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06/11/2021 08:51:00

"E' il boss di Partanna". Comincia il processo a Mimmo Scimonelli

E’ stato avviato, in Tribunale, a Marsala, un processo che vede imputato, per associazione mafiosa ed estorsione, il presunto boss di Partanna Giovanni Domenico Scimonelli, di 54 anni.

Ad accusarlo sono due suoi ex presunti gregari, Nicolò Nicolosi, di Vita, e Attilio Fogazza, di Gibellina, entrambi poi pentitisi, che nel settembre del 2020 sono stati condannati, in abbreviato, per associazione mafiosa e per attentati incendiari dei quali si sono autoaccusati, affermando di averli compiuti su ordine di Scimonelli. Nicolosi e Fogazza, entrambi 49enni, sono stati condannati dal gup di Palermo Maria Cristina Sala a sei anni e 4 mesi di carcere ciascuno.

I due avevano collaborato con la giustizia ed erano già stati condannati a 16 anni ciascuno dopo essersi autoaccusati dell’omicidio di Salvatore Lombardo, un pastore di 47 anni ucciso con due colpi di fucile il 21 maggio 2009 a Partanna. Anche in questo caso hanno accusato Scimonelli di essere il mandante. E per questo il presunto boss, che in passato avrebbe anche curato i conti bancari segreti di Matteo Messina Denaro in Svizzera, è stato condannato all’ergastolo con sentenza ormai definitiva. In questo secondo procedimento, invece, Nicolosi e Fogazza hanno dichiarato di essere gli autori di una serie di attentati incendiari eseguiti, tra il 2008 e il 2012, contro imprenditori e professionisti della Valle del Belice. Una delle intimidazioni i più eclatanti fu quella ai danni di Nicola Clemenza, presidente dell’associazione Libero futuro antiracket di Castelvetrano, a cui fu incendiata l’auto e il prospetto dell’abitazione il giorno prima dell’inaugurazione di un consorzio di agricoltori di cui era promotore.

Nato a Locarno, “Mimmo” Scimonelli, difeso dall’avvocato Calogera Falco, ha vissuto in Svizzera per oltre 20 anni prima di trasferirsi in Sicilia. A Partanna, è diventato un uomo d’affari (gestore supermercati Despar e azienda vinicola “Occhiodisole”). E spesso tornava in Svizzera, a Lugano, perché lì, secondo gli investigatori, aveva le chiavi delle casseforti di Matteo Messina Denaro. I viaggi in Svizzera sarebbero serviti per controllare i conti correnti del boss castelvetranese, per conto del quale avrebbe anche raccolto i "pizzini" degli altri "associati". A Scimonelli, nel novembre 2019, sono stati confiscati beni per un valore stimato in 3 milioni di euro. In Svizzera, la pista seguita dagli investigatori riguarda una serie di carte di credito collegate ad una banca di Lugano. Trasferitosi in provincia di Trapani, Scimonelli è diventato, secondo gli investigatori, uomo d’onore della famiglia mafiosa di Partanna e uomo di fiducia del latitante Messina Denaro, per il quale avrebbe fatto da corriere con borse piene di soldi da depositare nelle banche luganesi. Altri soldi, poi, venivano riportati a Castelvetrano. Nel Ticino, Mimmo Scimonelli aveva intestato, sempre secondo l’accusa, diverse società a dei prestanome ticinesi con l’unico scopo di disporre di carte di credito su cui sono risultati numerosi movimenti non collegati con le società dato che le stesse erano scatole vuote senza attività. Anche in passato la polizia svizzera si era messa sulle tracce del super latitante seguendo la pista di traffici illeciti di reperti archeologici e opere d’arte e il riciclaggio di ingentissime somme di denaro.  



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