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05/01/2022 07:00:00

42 anni fa l'omicidio di Piersanti Mattarella, ancora senza una verità 

Brevissima cerimonia - non aperta al pubblico - al cimitero comunale per ricordare Piersanti Mattarella, nato a Castellammare del Golfo nel 1935 ed ucciso a Palermo il 6 gennaio del 1980, quando era presidente della Regione siciliana.

A quarantadue anni dall’assassinio, l’amministrazione comunale commemorerà Piersanti proprio nel giorno dell’Epifania. Per non creare assembramenti e rispettare le misure di contenimento del Covid-19, il 6 gennaio 2022, alle ore 11, sarà solo il sindaco Nicolò Rizzo a raggiungere la chiesetta cimiteriale e deporre una corona d’alloro sulla tomba di Piersanti Mattarella.  

E a 42 anni di distanza l'omicidio di Piersanti Mattarella rimane avvolto nel mistero. A parlare è il nipote Piersanti, omonimo del nonno.  "Un evento che oltre a colpire la vita pubblica dei palermitani e dei siciliani, ha chiaramente sconvolto anche la vita personale di mia nonna, di mio padre e di mia zia, ma non solo. Anche i miei figli, in futuro, verranno travolti da un omicidio che nonostante sia stato sotto gli occhi di tutta la nazione per molto tempo, a distanza di 42 anni, ancora non ha trovato la chiave di volta. Non si è riusciti a compiere una esatta valutazione di ciò che è successo e del perché, anche se abbiamo molti indizi per poterci fare un'idea da alcuni atti di indagine e dalle emergenze processuali di altri procedimenti". Il ricordo del nonno: "Me lo raccontano come una persona solare, molto empatica, capace con lo sguardo di catturare l'attenzione delle persone a cui si rivolgeva, una persona molto equilibrata, oggettiva e nonostante abbia avuto dei valori forti e dei principi saldi, si rapportiva, si apriva a un dialogo anche con persone che potevano avere idee politiche opposte alle sue ma che avevano la voglia di fare qualcosa per la comunità. Un esempio? Il rapporto che aveva con Pio La Torre, un politico che era un avversario politico ma con il quale, nonostante le ampie divergenze, c'era una ampia convergenza sull'aspetto della legalità, nella lotta al malaffare ma in generale della lotta ai centri di potere occulti nella politica siciliana".

Come ha ricostruito qualche anno fa Giovanni Grasso, il capo della Comunicazione del Presidente della Repubblica, nel libro “Piersanti Mattarella. Da solo contro la mafia” (San Paolo editore) gli assassini utilizzarono due targhe. Il giorno prima, avevano rubato la 127 con la targa “PA 536623”. Poi, avevano asportato da una Fiat 124 la targa “PA 540916”. E costruirono una nuova sequenza, con i numeri che avevano a disposizione: “PA 546623”, che è rimasta sull’auto abbandonata dopo l’omicidio. Secondo gli esami tecnici lo spezzone di targa “563091” è “unico e originale dell’epoca”. Ma i magistrati continuano ad indagare nella stessa direzione del giudice Falcone più di 30 anni fa. Pochi mesi fa la Commissione nazionale antimafia ha desecretato il resoconto stenografico della seduta del 22 giugno 1990 sull’omicidio dell’ex presidente della regione Sicilia Piersanti Mattarella. Durante l’audizione furono sentiti alcuni magistrati palermitani tra cui Giovanni Falcone, allora procuratore aggiunto della Repubblica di Palermo e il giudice istruttore Leonardo Guarnotta.

Falcone nel suo verbale aveva parlato di più di un mandante dietro l’omicidio del Presidente della Regione Siciliana. Ecco cosa disse: “Ci sono tutta una serie di riscontri che per brevità ometto, e che ci hanno portato a dover valutare il fatto che queste risultanze probatorie fossero conciliabili con una matrice e quindi con dei mandanti sicuramente all’interno della mafia, oltreché ad altri mandanti evidentemente esterni”. Secondo Falcone l’omicidio Mattarella rientrava in una catena di “omicidi eccellenti” che legavano l’omicidio di Michele Reina, Dalla Chiesa e Pio La Torre.

Nell'audizione fatta da Giovanni Falcone davanti alla Commissione antimafia emerge che l'omicidio di Piersanti Mattarella “non è stato solo un omicidio di mafia ma anche un omicidio politico”, maturato in un contesto che comprendeva convergenze operative tra mafia e ‘antistato'. "Questa indicazione è la conclusione di un ragionamento molto articolato che viene fatto - dice  il Presidente del Tribunale di Palermo - Ci sono una serie di elementi ulteriori che vengono presi in considerazione dalla Corte d'assise di Bologna" - spiega – “c'è poi una tematica molto più ampia, che forma oggetto della sentenza e comprende le questioni sul ruolo di Pippo Calò, di cui si parla". "In sostanza viene recepita l'impostazione che aveva dato il giudice istruttore di Palermo nel 1991".



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