Caro direttore,
Oggi vorrei parlare del senso del dovere e del senso del piacere. Ne parlo perché ogni giorno sulla mia strada incontro persone, uomini e donne, che portano pesi ingombranti non tanto sulle spalle, ma sullo "stomaco". Questi pesi si formano tutte quelle volte che l'uomo o la donna dice "si" quando in realtà vorrebbe dire "no". Ma anche quando dice "no" desiderando dire "si".
In psicologia il fenomeno si chiama repressione. Ed ha delle conseguenze disastrose. Innanzi tutto per la salute fisica e inevitabilmente per quella psichica. Il non dire e non fare quello che si sente, mossi dalla paura, crea una tensione fisica, che va a danneggiare le parti più fragili del nostro corpo incidendo innanzitutto sulla respirazione e la circolazione del sangue.
A livello mentale il reprimersi crea confusione e affollamento di pensieri. Ce ne accorgiamo perché vediamo la persona confusa. E quando la confusione diventa insostenibile la vediamo parlare concitata e aggressiva. Come quando si sta annegando si scalpita per non finire sott'acqua.
Vedo tante persone che si reprimono, oberate da una vita "pesante". Dove subiscono continuamente mossi dalla paura.
E in questi due anni di restrizioni sanitarie il peso di questo modo di vivere in tante persone ha aggravato il peso quotidiano. Le conseguenze sono un clima di tensione che sconvolge le relazioni all'interno delle famiglie e tra gli amici.
Ma a tutto c'è un limite. Fisiologico. Oltre il quale c'è il conflitto sociale e la malattia.
Paolo Mario Buttiglieri