Continuiamo la nostra inchiesta a puntate per capire i fatti che hanno determinato lo scioglimento per mafia del Comune di Pachino. Qui la prima puntata, qui la seconda, qui la terza.
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Le congetture riportate da Paolo Borrometi circa il passaggio in maggioranza del consigliere Salvatore Spataro, visto come l’anello di congiunzione tra Salvatore Giuliano, la mafia e l’amministrazione comunale, non cadde nel silenzio.
Al contrario, il sindaco di Pachino allora in carica Roberto Bruno rispose con un video.
«Fin quando sarò sindaco di Pachino garantirò personalmente l’impegno contro ogni forma di illegalità, l’impegno a tutela della trasparenza, e l’impegno civile contro ogni forma di illegalità a partire da quella mafiosa», premetteva l’ex sindaco Roberto Bruno una volta appresa la campagna di discredito verso la sua amministrazione.
«Questo lo dico io oggi ma lo dice anche la mia storia personale e di tutta la squadra che mi sostiene dal primo giorno in cui i cittadini pachinesi mi scelsero e ci scelsero a governare la nostra comunità. Perché dico questo? Perché stamattina sono stato fatto oggetto di un attacco mediatico da parte del giornalista Paolo Borrometi, direttore de La Spia, dietro il quale, dal mio punto di vista, si cela una chiara matrice politica proveniente da alcune frange dell’opposizione. Le hanno tentate tutte - precisa Bruno - finanche lo scorso aprile di farmi decadere tentando di bocciare il bilancio di previsione dell’Ente. Ma non è andata a buon fine! Perché a parlare chiaro sono gli atti amministrativi che abbiamo promosso in questi tre anni e che continueremo a produrre nei due anni che abbiamo ancora davanti. Atti amministrativi che guardano solo all’interesse collettivo, al bene dell’ente comunale di Pachino, e l’interesse della collettività e del territorio. Per questo motivo, nei prossimi giorni mi recherò alla Procura della Repubblica e chiederò di incontrare il Procuratore Capo e a lui spiegherò quello che sta succedendo dal punto di vista politico fra maggioranza e opposizione e i tentativi maldestri di gettare tonnellate di fango sul mio buon nome e sul buon nome della mia amministrazione. Invito ovviamente la Magistratura a compiere con lo stesso rigore delle indagini del passato, quelle del recente passato, del presente e del futuro».
E rispondendo direttamente a chi, ai suoi occhi aveva avviato quella campagna di discredito, Roberto Bruno affermerà: «Noi apprezziamo l’impegno civile di Paolo Borrometi, conosciamo la sua storia, quello che ha fatto e quello che sta vivendo come professionista e come giornalista. Ma non posso consentire nell’interesse del buon nome di Pachino che rappresento, nell’interesse del buon nome della collettività e della mia cittadinanza che Pachino del 2017 venga incautamente paragonata a Corleone degli anni Settanta e Ottanta. Per questa ragione, invito Paolo Borrometi e tutti i giornalisti che vogliono, di venire a Pachino, di rivolgerci qualsiasi domanda a incontrare me e la mia amministrazione, i consiglieri e le forze politiche di maggioranza e di opposizione in modo tale da farsi un’idea chiara di quale sia la situazione politica e non solo politica che noi abbiamo in questa città che stiamo in questo momento governando. E questo invito lo rivolgo nell’interesse della mia collettività perché noi vogliamo ribadire l’impegno contro ogni forma di illegalità a partire dal contrasto senza se e senza ma alla mafia».
Per pronta risposta Borrometi, il 22 agosto 2017, oltre a smarcarsi dalle accuse di commissione dell’articolo da parte dell’opposizione, continuava a sostenere le sue tesi e incalzava: "Quando l’anno scorso Giuliano mi minacciò di morte Lei non disse una parola, perché?". Borrometi mandò anche il link di un articolo sul grave fatto.
Ecco, Nel momento in cui vi scriviamo proviamo ad aprire il collegamento ipertestuale proposto da Borrometi al sindaco Bruno, collegamento che rimanda a una pagina di “Ossigeno per l’informazione”, l’osservatorio promosso congiuntamente dalla Federazione Nazionale Stampa Italiana e dall'Ordine dei Giornalisti con lo scopo di monitorare minacce e gravi abusi a danno di giornalisti italiani compiuti per oscurare notizie di interesse generale per l'opinione pubblica. Ebbene, l’articolo su “Ossigeno per l’informazione” risulta essere rimosso. Perché?
Smanettando un po', recuperiamo la pagina rimossa. Si tratta di un comunicato come tanti se ne trovano in giro a sostegno delle tesi di Borrometi che riportava le esecrabili minacce ricevute. Salvatore Giuliano a commento di un articolo accompagnato da foto che lo ritraevano con i suoi familiari e in cui veniva associato al clan Trigila - con cui ha nulla a che vedere anche per il Tribunale - scriveva: «A quel giornalista così valente di minchiate dico solo non toccare la mia persona e la mia immagine soprattutto. Perché ti rompo il culo». Gabriele Giuliano scriveva invece: «E chi ha detto che voglio ammazzare tutti. Però a te, fidati, che la testa te la sbatto muri muri cesso». Perchè adesso per "Ossigeno per l'informazione" questi commenti non sono più "minacce di morte"?
Imputati per tentata violenza privata e minacce aggravate dal metodo mafioso, Salvatore Giuliano e il figlio Gabriele già in sede di dibattimento hanno prodotto alcuni elementi interessanti, per contraddire il giornalista, come gli screenshot che attestano la rimozione di commenti provocatori poi cancellati, e le risposte rese e sulle quali è fondata l’accusa. E ancora non è finita.
Borrometi insiste e non demorde. Continuano le sue inchieste che, puntuali, vengono rilanciate negli spazi social anche del senatore grillino Mario Michele Giarrusso.
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