Cosa c'entrano tre sim card telefoniche vendute a Terni con la sparizione di Denise Pipitone? E' questa una delle ultime novità sulla vicenda della pixccola di Mazara del Vallo rilanciata dall'ex pm Maria Angioni, che è sottoposta a processo a Marsala e che dice di essere a disposizione degli inquirenti per trovare Denise. n
“Nessuna comunicazione ufficiale. Solo dei post sul mio profilo Facebook per tenere alta l’attenzione su un caso ancora aperto dopo 18 anni e che mi sta particolarmente a cuore”. Così Maria Angioni, l'ex pm che indagò sulla scomparsa di Denise Pipitone a Mazara del Vallo. E che ora vorrebbe chiarire una volta per tutte perché “la mattina della sparizione della bambina almeno tre schede sim di cellulari di persone, poi entrate nel procedimento, risultavano acquistate dallo stesso punto vendita di Terni. Lo si vede dall’esame dei tabulati telefonici che peraltro sono a disposizione e degli inquirenti. Può essere soltanto una casualità spiegabile in modo del tutto legittimo. Ma è comunque uno spunto ulteriore da indagare. Tra l’altro, analizzando il traffico telefonico di quella mattina, risulta che una delle sim card vendute a Terni compie un tragitto che - osserva - è del tutto compatibile con le zone dove si verificò la scomparsa di Denise”.
La dottoressa Angioni precisa che questi fatti, neanche quando lei si occupava delle indagini, furono approfonditi in modo particolare rispetto al resto dell’inchiesta.
“Non ci sono mai state comunicazioni alla Procura di Terni che però, come di prassi, può agire di propria iniziativa. Per il resto posso solo dire che mi auguro che gli inquirenti prendano in esame anche questo nuovo spunto che a mio parere - prosegue - merita di essere approfondito con la massima attenzione. Per quanto mi riguarda sono a disposizione degli inquirenti così come della nuova commissione parlamentare d’inchiesta sulla scomparsa di Denise Pipitone”.
Proprio in questi giorni la commissione Affari costituzionali della Camera ha dato l’ok definitivo alla proposta di istituire l’organismo monocamerale d’inchiesta. La bambina, siciliana all’epoca dei fatti, non aveva ancora quattro anni. Da allora sua madre, Piera Maggio, non ha mai smesso di lottare per chiedere giustizia e verità.