Lo scioglimento per mafia del Comune di Pachino. L'ex Sindaco: "Un disegno con pupi e pupari"
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L’inchiesta ‘Araba Fenice’ tocca anche lo scioglimento per mafia nel 2019 del Comune di Pachino, una ferita ancora aperta soffocata per troppo tempo da un incomprensibile silenzio. La testimonianza di Beppe Lumia del 14 giugno scorso, raccontata sulle pagine di TP24, riaccende i riflettori sul caso non solo dal punto di vista giudiziario ma anche sotto il profilo politico e di una ‘certa antimafia’ di cui si rimandano i lettori più attenti alla connotazione che reputano più opportuna.
Così, ci siamo diretti con i nostri microfoni più a Sud di Tunisi per incontrare il sindaco allora in carica, Roberto Bruno, per approfondire la questione.
Ricorda se e quando ha conosciuto personalmente il senatore Lumia?
«Mai conosciuto il senatore Lumia. Credo di averlo visto di presenza nella fase in cui nasceva il Partito Democratico perché, fra le varie personalità che promuovevano la costituzione del PD, vi fu anche lui che credo fece un passaggio a Pachino. Io non ho mai parlato con lui, né quando nasce il PD, né tanto meno dopo: mai incontrato. Non c’è mai stato nessun incontro personale, né politico».
Durante la campagna elettorale 2014 ha ricevuto il suo sostegno e quello della lista il Megafono?
«Nel modo più assoluto. Come potevo ricevere il sostegno de “Il Megafono” se "Il Megafono" sosteneva un’altra candidatura?».
L’1 marzo 2014 il senatore Lumia incontrava insieme ai rappresentanti della sua lista il suo avversario, l’allora candidato sindaco Andrea Ferrara. Lei era a conoscenza di questo incontro? Era stato invitato? Si è mai anche solo ipotizzato un sostegno da parte loro alla sua candidatura?
«Non sapevo nulla di quell’incontro… e io perché dovevo essere invitato? Io ero e sono del Partito Democratico per cui non c’entravamo. Noi, tra l’altro, pur non avendo ancora ufficializzato la mia candidatura, correvamo nella costituzione della coalizione sia con il pilastro del Partito Democratico, sia con la lista civica che faceva riferimento a me e alla società civile che era “Io cambio Pachino” che fu un cortese sostegno da parte di Giuseppe Berretta perché lui aveva fatto “Io cambio Catania” qualche anno prima che io seguivo da catanese d’adozione. Ho appreso di quell’incontro da una registrazione su un sito di informazione on line. Ho visto il senatore Lumia che era venuto a ‘benedire’ legittimamente la candidatura di Andrea Ferrara. Non c’erano mai stati rapporti né prima, né dopo, di sostegno, di avvicinamento, nel modo più assoluto».
Sotto giuramento, al banco dei testimoni, Lumia ricorda di avere partecipato in veste di parlamentare alla campagna elettorale di Pachino: «Feci una puntata veloce a Pachino dove ancora non si era consumato il rapporto tra il candidato sindaco e l’insieme delle altre liste in accordo con lo stesso sindaco Bruno».
«Nel modo più assoluto! Anzi, dopo aver visto quel video, mi feci dare il numero di cellulare del senatore Senatore Lumia e credo di avergli mandato un messaggino abbastanza chiaro a cui non è giunta nessuna risposta. Non so neanche se fosse effettivamente il suo numero di telefono perché me lo avevano passato e quindi l’ho utilizzato».
In un botta e risposta tra Davide Faraone e Beppe Lumia del 24 maggio 2013 sulla possibilità di interrompere o meno l’attività del movimento “Il Megafono” e procedere al passaggio del contenitore politico in capo a Crocetta nel PD, Lumia dichiarava: «A Catania, Messina e Siracusa c’è una solida alleanza ed il Megafono è a fianco del Partito democratico. Il Megafono è dentro il Pd. Ci sono alcune realtà in cui c’è una contrapposizione? Sono casi isolati che non fanno testo». Tra questi ‘casi isolati’ di contrapposizione PD-Il Megafono, a suo tempo riferibili a Modica, Piazza Armerina, Licata e Leonforte, si aggiungerà anche Pachino un anno dopo?
«Con tutta evidenza! In realtà, il gruppo “Il Megafono” era un gruppo estraneo alla tradizione progressista e di sinistra locale pachinese, e raccoglieva uomini, donne e personalità che non avevano una storia di militanza nell’area di centro sinistra. Persone rispettabilissime, per carità! Ma con un background diverso. Loro si sono avvicinati dopo la campagna elettorale di Rosario Crocetta (2012, n.d.r.) probabilmente intravedendo nel progetto dell’allora Presidente della Regione un progetto vincente, valido, dando sostegno. Però non provenivano dall’esperienza di centro sinistra. Tant’è che in una fase antecedente alla venuta del senatore Lumia a Pachino, parliamo di gennaio - febbraio 2014, durante le interlocuzioni che non tenni io ma tenne la dirigenza del PD con una rappresentanza de “Il Megafono”, loro proposero le primarie per scegliere il candidato sindaco. Il PD rifiutò perché sicuri della mia candidatura e, oltre al PD, anche la lista civica che avevo costruito con pezzi di società civile trasversale anche alla sinistra».
Possiamo dire che Il Megafono, di fatto, cessa di esistere con le elezioni regionali del 2017, cioè quando Crocetta decise di rinunciare alla lista “Il Megafono” per sostenere unicamente con il PD il candidato presidente Fabrizio Micari?
«Penso che già nel 2017 l’esperienza de “Il Megafono” fosse naufragata. Politicamente non c’era più e il Presidente (Rosario Crocetta, n.d.a.) aveva preso la tessera del PD nel 2014 o nel 2015, poco dopo le elezioni regionali. Quindi, non c’era più il movimento “Il Megafono”. Poi… io in quel periodo ero molto impegnato nelle attività amministrative del mio comune e, quindi, seguivo le vicende regionali dal punto di vista della Regione e non dal punto di vista del partito».
Perciò, ricapitoliamo. Il senatore Lumia, esponente del movimento Il Megafono e membro del gruppo parlamentare del PD, sostenne sin dalle prime battute il candidato sindaco di Pachino Andrea Ferrara (che perse le elezioni). Ferrara è lo stesso candidato sponsorizzato da Salvatore Giuliano, accusato di essere a capo di un clan di tipo mafioso, oggi al banco degli degli imputati anche per la presunta acquisizione del controllo e della gestione di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti e servizi pubblici insieme a Salvatore Spataro, consigliere eletto all’opposizione con “Unione di Centro – UDC”, perciò in una lista a sostegno di Ferrara. In questo passaggio si inserisce una ‘strana teoria’ sul suo “passaggio in maggioranza per due voti favorevoli dell’ex consigliere all’amministrazione”, per come scriveva Paolo Borrometi.
Cosa riguardavano esattamente le due votazioni di Spataro a favore dell’amministrazione comunale?
«Andiamo con ordine. Prima affrontiamo le questioni politiche e poi quelle più spinose. Il sostegno dell’UDC e di un’altra lista della quale non ricordo il nome al candidato Ferrara arriva i primi di aprile, quindi successivamente alla venuta di Lumia e, di fatto, al lancio della candidatura di Ferrara alla corsa alla sindacatura. E arriva perché il sindaco allora in carica, Paolo Bonaiuto, decide di non candidarsi. Quindi, il suo gruppo più fedele si colloca con Andrea Ferrara. Inizia quindi la campagna elettorale, si va al ballottaggio e vinco le elezioni. Ricordo che ci sono state molte delibere che sono state votate all’unanimità quindi, sicuramente, non si tratta di due voti perché molte delibere portate al consiglio comunale passano con il sostegno di tutti i consiglieri presenti in aula all’unanimità. Poi, nel 2016, avviene un corto circuito perché io perdo pezzi di maggioranza e continuo a governare tenendomi in una situazione di totale perfetto equilibrio. Il consiglio comunale viene, di fatto, paralizzato da un blocco che fa opposizione non facendo passare le delibere che riguardavano il bene della città. Questa opposizione ha bocciato il Piano Triennale delle Opere pubbliche, arrivò a bocciare nel dicembre del 2018 il Bilancio, autosciogliendosi. Ormai c’era un rapporto veramente di totale contrapposizione, con consiglieri incuranti della città, incuranti del bene pubblico, del bene comune. Nell’aprile 2017, vi fu un momento durato qualche settimana per il quale, in caso di bocciatura del bilancio, non solo veniva sciolto il consiglio comunale ma anche l’amministrazione andava via. Quindi, in una situazione di 10 e 10, io mi ritrovavo sostanzialmente mandato a casa pur non avendone le responsabilità perché l’opposizione non ha mai avuto il coraggio di presentare una mozione di sfiducia. Sembra una contrapposizione durissima, poi c’è un problema nel Bilancio, io ritiro la stessa sera la proposta di delibera e vengo anche aggredito verbalmente e quasi fisicamente da un consigliere di opposizione che prima era stato in maggioranza. Nel frattempo lavoriamo al Piano di Riequilibrio che io presento a tutti i consiglieri comunali e il 14 luglio arrivò inaspettatamente il voto favorevole anche da parte del consigliere Spataro».
Le risulta se Spataro avesse mai manifestato l’intenzione di passare effettivamente nei gruppi consiliari di maggioranza?
«No, assolutamente no. Io non ho avuto rapporti con lui. Non è mai venuto a chiedere nulla»
Lei ha sempre negato di conoscere personalmente Salvatore Giuliano.
«Confermo quello che avevo dichiarato alla stampa due anni fa: non l’ho mai conosciuto, non ho mai parlato con lui».
Il 5 settembre 2016, su LaSpia, Borrometi titolava: “Salvatore Giuliano a Pachino: dall’investitura di Pinuccio Trigila al tentativo di eleggere il Sindaco”. E scriveva: “La bramosia di potere del Giuliano lo avrebbe portato, addirittura, a tentare il ‘colpaccio': fare eleggere, nel corso delle scorse elezioni amministrative, un Sindaco a lui gradito. ‘Era chiaro il tentativo di Giuliano di ottenere favori dall’amministrazione comunale, quali l’aggiudicazione d’appalti, commesse a trattativa privata, posti di lavoro ed altre attività’. E’ quanto si può leggere in un atto ufficiale del quale siamo in possesso. Il progetto di Salvatore Giuliano non è riuscito per quanto concerne il Sindaco, la stessa cosa non si può dire con certezza per il consiglio comunale”.
L’atto ufficiale a cui fa riferimento Paolo Borrometi è una relazione del Prefetto di Siracusa, il dott. Gradone, come rivelerà Lumia nell’interrogazione del 15 settembre 2016. Paradossalmente, dunque, le pressioni non arrivano dalla ‘mafia pachinese’ ma da interventi volti allo scioglimento del Comune per mafia anzitutto da parte della stampa locale.
«Penso che su quello che c’è stato a Pachino ci sia stata una vera e propria manovra. Mi sono fatto delle idee, dei convincimenti che ovviamente sono delle congetture, delle ipotesi suffragate da un’attenta analisi su come si sono svolti i fatti che mi riservo, però, di dire al Presidente della Commissione Regionale Antimafia Claudio Fava qualora la commissione sia interessata a capire quanto successo a Pachino, che non è dissimile da quanto è successo a Scicli e, con vicende diverse ad Augusta, e si voglia fare una volta per tutte luce e chiarezza su quello che è accaduto in questo comune, considerato che io non sono stato destinatario di alcun procedimento penale a seguito dello scioglimento. Sono un libero privato cittadino senza procedimenti. Comunque sì. Ritengo che ci sia stato un disegno con vari attori, registi, pupi e pupari. La vicenda si intreccia involontariamente con interessi molto importanti che sono venuti alla luce recentemente, sia sul piano penale, sia con le inchieste già concluse della Commissione Regionale Antimafia».
Il 14 giugno scorso, Lumia, citato al banco dei testimoni dichiarava: «Voglio precisare una cosa, Presidente… perché si sta creando una situazione imbarazzante, per quanto mi riguarda. Io sono andato a Pachino l’1 marzo, quando la campagna elettorale non era ancora definita, le liste non erano state presentate, gli apparentamenti non erano stati presentati. Quindi, la connessione logica del 1 marzo, le liste ancora non ci sono e quindi non c’è Spataro, non c’è Agricola, e quindi Lumia ha sostenuto quello (il candidato sindaco Andrea Ferrara, n.d.r.) che sostiene Giuliano, mi sembra una cosa fuori luogo che vorrei risultasse non solo qui, anche se è fuori dal processo, ma vorrei che risultasse verbalmente anche in questa mia testimonianza. Il 2016. Siamo lontani. Se lei vede la prima interrogazione, non si parla dello scioglimento, non si parla di questa presenza, ma si parla del contesto mafioso. Nel 2018 ne parlo perché, nel frattempo, la Commissione Antimafia e io stesso ero venuto a conoscenza di fatti gravissimi che ho voluto censurare senza nessuna difficoltà, senza nessuna omertà, senza nessuna minimizzazione. Quindi, primo atto: fuori dal contesto della presentazione del 1 marzo, la data che mi ha fatto vedere adesso con le foto, fuori dal contesto della presentazione delle liste. Le elezioni sono state, se non sbaglio - e vorrei che risultasse - il 25 maggio».
Eppure, nell’interrogazione del 15 settembre 2016 di Lumia si legge:
il 25 maggio 2014 (con turno di ballottaggio il 9 giugno) si sono svolte le elezioni amministrative e, come affermato con giusta nota (protocollo n. 3132, del 3 marzo 2015) alla Commissione d'inchiesta sul fenomeno delle mafie, il prefetto di Siracusa, dottor Gradone (nota ripresa dalla stampa), "proprio nell'anno in corso si è avuto modo di verificare un tentativo di infiltrazione dei sodalizi mafiosi nell'apparato amministrativo nel Comune di Pachino. Si è in particolare accertato il tentativo, non riuscito, da parte di Salvatore Giuliano, personaggio di spicco della criminalità organizzata locale, recentemente scarcerato, di fare eleggere un Sindaco a lui gradito. Tale progetto era, evidentemente, finalizzato ad ottenere favori dall'amministrazione comunale, quali l'aggiudicazione d'appalti, commesse a trattativa privata, posti di lavoro ed altre attività”. E il quesito posto in questo senso all’allora Ministro dell’Interno Angelino Alfano era: “quali iniziative il Governo intenda intraprendere per verificare la regolarità delle elezioni amministrative del 2014 e del sistema delle collusioni amministrative”.
Perciò, oltre alla stampa, anche la politica aveva il vento in poppa verso lo scioglimento.
«Di fatto chiede l’istituzione della commissione d’accesso. È questo quello che chiede (il senatore Lumia nell’interrogazione del 2016, n.d.r.). Chiede una commissione d’indagine che viene istituita due anni dopo, nel 2018 e, tra l’altro, al termine del suo mandato. Nello stesso anno (nel 2018, n.d.r.), presenta un’altra interrogazione che riprendeva la precedente del 2016 a cui viene dato seguito quando non era più in carica, e tre settimane dopo viene istituita la commissione di indagine prefettizia composta dal viceprefetto Filippo Romano, dalla dottoressa Marinella Iacolare e dal dottore Gaetano D’Erba che per sei mesi scandagliano tutta l’attività amministrativa della mia amministrazione. Ad aprile chiedo di essere audito da questa commissione ma vengo audito solo a settembre in una audizione di circa 3 ore dove si è parlato di tutto e di nulla. Non mi hanno fatto domande sui motivi che, in modo arbitrario, sono stati inseriti all’interno della relazione che il prefetto invia dove propone lo scioglimento dell’amministrazione».
In che senso “arbitrario”?
«‘Arbitrario’ perché molti dei punti contenuti nella relazione della proposta di scioglimento, dal mio punto di vista, non sono imputabili né a me, né alla mia amministrazione e addirittura fuori dagli schemi».
Nel 2019 lei è stato dichiarato incandidabile. Se potesse tornare indietro, presenterebbe ricorso al TAR per lo scioglimento del Comune di Pachino?
«No, non sono 10 anni ma due elezioni consecutive. Attualmente la mia situazione è ‘sub judice’ perché a questo provvedimento ho fatto ricorso mentre allo scioglimento non ho presentato ricorso per due motivi: il primo è perché il mio legale me lo sconsigliava visto che io avevo di fatto concluso il mandato ed erano state indette le elezioni per aprile 2019. Quindi, nel momento in cui saremmo andati in discussione si sarebbero comunque tenute le elezioni. Poi c’è un aspetto politico che posso rivelare soltanto al Presidente Fava. Se la commissione d’inchiesta mi convocherà, come ho chiesto. A lui lo posso dire».
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