I carabinieri del Comando Provinciale di Catania, supportati dai reparti specializzati dell’Arma, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip del Tribunale di Catania nei confronti di 13 persone gravemente indiziate, a vario titolo, dei reati di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti nonché spaccio di sostanze stupefacenti.
L’indagine, coordinata dalla locale Procura Distrettuale e condotta dalla Compagnia di Gravina di Catania, ha consentito di far emergere l’operatività di un gruppo criminale, dotato di una struttura verticistica e dedito al traffico di cocaina e marijuana in almeno tre fiorenti piazze di spaccio situate tra Catania e Mascalucia, nel Catanese.
L’associazione, capace di incassare oltre 8mila euro al giorno dallo spaccio, era capeggiata da due cugini che sono risultati anche percettori del reddito di cittadinanza.
L’attività di indagine, scrivono gli inquirenti in na noa, “ha consentito di evidenziare la sussistenza di un grave quadro indiziario, commisurato all’attuale fase delle indagini in cui il contraddittorio tra le parti non risulta instaurato in modo completo, relativamente all’esistenza di una organizzazione criminale finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, operante nell’hinterland catanese di San Giovanni Galermo con al vertice due cugini: Attilio Salici e Gaetano Attilio che gestivano, tra l’altro, almeno tre fiorenti “piazze di spaccio” tra Catania e la villa comunale di Mascalucia”.
L’indagine trae origine dall’arresto in flagranza di uno degli indagati sorpreso durante la cessione di sostanza stupefacente e si è sviluppata mediante attività tecniche e dinamiche che hanno permesso di far emergere, tra l’altro, l’operatività “di uno stabile sodalizio dedito al traffico di stupefacenti, dotato di una base logistica ed operativa – una fiorente attività di autonoleggio sita in San Giovanni Galermo – strutturato secondo una precisa suddivisione dei compiti e degli orari di “lavoro”, con una “cassa” comune.
In particolare, secondo quanto emerso, la metodologia prevalente utilizzata nella distribuzione della sostanza era quella della cessione “porta a porta” – utilizzata anche in relazione alla limitazione alla circolazione a causa dell’emergenza pandemica – mentre ampiamente “decriptato” è stato il linguaggio convenzionalmente adottato dagli indagati per la compravendita dello stupefacente.
L’associazione, capace di introitare oltre 8 mila euro al giorno dallo spaccio, era altresì capeggiata da due cugini che sono risultati percettori del reddito di cittadinanza.
I due cugini indicati come capi e promotori dell’associazione sono risultati essere percettori del reddito di cittadinanza unitamente ad altri due dei sodali coinvolti per un importo pari ad oltre 36.000 euro“, si legge nella nota dei Carabinieri.