Gentile redazione, sono un operatore sanitario di assistenza domiciliare e ho deciso di scrivere per criticare la mia esperienza con la sanità locale.
Il mio è un sevizio fondamentale per garantire assistenza infermieristica, riabilitativa e socioassistenziale per le persone fragili costrette a casa per le più svariate patologie, anche per i pazienti dimessi dall'ospedale in fase acuta e subacuta. Innanzitutto, vorrei evidenziare come io e i miei colleghi continuiamo a prendere in carico pazienti appena dimessi dall'ospedale, magari anche a seguito di una caduta che ha provocato una frattura di femore, pieni di piaghe da decubito anche in fase avanzata, sprovvisti di calza tromboembolica ( fondamentale soprattutto per prevenire le complicanze da allettamento); mi è capitato perfino di vedere con i miei occhi relazioni mediche di dimissioni dove non si prescriveva nemmeno la terapia antibiotica, dove si "scordava" di menzionare la prescrizione di un ciclo fisioterapico e piuttosto si consigliava di deambulare direttamente senza ausili (a una settimana da un intervento chirurgico per frattura di femore mi sembra un delirio!!). Chiedendo ai pazienti e familiari stessi deducevo la carenza organizzativa e assistenziale della sanità ospedaliera di Trapani e provincia: "non venivano quasi mai a cambiarmi", "non ho mai conosciuto un fisioterapista", "il medico mi diceva che era troppo indaffarato per perdere tempo a parlare con me".
Adesso... posso capire tutto, che c'è carenza di personale, che siamo in epoca Covid... ma mi chiedo: ancora esiste il Giuramento di Ippocrate? È mai possibile che noi operatori in assistenza domiciliare dobbiamo occuparci sia del problema per cui la persona è stata ricoverata in ospedale, sia delle complicanze insorte dalla negligenza del personale ospedaliero? Per quanto mi riguarda posso gridare ad alta voce cose sapute e risapute e rimarcare la differenza tra Nord e Sud poiché io stesso ho lavorato in una piccola realtà ospedaliera del Veneto dove dimettevamo il paziente "sulle proprie gambe" e dove la cura e l'attenzione che davamo ai nostri assistiti non permettevano la comparsa delle complicanze da allettamento.
Che triste realtà... E che immagine che diamo alla sanità della nostra zona.. Si arriva perfino ad avere paura del futuro, dall'avere bisogno di cure specialistiche perché non si sa se è meglio farsi ricoverare qua o rimanere a casa sperando nella guarigione spontanea, sempre se non si ha la disponibilità economica per raggiungere strutture ospedaliere affidabili. Purtroppo lo devo ribadire, se non fosse stato per cause di forza maggiore, non avrei mai lasciato la realtà settentrionale in cui lavoraravo con spirito di miglioramento e di crescita professionale ...ma almeno continuo con i miei colleghi, di cui mi faccio portavoce, a fare il "crocerossino" ai più fragili, molto spesso ignorati o non considerati, soprattutto se hanno un'età avanzata. Comprendiamo la "fuga di cervelli" di chi vuole migliorarsi e crescere e mi domando come mai, almeno, non si investa più sull'assistenza domiciliare, valorizzando anche economicamente l'operato dei poveri "cristi" di operatori sanitari che vi lavorano, che corrono da una punta all'altra punta di un territorio, faticando anche sotto i 40 gradi in estate e sotto i diluvi d'inverno, mettendo a repentaglio la propria incolumità poiché si spostano in macchina, pur di garantire la corretta assistenza dei propri assistiti e che quasi sempre devono effettuare il triplo del lavoro (data la condizione in cui vengono dimessi i pazienti) per garantire una soddisfacente qualità di vita ai più fragili.
Cordiali Saluti.
L.