La credibilità dell’ex pentito Vincenzo Calcara è da tempo in discussione. Non solo dalle diverse sentenze nel corso degli anni, ma soprattutto dall’autorevole posizione di Gabriele Paci, pm di Caltanissetta al processo sulle stragi del 92 contro Matteo Messina Denaro (condannato perché tra i mandanti delle bombe di Capaci e via D’Amelio).
“Pentito eterodiretto ed inquinatore di pozzi”, così pochi mesi fa Paci aveva definito Calcara, che oggi si trova come parte offesa in un curioso processo per diffamazione contro il giornalista Gian Joseph Morici.
Quest’ultimo, in un articolo, lo aveva definito un falso pentito. A Calcara non è piaciuto e l’ha denunciato.
Ma in questo processo che si sta svolgendo al Tribunale di Agrigento, le cose per lui sembrano mettersi male.
Sì, perché la diffamazione regge soltanto se si dimostra che il giornalista non ha scritto il vero, offendendo quindi la reputazione del Calcara.
Ed entrambe le parti hanno chiesto di mettere agli atti i relativi documenti per sostenere le proprie ragioni.
Tra questi, Gian Joseph Morici ha depositato una lettera che Calcara aveva scritto al proprio avvocato, una lettera dell’ex compagno di carcere dello stesso Calcara e una mail del figlio del giudice Borsellino, Manfredi.
Mentre tra i documenti depositati dall’avvocato Consentino, difensore di Calcara, c’è anche la sentenza del processo Rostagno. Una sentenza in cui, secondo il legale, il suo assistito verrebbe ritenuto pienamente attendibile, da pagina 1955 a pagina 1972.
In realtà si tratta di una stroncatura di 17 pagine, che in sostanza lo descrive proprio come un falso pentito.
Ad un certo punto, per esempio, si legge che dal carcere, in Germania, dove era detenuto per una rapina in banca, scrisse una lettera al suo difensore dell’epoca, annunciando il suo proposito di collaborare con la giustizia. “Intendeva rendere false dichiarazioni proprio sull’omicidio Lipari (ex sindaco di Castelvetrano, ucciso in un agguato mafioso nel 1980, ndr) per accreditarsi come pentito di grande spessore e facilitare la sua estradizione in Italia. Ma – è scritto ancora nella sentenza - ha spiegato, quello fu solo un escamotage per ingannare lo Stato, non aveva egli alcuna intenzione di collaborare davvero”.
Il giudice si è riservato di decidere nella prossima udienza se accetterà o meno tutti i documenti presentati dalle parti.
E se Calcara ha proposto la sentenza Rostagno, (e si fa fatica a comprenderne il senso, vista la descrizione non proprio favorevole alla credibilità della sua collaborazione), il giornalista Morici, difeso dall’avvocato Santino Russo, ha chiesto di mettere agli atti proprio il testo integrale della lettera al suo avvocato, di cui la sentenza parla (potete leggerlo qui).
Ma non è la sola. Morici ne deposita altre due.
Una è di Calogero Sarullo, che lavorava insieme a Calcara durante la detenzione a Bruchsal, in Germania (la leggete qui). “Cercava qualcuno per farlo diventare mafioso – scrive Sarullo - così poi diceva che poteva fare finta di essere come Buscetta e si prendeva tutti i soldi e pure la libertà. Mi confidava che voleva mettere in ballo un sacco di persone importanti come onorevoli, sindaci e altri del suo paese e di altri vicini paesi […] voleva inventare che spacciavano, però chiedeva pure notizie sulla droga, che non ne capiva niente. Mi confidava che bastava prendere per fessi i giudici e carabinieri, bastava un po’ di fantasia”.
L’altra lettera è del dottor Manfredi Borsellino, figlio del giudice ucciso in via D’Amelio.
E’ una mail dello scorso ottobre 2020 in cui scrive che per lui e le sue sorelle, Vincenzo Calcara non esiste più. Una risposta alla denuncia che l’ex pentito aveva fatto contro il cognato dello stesso Manfredi, l’avvocato Fabio Trizzino, “reo” di averlo diffidato “dall’utilizzare strumentalmente – così aveva affermato Trizzino - qualunque riferimento alla vedova e ai figli del giudice Borsellino a sostegno di qualunque sua iniziativa”. E “reo” di aver ribadito totale fiducia nella procura di Caltanissetta e nel dottor Gabriele Paci.
Ma nell’udienza dell’11 marzo scorso, Calcara, aveva dichiarato che i rapporti con Manfredi Borsellino erano ottimi.
Nell’ultima udienza, quella dell’8 luglio, è successo anche un fatto strano.
Calcara ha insultato Giuseppe Ciminnisi, coordinatore dell’associazione I cittadini contro le mafie e la corruzione.
L’episodio è avvenuto fuori dal Tribunale di Agrigento. “Gli insulti sono iniziati dinanzi all’ingresso dell’aula, mentre i carabinieri lo accompagnavano fuori e lui ad alta voce diceva che quella in corso era una buffonata – ha dichiarato Ciminnisi all’Agi - parole che tutti all’interno dell’aula abbiamo sentito, poiché le pronunciava ad alta voce, quasi gridandole. Poi quando siamo usciti dal tribunale si è rivolto con decisione nei mie confronti, in un delirio in cui mi ha detto che 'ci mancavano soltanto i cretini dei familiari vittime di mafia', tanto da lasciarmi senza parole”.
Il processo riprenderà ad Ottobre. E si intuisce già che non servirà soltanto a stabilire se Gian Joseph Morici abbia diffamato Calcara oppure no.
Egidio Morici