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14/12/2021 06:00:00

La tragedia di Ravanusa: si cercano due dispersi, le indagini, la fuga di gas e la manutenzione 

Selene e il marito Giuseppe, la giovane coppia di Ravanusa –oggi la donna avrebbe dovuto partorire il loro primo figlio, si sarebbe chiamato Samuele - è stata trovata sul divano assieme ai genitori di lui, Angelo Carmina e Enza Zagarrio. I quattro corpi sono stati individuati ieri mattina completamente coperti di calcinacci. E’ salito così a sette il numero delle vittime. I quattro componenti lo stessi nucleo familiare si aggiungono alle prime tre vittime ritrovate Pietro Carmina, 68 anni, docente di storia e filosofia dell’istituto Foscolo di Canicatti’, la moglie Carmela Scibetta e Calogera Gioachina Minacori. Le due donne sopravvissute sono Rosa Carmina, trovata viva tra le macerie e la cognata, Giuseppa Montana. I due dispersi sono Calogero e Giuseppe Carmina, padre e figlio, che per tutti sono già l’ottava e la nona vittima dell’esplosione.

L'intervento sulla rete del gas, le indagini -  Mentre si continua cercare gli ultimi dispersi, sono tanti i quesiti a cui dare risposta e c'è un'inchiesta per omicidio e disastro colposo che va avanti da parte della Procura di Agrigento guidata da Luigi Patronaggio. Cinque giorni prima della strage di Ravanusa c’è stato un intervento di manutenzione ordinaria sull’impianto della rete di metano ma non aveva evidenziato criticità. Lo hanno accertato i carabinieri che ora dovranno acquisire il verbale d’intervento per verificare chi abbia materialmente eseguito il collaudo per conto di Italgas e se sia stato compiuto in modo corretto. intervento di manutenzione fatto 5 giorni prima dell’esplosione e che non aveva rivelato criticità. La procura vuole vederci chiaro pure sulla possibilità che ci fossero allacci abusivi. Poco dopo l’esplosione, già ieri mattina, Patronaggio è stato sul luogo delle macerie per un primo sopralluogo ed è stata aperta un’inchiesta per disastro ed omicidio colposo. Per fare chiarezza sulle voci che si rincorrono dal giorno dell’esplosione, i militari stanno, invece, acquisendo a verbale tutte le testimonianze utili.

Le ipotesi su ciò che è accaduto - «Appena finite le ricerche dei dispersi — spiega il comandante provinciale dei carabinieri di Agrigento, il colonnello Vittorio Stingo — scatterà il sequestro dell’area». Molto più ampia dell’isolato collassato. «Verrà fatta un’ampia mappatura dei luoghi», ha annunciato il procuratore. Ma il lavoro, già si sa, sarà lungo e complesso. Ci sono diecimila metri quadrati da controllare, decenni di documentazione da acquisire, amministratori ed ex da sentire, insieme a chi si è occupato di verificare lo stato di quelle condutture. E poi le immagini di tutte le telecamere di sorveglianza della zona da esaminare per capire come abbia camminato il fuoco, da dove sia partito, quale sia stato il vero punto d’origine dell’esplosione. Al momento, ci sono ancora troppe macerie per avere certezze. Si parte da un’ipotesi frutto delle prime verifiche. Sotto quelle palazzine, forse per l’intera giornata di sabato, si è accumulato gas metano nel sottosuolo. Poi un ascensore, la luce accesa in una stanza, o magari una sigaretta, ha fatto da innesco. Così ipotizzavano i tecnici fra le macerie.

 

Il racconto della sopravvissuta - «All’improvviso, la luce è andata via ed è venuto giù tutto», racconta al cronista di Repubblica la signora Giuseppina Montana, che all’alba di domenica si trovava su una barella del pronto soccorso di Agrigento. È rimasta per otto ore sotto le macerie della palazzina dove abitava con alcuni familiari. Piange, si lamenta: «Mi fanno male le gambe, la testa». E continua a chiedere al figlio, Giuseppe Carmina: «Ma cos’era quella vampata viola che mi ha accecata, prima dell’esplosione?». Non riesce a darsi pace questa donna di 80 anni. «È un miracolo che sia viva», si commuove il figlio. «Devono dirmi cos’è successo», ripete lei. Alle 20,48 di sabato, un boato ha sventrato il quartiere più antico del paese agrigentino — Mastro Dominici si chiama — demolendo non solo la palazzina dei Carmina, ma anche altre tre, in via Trilussa. E undici persone sono state inghiot tite tra fiamme e un odore soffo cante di gas, come fosse esploso un ordigno micidiale. «Come a Beirut dopo un attentato — dice Salvo Cocina, il capo della Protezione civile regionale.

La rete del gas, il dissesto ideogeologico e la manutenzione -  E dopo quanto successo a Ravanusa non si può non analizzare e porsi alcune domande sulla rete del gas in Italia, che ricordiamo si trova in un paese molto fragile dal punto di vista idrogeologico. E’ enorme la rete di distribuzione del gas nel nostro Paese. E’ lunga 265.920 chilometri. Nel 2020 è cresciuta di 1.885 chilometri. Mentre sono 194 le società, di gestione tra grandi e piccole, diminuite negli ultimi quindici anni per via delle fusioni, iniziate dopo la liberalizzazione del mercato nel 199. Un terzo delle aziende è pubblico e il metano arriva nelle case, per una quota maggioritaria grazie a Italgas, che è la società che gestisce le tubature esplose a Ravanusa, altre aziende sono 2i, A2a, Hera. La rete all’ingrosso, che preleva dai bacini energetici nazionali o esteri il gas e lo porta vicino ai centri abitati, è curata da Snam con altri 32.647 chilometri. E proprio l’enorme quantità di gas che si trova in profondità minime, deve rapportarsi con quello del dissesto idrogeologico nel Paese che, da solo, conta i due terzi delle frane d’Europa: sono state 620.808 nel 2018, secondo il rapporto Ispra, sull’8 per cento del territorio italiano. Non esiste un ente nazionale — sia ministeriale, sia l’autorità per la sicurezza nel trasporto — che abbia in mano una mappa del rischio gas. Non esiste, di conseguenza, una mappa nazionale. Lo dice il direttore generale del Comitato italiano gas, Stefano Cagnoli: «L’evidenza di eventuali pericoli nella posa delle tubature deve essere segnalata o contestata dai Comuni». Italgas, il gestore di Ravanusa, assicura di possedere «una conoscenza precisa del territorio» in cui lavora, ma poi invia una nota in cui rimanda ai Comuni ogni responsabilità su rischi e manutenzione: «In fase di costruzione di una nuova rete, la progettazione deve tener conto di eventuali fenomeni di dissesti idrogeologici. In quel caso l’amministrazione comunale può rigettare la richiesta o accoglierla con prescrizioni. Nel corso della vita di un’infrastruttura, è l’amministrazione comunale a sovrintendere la cura del territorio e a informare tempestivamente gli enti gestori in caso di eventi che possano compromettere l’integrità dell’infrastruttura stessa». E il punto di domanda, che vale per la rete del gas come per le altre infrastrutture nel nostro Paese è: si effettuano periodicamente le manutenzioni della rete, o si costruisce e per 40 o 50 anni poi non viene più controllata come si dovrebbe, un po’ come avviene per strade, ponti, viadotti e gallerie?



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