Seminiamo la gentilezza, solo così possiamo fermare la violenza sulle donne
di Rossana Titone - 25 novembre, mi piacerebbe fosse il giorno 0. E invece anche oggi in tutta Italia conteremo le vittime che hanno pagato con il prezzo della vita l’aver amato qualcuno.
La pandemia ha acuito il dramma, la violenza tra le mura domestiche è aumentata in maniera esponenziale. Si parte dalla violenza economica, una donna senza una sua indipendenza economica non riuscirà a staccarsi dal nido che si trasforma in gabbia, poi in tomba.
A questo tipo di violenza si accompagna quella psicologica, subdola, che scava, che plagia, che fa sentire una donna sbagliata, la stessa donna che riesce anche a giustificare gesti violenti dandosi la responsabilità dell’accaduto. Botte, umiliazioni, parolacce, terrore, odio. Non è amore. Non è educazione.
Si parte da lì, dalla prima forma di regole che un bambino e una bambina ricevono: l’educazione, che poi si declina in rispetto, accettazione dell’altro, capacità di dialogo e mai di violenza né fisica né verbale.
Ogni anno contiamo le vittime, assistiamo ai discorsi dei rappresentanti delle istituzioni, degli esperti, ma serve davvero tutto questo?
Le date ci sono per essere ricordate, per promuovere azioni e per sensibilizzare, ma da sole non bastano se non c’è un percorso che duri tutto l’anno e che affronti con fare pragmatico il fenomeno.
Parlarne, parlare sempre. Questa sarebbe già una rivoluzione. Parlarne non tra noi, parlarci non addosso ma confrontarsi con le giovani, le bambini, gli uomini. Parlarne insieme perché anche le donne possono non comprendere i disagi di altre donne.
E poi parliamo di strumenti, quelli che ci sono sono efficaci? Ancora no. E qui la politica deve intervenire subito. Una donna che scappa dal suo aguzzino è una donna che deve ricostruire se stessa, deve rimettere insieme i pezzi, deve capire che non è una donna sbagliata, che il suo cuore ha provato a cambiare ciò che invece non poteva essere cambiato.
C’è bisogno di sostegno economico serio e concreto, c’è bisogno di lavoro per creare le condizioni necessarie e dignitose di una rinascita.
La donna è in movimento, fa passi avanti e indietro, l’uomo in questo momento invece è fermo perché c’è una società interamente pensata al maschile, ed ecco perché l’uomo si pone meno domande rispetto ad una donna.
Una donna ferita è una donna congelata, che ha deciso di mettere in soffitta al buio le sue emozioni, le sue capacità, le sue speranze, i suoi sogni. Una donna violentata nell’animo è una donna che non si aspetta più nulla se non di morire. Ognuno di noi ha delle responsabilità, per il proprio ruolo, ognuno di noi può essere differenza.
Seminiamo la gentilezza in chiunque incontriamo, casa per casa, entriamoci con i social, oggi mezzo potentissimo e a disposizione di chiunque, per mostrare la parte normale di una società che non può picchiare e non può governare i processi della vita con l’odio, che non può picchiare. Che non deve uccidere.
E’ un percorso lunghissimo e difficile, coraggioso e necessario.
Prima o poi dopo la semina il raccolto ci sarà.
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