
Mazara, processo per intestazione fittizia a Buzzotta e altri. Si va verso la prescrizione
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Si sgonfia il processo “Burzotta Andrea + 9”: intestazione fittizia di beni, in alcuni casi con l’aggravante di aver favorito Cosa Nostra, e per un imputato, il 65enne mazarese Vincenzo Sinacori, anche usura.
Il tempo trascorso dai fatti contestati (quasi dieci anni) ha, infatti, costretto il pm della Dda Giacomo Brandini a chiedere ai giudici del Tribunale di Marsala (presidente Vito Marcello Saladino, a latere Matteo Giacalone e Andrea Agate) il “non doversi procedere” per intervenuta prescrizione dei reati. Vanificato, quindi, il lavoro degli inquirenti.
Uno dei nomi più noti, tra gli imputati, era quello di Giuseppe “Pino” Burzotta, mazarese, deceduto nell’agosto 2020 all’età di 71 anni, che pur non avendo riportato condanne per mafia, per la Dia sarebbe rientrato “tra i soggetti indiziati di 'appartenenza' ad associazione di tipo mafioso”, fornendo ad alcuni suoi esponenti “supporto economico e finanziario”. Anche se la difesa ha sottolineato che in sede di misure di prevenzione è stata dichiarata la “insussistenza” dell’aggravante mafiosa per Burzotta, per il quale, adesso, il Tribunale ha disposto lo stralcio, dichiarando il non luogo a procedere per morte del reo.
Gli altri imputati il figlio Andrea Burzotta, 48 anni, che è stato anche consigliere comunale e provinciale (Forza Italia), Calogero Cangelosi, 75 anni, originario di Poggioreale, il figlio Michelangelo, di 32, Gaspare Castelli, di 67, e figli Francesco, di 31, Vincenzo, di 38, e Paolo, di 43, Vito Gancitano, di 76, e Vincenzo Sinacori, di 65.
Tra gli avvocati difensori, Leo Genna, per Burzotta, Marilena Messina (per i Castelli), Walter Marino, Michele Polizzi, Giuseppe Ferro di Castelvetrano e Francesco Paolo Maurigi.
I difensori, puntando ad assoluzioni, piuttosto che alla prescrizione, terranno le loro arringhe il 18 ottobre. Il principale investigatore ascoltato nel processo è stato il colonnello della Guardia di finanza Rocco Lo Pane, ex capo della Dia di Trapani, che tre anni fa, in aula, ha parlato delle intercettazioni telefoniche, dei movimenti bancari (incasso assegni) e delle deleghe ad operare su conti correnti che per l’accusa dimostrerebbero come il defunto Pino Burzotta sarebbe stato il “socio occulto” di un’impresa edile e di movimento terra intestata a Vincenzo Castelli. “Noi – ha continuato Lo Pane - riteniamo che l’impresa Castelli sia stata partecipata in maniera occulta da Giuseppe Burzotta. In alcune intercettazioni, infatti, Burzotta parla di lavori che l’impresa Castelli eseguiva a Marettimo, ne sollecitava conteggi e pagamento e invitava il padre di Vincenzo Castelli a far emettere fattura in acconto per 30 mila euro. Ha, inoltre, incassato assegni a lui intestati e aveva delega ad operare su conto corrente della ditta. Abbiamo anche documentato assegni portati all’incasso su conto intestato ad Andrea Burzotta. In una telefonata, poi, usava il termine socio”. Un “dettaglio”, quest’ultimo, che l’avvocato Leo Genna ha cercato di confutare, anche se l’ufficiale delle Fiamme Gialle ha ribadito che in una conversazione ciò era molto chiaro.
Tra le varie contestazioni mosse dalla Dda, l’atto con cui, il 6 giugno 2011, presso il notaio Sergio Bandini, Andrea Burzotta e Michelangelo Cangelosi costituirono la società “B e C Costruzioni srl”, cedendone “occultamente”, secondo l’accusa, “il potere di gestione e la disponibilità dei beni” a Burzotta senior, che nell’acquisizione del “compendio aziendale”, nonché nella gestione operativa della società avrebbe investito “risorse finanziarie, profitto di attività illecite”. Mentre Michelangelo Cangelosi ne avrebbe mantenuto il “controllo occulto”. Calogero Cangelosi, invece, avrebbe coadiuvato Giuseppe Burzotta nella gestione della società “pur senza rivestire ruoli formali”
. Tutto ciò, secondo l’accusa, “anche al fine di favorire l’organizzazione criminale di tipo mafioso denominata Cosa nostra”. Un caso di intestazione fittizia senza aggravante mafiosa è, invece, quello relativo all’acquisto, nel settembre 2012, l’acquisto, da parte di Paolo Castelli, ad una vendita giudiziaria del Tribunale di Marsala, di un appartamento di 160 metri quadrati a Mazara per 38.600 euro. Ma quel denaro sarebbe stato sborsato da “Pino” Burzotta “al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali”. Insomma, per evitarne il sequestro da parte dello Stato. Burzotta senior, ex consigliere comunale socialista, è stato, infatti, in passato, un “sorvegliato speciale”. Anche se non è stato mai condannato per mafia.

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