Azzerata la giunta regionale guidata da Nello Musumeci, lo strappo si è consumato ieri pomeriggio in Aula, la crisi si è aperta in seguito alla votazione dei tre grandi elettori che andranno a loro volta ad eleggere il nuovo Capo dello Stato.
Nello Musumeci, attuale governatore, arriva solo terzo. Primo c’è Gianfranco Miccichè, con 44 voti, attuale presidente d’Aula, e secondo il deputato del M5S Nuccio Di Paola con 32 voti, Musumeci arriva appena a 29.
Ed è crisi aperta, questo voto significa una netta sfiducia nei confronti dell’attuale governatore, che non ha reagito ovviamente bene alle operazioni che hanno travolto la politica e che mirano anche agli equilibri regionali futuri. Una prova di forza fatta in aula.
E questo lo sa molto bene lo stesso presidente Musumeci, che evidentemente in giunta ha degli assessori che non dialogano con i deputati di riferimento, un corto circuito e uno scollamento che non porta a nulla di buono, che di fatto ha visto proprio il governatore richiamare immediatamente tutta la giunta per un confronto serio. Fine dei giochi e fine all’occupazione di poltrone senza una copertura poi all’ARS.
E’ stato un colpo basso quello sferrato da una maggioranza che in verità non è mai esistita e che ha mantenuto degli equilibri puntando proprio sugli assessorati, a dare le carte quasi sempre è stato il presidente dell’ARS Miccichè, la delusione di Musumeci, però ,non lascia tempo al rammarico e minaccia le dimissioni, non sarà in mano ad altri, non saranno i gruppi e gli assessori a decidere il destino politico del presidente.
Immediata la sua reazione attraverso una nota: “Non posso non prendere atto dell'esito del voto espresso dall'Aula e del suo significato politico. Se qualche deputato - vile e pavido - si fosse illuso, con la complicità del voto segreto, di aver fatto un dispetto alla mia persona, si dovrà ricredere. Perché il voto di questo pomeriggio - per la gravità del contesto generale - costituisce solo una offesa alle Istituzioni regionali, a prescindere da chi le rappresenta. Nella consapevolezza di avere ottenuto la fiducia del popolo siciliano, adotterò le decisioni che riterrò più giuste e le renderò note entro le prossime ventiquattr’ore”.
Alle 21 di ieri sera poi la reazione è avvenuta subito: azzerata l’intera giunta, Musumeci non lascia, dice, ma raddoppia e rilancia. Non ci sta ai mezzucci utilizzati da 7 o 8 deputati che utilizzano il mezzuccio dell’ “avvertimento” per ottenere delle posizioni, peraltro con il voto segreto. Una resa dei conti per Musumeci da parte di questi deputati che hanno fatto delle richieste e hanno ricevuto un no, deputati che il governatore definisce “Scappati di casa”.
C’è amarezza da parte del presidente ma è pronto a lasciare per strada i “disertori”: “Questo governo non riceve condizionamenti da nessuno” .
Il governatore dice che è pronto a perdere per strada questi deputati, di cui farà a meno e a proseguire con altri assessori, qualcuno verrà riconfermato.
Dai banchi dell’opposizione è Claudio Fava a chiedere le dimissioni: “A prescindere dalle decisioni che il Presidente prenderà nelle prossime ore, il voto di stasera certifica che Musumeci non ha più alcuna maggioranza. Ne preda atto, quantomeno per salvaguardare la dignità della funzione che rappresenta. Nei prossimi mesi, per le scelte che la attendono, la Sicilia avrà bisogno di un governo autorevole, legittimato da una solida maggioranza. È chiaro che quel governo non potrà essere guidato da Musumeci. Le sue dimissioni rappresenterebbero oggi un atto di decenza e di rispetto per le sorti della Sicilia.”
Dura la reazione di Totò Cuffaro, che si schiera accanto a Musumeci: “Il rispetto per le Istituzioni non è solo un dovere ma è anche un diritto. La differenza è sostanziale, perché i doveri si ottemperano, i diritti invece si scelgono e il diritto di rispettare le istituzioni resta sempre una scelta non negoziabile, soprattutto con la propria coscienza. Io credo che oggi nel voto per l’elezione dei grandi elettori la maggioranza non abbia saputo proteggere questo diritto e non possono esserci ragioni che ne giustifichino il non rispetto. Non è una bella pagina”.