala, nel processo ai due colleghi, il sovrintendente Sorrentino dichiarò che c’era una relazione di servizio, datata 19 aprile 2012, in cui Pecoraro spiegava che al posto di blocco non furono adottati provvedimenti perché sapeva che sull’auto c’era la microspia dei carabinieri. Dall’indagine, però, secondo l’accusa, sarebbe emerso che la relazione di servizio sarebbe stata redatta nel 2014. A difendere i tre poliziotti assolti sono stati gli avvocati Giuseppe De Luca, Gianni Caracci, Maurizio D’Amico e Stefano Pellegrino.